Tra legge e giustizia: intervista con Patrick Jane e Teresa Lisbon
Appuntamento fissato per mezzogiorno, sede del CBI. Non so bene come io sia riuscito a ottenere questa intervista, ma tant’è, sono qui. Mostro il mio cartellino al poliziotto di guardia, dico che ho un appuntamento, lui chiede conferma e mi fa passare, facendomi scortare da un suo collega. Mi guardo intorno: il posto brulica di attività, i telefoni suonano in continuazione, le persone si spostano velocemente come tante formichine. Finalmente giungiamo all’ ufficio di Teresa Lisbon, presumibilmente dove si terrà l’ intervista. Mi viene di chiesto di aspettare, dicendomi che lei e Patrick Jane arriveranno subito. Mi sistemo su una sedia, e aspetto. Mentre sono lì, Wayne Rigsby entra con in mano dei documenti, e vedendo me mi guarda perplesso. Gli mostro il pass. Fa cenno di aver capito, saluta ed esce. Mentre ancora sto riflettendo su questo breve incontro, entra Teresa Lisbon: gli occhi luminosi e un sorriso sincero che mostra cordialità e capacità di mettere a suo agio l’ interlocutore. Dietro di lei giunge Patrick Jane, solita camicia e panciotto, e immancabile tazza di tè. Presentazioni di rito, poi cominciamo l’ intervista.
Parto da lei, Lisbon, se non le dispiace. Una domanda, innanzitutto: nel vostro lavoro siete sottoposti a pressioni notevoli. Come riuscite a essere così efficaci nonostante ciò?
Lisbon: Beh, devo ammettere che non è facile. Alle volte le pressioni potrebbero indurre ad agire di fretta e senza magari vagliare tutte le varie piste, ma bisogna resistere a questa tentazione e prendersi invece il tempo di sondare tutte le ipotesi. Io sono qui proprio per questo: in quanto responsabile dell’ unità, devo bilanciare le pressioni che arrivano dall’ alto con il tempo di cui hanno bisogno gli uomini di cui sono a capo per lavorare bene. È impegnativo, ma necessario.
Ecco, ha toccato uno dei punti dove volevo arrivare: come ci si sente ad essere il capo donna di un reparto che, almeno fino all’ arrivo di Grace Van Pelt, era composto di soli uomini, i quali restano comunque la maggioranza? È stato difficile, almeno all’ inizio?
Lisbon: Devo ammetterlo, ero un po’ in apprensione. Tuttavia avevo una rete di protezione sotto, ovvero il fatto che sono stata messa a capo di uomini splendidi quali Rigsby e Cho, a cui non pesa minimamente il fatto che io sia donna. Loro mi riconoscono come capo perché so fare il mio lavoro.
E Jane?
Lisbon: Tecnicamente Jane è un consulente, non fa proprio parte della squadra (espressione da finto offeso per lui, sorriso complice di lei). Tornando seri, è innegabile che Jane sia l’ elemento che più di tutti fa la differenza. Credo che anche a lui non disturbi avere come capo una donna. Ti disturba?
Jane: Assolutamente no.
Lisbon: Anche perché fa sempre di testa sua, per cui capo o non capo non fa alcuna differenza.
Signor Jane, passiamo a lei. I suoi metodi sono sicuramente di successo, e spesso lei risolve casi grazie a stratagemmi. Mi dica: quando li inventa, ha già idea di chi abbia commesso il delitto oppure no?
Jane: Dipende. Alcune volte sì, altre volte no. Posso usarli per incastrare il colpevole e fornire la prova definitiva che è lui, e altre volte li utilizzo perché voglio capire da come reagiranno chi di loro ha commesso il delitto.
Ho capito. La sua esperienza con il CBI dura da tempo ormai. Come ritiene che sia, fino a questo momento?
Jane: In tutta onestà, la ritengo un’ esperienza che non esito a definire interessante. Sembreranno parole strane dette da me, ma mi ha sicuramente aiutato. Ho messo le mie abilità al servizio di chi opera per il bene, ho aiutato tante persone, risolvendo i loro problemi e facendo giustizia per i torti che avevano subito. Giustizia, non legge.
Interessante. Vada avanti.
Jane: Lisbon qui presente non sarà d’ accordo, tanto più per il ruolo che svolge. Io penso che la giustizia sia il principale obbiettivo che dobbiamo perseguire. Peccato che la legge spesso crei degli ostacoli alla giustizia. Un paradosso, non crede? La legge dovrebbe favorire la giustizia, e non ostacolarla, in nessun caso. Anche i fuorilegge hanno diritti, su questo non discute, ma così gli si permette di farla franca, spesso. No, io credo che ogni tanto per far sì che vi sia giustizia sia necessario prevaricare la legge (lo sguardo di Lisbon è totalmente contrario).
Ora parlatemi di voi. Lisbon, com’è avere a che fare con Jane?
Lisbon: Ha presente i bambini di cinque anni? Bene, lui è peggio.
Jane: Sentito? Mi vuole un gran bene.
