La “bea” Cerere
Per Hegel, l’arte diventa la “presentazione” sensibile dell’Idea. Nell’assolutezza del razionalismo, ogni riflessione estetica consente che letteralmente il mondo materiale stia “al servizio” della filosofia. Se la natura rappresenta sensibilmente l’Idea, l’arte rappresenta la natura “nel” suo rappresentare l’Idea. Così l’estetica ha una qualità “conciliante”. Hegel parte dalla precomprensione razionalistica che la tesi non possa esistere senza la sua antitesi, e ciò ne comporterà la sintesi. Lo stesso accadrebbe nel “campo” più limitato della riflessione estetica. Jean Luc Nancy conclude che per Hegel l’Idea non può esistere senza il mondo sensibile. E’ la necessità d’una rappresentazione, fra la prima ed il secondo. Allora per Nancy l’estetica diventa molto interessante. Sempre l’arte si dà rappresentando se stessa (anche tramite la sola astrazione). Facilmente, per Hegel proprio l’estetica giustifica l’Idea che non può esistere senza il suo mondo sensibile. L’arte rappresenta in se stessa, quindi rappresenterà come lo Spirito Assoluto, rispetto alla Natura. Per Nancy, la bellezza ha una qualità dialettica. Essa si dà quando il mondo sensibile può “rappresentarsi assolutamente”, ossia “verso” la sua Idea. L’arte per Hegel acquista una certa importanza. Con quella, la rappresentazione sensibile (fra i vari oggetti) mira alla rappresentazione dall’Idea (rispetto alla sua Natura). Per Hegel, l’opera d’arte ricorda il frutto staccato dall’albero, che ci pare bello solo se dentro le nostre mani. In via fenomenologica, l’estetica è una rimanenza. L’opera d’arte non ci rappresenta assolutamente l’Idea, bensì il sensibile assolutamente “verso” l’Idea. Per Hegel, il bello sarà un “resto” della filosofia, quasi “velandola”. Il frutto ad esempio ci attrae (in quanto succoso), ma fuori dalla sua “completezza” all’essenzialità (fra i rami dell’albero). Per Hegel, l’arte permette al mondo materiale di “servire” l’Idea. A Nancy interessa il verbo tedesco presentiren, dove presentiamo qualcosa e pure… che “stiamo” presentando. Questo si capirà tramite l’immagine del vassoio coi frutti. Qualcosa che ci permette di servire, ma pure di esibire il nostro servire. Conosciamo il culto dei Romani per la dea Cerere, donatrice della frutta e maestra della coltivazione. Nella fotografia di Michela, percepiamo bene la “squadratura” centrale, dalle braccia alle spalle. Pare che la mano sinistra funga da suo “imbuto”, con le dita che più chiaramente siano “vorticose”. La “squadratura” fra le spalle e le braccia assomiglia a quella d’un vassoio. Il petto si vede pur sempre “all’indietro”. Almeno le braccia avranno un “bordo” rialzato, per impedire che il loro “contenuto” possa cadere. Ma il “vassoio” del petto pare “traballante”, subendo la spinta centripeta della mano sinistra “ad imbuto”. Questa ha lo stesso “peso visivo” della pettinatura, nel loro allineamento verticale. Immaginiamo che Michela posi come la dea Cerere. La mano sinistra diventerà il “frutto”. Tra l’altro essa s’arrotonda, fra il polso e la punta delle dita. Nello scatto di Michela, percepiamo un servire (con la mano sinistra che cercherebbe “quella” del nostro sguardo, classicamente stringendola) ma pure “l’esibizione” d’un servire (sul “vassoio” del petto). La bellezza della modella, in chiave hegeliana, ci sembra rappresentata “verso” la sua idea. La mano sinistra sintetizza lei ed il suo ammiratore esterno. Lì, ricordiamoci la metafora della stretta. Il piano americano di Michela è costruito sulla “lettera X” smussata, un po’ come avviene per la clessidra. Basta allacciare la “squadratura” del petto sulla triangolazione “a plettro” del bacino (complice la mano destra). E’ interessante l’immagine della clessidra. In questa, la “sabbia” si serve (versata dall’alto in basso) e “s’esibisce” nel suo servirsi (per la scansione del tempo).
Bibliografia consultata:
J. L. NANCY, Il peso di un pensiero: l’approssimarsi, Mimesis, Milano 2009, pp. 37-59
Nota biografica sugli artisti recensiti:
Il fotografo professionista Simone Falcetta è nato a Milano, città in cui a tutt’oggi vive e lavora. All’Università ha studiato Architettura. Durante un viaggio a Madrid, prima di laurearsi, Falcetta scopre l’interesse per la fotografia, soprattutto nel suo ramo fashion. Così, egli decide d’andare a New York. E’ in America che Falcetta migliorerà la sua tecnica fotografica. Nel 2004, lui debutta come regista, girando uno spot, vincendo con questo persino un premio. Falcetta in seguito conosce la modella Christina Mileva, che, tramite la sua bellezza, lo spinge a fotografare in via sempre più artistica. Lui può vantare lavori per stilisti molto importanti (quali Versace, Ferragamo, Etro, Trussardi) e per note riviste (quali MarieClaire, Vogue, Vanity Fair). Una curiosità finale: Falcetta è anche un abilissimo tatuatore.
(www.simonefalcetta.com)
La modella professionista Michela Maggioni è nata nel 1988 a Liegi (Belgio), ma ha vissuto gran parte della sua vita a Gorgonzola (MI). E’ laureata in Filosofia, con una tesi sull’estetica per Martin Heidegger. Michela Maggioni nel 2008 ha acquisito la notorietà nazionale, vincendo il concorso Italia’s Next Top Model 2. Lei ama recitare e giocare a pallavolo. Michela Maggioni, dopo la sua vittoria ad Italia’s Next Top Model 2, è apparsa sulla rivista MarieClaire, cominciando a sfilare per la Settimana della Moda: prima a Parigi e poi a New York.
( http://it.wikipedia.org/wiki/Michela_Maggioni )
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