Lisbon: Scherzi a parte, è difficile e facile allo stesso tempo. L’ ho detto anche prima, lui è uno che di natura fa di testa sua, e questo è difficile per me, considerate le pressioni di cui dicevamo all’ inizio. Indubbiamente, però, Jane con i suoi metodi è un valore aggiunto, anche se spesso questi creano problemi. Non di rado sono costretta a chiudere un occhio, e lui dal canto suo mi tace certe cose perché sa che gli impedirei di farle. Quando però i successi arrivano, devo ammettere che è una bella sensazione e che, in cuor mio, lo ringrazio, per aver agito così. Anche se mi ha procurato, fino a poco tempo prima, un buon numero di strette allo stomaco.
Già. A proposito dei vostri successi: pare che siate quelli che nel distretto risolvono più casi. Soddisfatti?
Lisbon: Cito quello che diceva Larry Bird: “Le statistiche sono per i perdenti”. Se anche fossimo l’ ultima squadra per casi risolti, mi importerebbe meno di zero. A me interessa che si lavori bene, sino in fondo, con il massimo impegno e serietà, prendendosi a cuore i casi che ci vengono affidati. Se non facessimo questo ma fossimo in cima a questa graduatoria comunque, prima mi chiederei com’è possibile, e secondo non terrei in considerazione il risultato e chiederei a tutti di lavorare meglio. Mettendomi in mezzo io per prima. Perché io coordino e io devo dare l’ esempio.
Non solo un capo quindi, ma una vera e propria guida.
Lisbon: Potremmo dire così. E mi piace, come ruolo. Poi chiaramente non è semplice, perché se gli agenti fanno qualcosa di irregolare ne risponde non solo il direttore del CBI, ma io stessa in prima persona. Tuttavia, ritengo che sia proprio questa responsabilità a rendere ancora più soddisfacente questo lavoro.
Interessante. Si spieghi.
Lisbon: Presto detto. Quando arrivano i successi di cui parlavamo in precedenza, io mi sento ancora più appagata, perché più di tutti so quanto abbiamo lavorato per centrare il nostro obbiettivo. Poi c’è anche un altro aspetto, un pochino più…personale. Posso essere sincera?
Prego.
Lisbon: Ho anche una soddisfazione maggiore per una ragione più…egoistica. Quando chiudiamo in caso, non è raro che inconsciamente mi dica che se ci siamo arrivati, è stato anche perché io per prima ho saputo coordinare bene le operazioni. Lo so, in una logica di lavoro di gruppo sono cose che stonano, così come sono consapevole che se lo sbandierassi trionfalmente ai quattro venti mancherei di rispetto a chi ha lavorato con me e minerei la stabilità del gruppo. Quindi, è un pensiero che tengo dentro di me.
Trovo non ci sia nulla di sbagliato. Riconoscere i propri sforzi e compiacersi del lavoro che si è fatto non può che far bene allo spirito. Basta non esagerare.
Lisbon: Ecco, esatto, è quello che dico anche io. Bisogna avere un certo equilibrio: legittimare i propri meriti e al contempo non “gonfiarli”. Si deve sempre ricordare che c’ è qualcuno che ha collaborato con te per raggiungerli. Ognuno porta il proprio mattone, per costruire l’ edificio.
Ha nulla da aggiungere, signor Jane?
Jane: No, direi che abbia detto tutto lei. Ha scordato di dire che chi mette il tetto alla fine sono sempre io, ma non importa (ride, nuovo sguardo di traverso di Lisbon).
Lisbon: Ecco, lo vede? Con lui alla fine ci si riduce sempre così: non si riesce mai a star seri.
Jane: La serietà dopo un po’ viene a noia. Alle volte è meglio prendere le cose con uno spirito più leggero. (Torna serio) Solo alle volte, però, badi bene. Quando le circostanze lo consentono, e non c’è rischio che qualcuno subisca danni inutilmente.
Lisbon: (Sguardo finto sorpreso) Parola mia, è la prima volta che lo sento parlare sul serio da adulto responsabile (Sorriso di lui, e sorriso di risposta di lei).
Un’ ultima cosa, poi vi lascio andare: tra voi la complicità e l’ alchimia sembrano essere molto forti. Quanto effettivamente lo sono, secondo voi?
Jane: Lascio rispondere lei.
Lisbon: Beh…effettivamente molto. Ci conosciamo da molto tempo, io ho imparato a conoscerlo e lui ha imparato a conoscermi. Fa sempre di testa sua, molto spesso (anzi, quasi sempre) agisce con metodi non proprio nei limiti della legge, e questo mi causa non pochi grattacapi. Ma so che non lo fa per farmi un dispetto, e io ho capito che posso fidarmi di lui. Sì, insomma… c’è fiducia, oltre che complicità.
L’ intervista è finita. Mi congedo dai miei due gentili interlocutori. Lisbon mi saluta con il suo magnifico sorriso, Jane con un’ amichevole stretta di mano. Mentre esco, guardo per un attimo verso l’ edificio del CBI. Non so perché, ma sorrido.
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