Il sogno come “cordone ombelicale” del bello


Per il filosofo Bachelard, di notte il sogno non ci appartiene. Quello “rapisce” il nostro essere. Il sogno non può mai narrarsi. I suoi pensieri si sovrappongono uno sopra l’altro. Per il sogno, non esiste un filo conduttore (dove ricostruiamo il senso). L’Essere di contro si dà raccontandosi. Noi lo pensiamo con la copula (la parte della predicazione nominale che concerne il verbo). Quindi l’io sono identifica sempre un io che si racconta. Le notti invece si percepiscono nel nulla, senza l’illuminazione. Esse esistono, ma non si raccontano. L’Essere tramite la copula può distinguersi. Invece una notte non si tramanda mai in un’altra, avendo una vena reciprocamente nulla. Ne deriva che noi ignoriamo quando il sogno cominci. Ci è impedito di ricostruirlo. Bachelard scrive che la notte manca d’un avvenire. Soltanto gli psicanalisti saprebbero raccontare i sogni, partendo dai “vaghi ricordi” che ne avremo al risveglio. Nel nulla della notte, però, noi manterremmo comunque una sorgente di vita. Bachelard s’augura che i sogni siano “dolci”. La dimensione nulla della notte andrà metaforicamente riempita d’acqua. Questa pare sempre “dolce” da percepire. Bisogna che ci riequilibriamo” nel nulla, letteralmente ondeggiandovi. L’esistenza (l’essere) si dà sempre dentro una dimensione stabilizzante. La notte di contro s’annulla. Il sogno permette che ci stabilizziamo in quella, ma evidentemente solo per un’illusione (che identifica un equilibrio instabile, come nella fluidità). Quantomeno, serve che “addolciamo” il nulla della notte. I sogni saranno fluidi, così da riequilibrarsi l’uno sull’altro. Certo è impossibile pensarli come correnti, perché allora li racconteremmo. I sogni portano la coscienza al “risucchio” di sé. Questa ha pensieri che si riequilibrano solo per torsione (sovrapposti l’uno sull’altro). Nella fotografia con Alessia, tornerà esteticamente la fenomenologia liquida del sogno? Il corpo della modella pare “inabissarsi” all’orizzonte. L’arrotondamento dei capelli, l’allargamento delle braccia e forse le gambe rannicchiate inducono a percepire il nuoto, contro la resistenza d’una liquidità solo “nera”. La testa ne rasenta l’orizzonte superficiale. Pare che Alessia riaffiori, mancandole il respiro. Nello stesso tempo, altri vedrebbero la chiusura degli occhi, ed il rigonfiamento delle guance. Ciò rientra nel nuoto in apnea… Il rannicchiarsi delle gambe conferisce ad Alessia un vissuto “embrionale”. Il “candore” del velo chiamerà quello del liquido amniotico, in tutta “l’innocenza” del nascituro. Le braccia s’allargheranno per tagliare il cordone ombelicale? Qualcuno immaginerà che il corpo in posa vada a “sbocciare”. Non sembra tanto che Alessia vesta il velo, bensì che lei se lo avvolga. Le pieghe fungerebbero da petali. La crescita di volume nei capelli immersi (mentre si nuota) “tramonterebbe” all’orizzonte, come accade per il Sole. In alto, la riflessione della luce è quella che più naturalmente noi vedremmo a pelo d’acqua. Lo sfondo totalmente nero della fotografia si percepisce in via “notturna”. Il sogno di Alessia (chiusi i suoi occhi) non avrebbe un avvenire, se “tramontasse” all’orizzonte. Forse, lei cerca una risalita in vita, resistendo al “risucchio” dell’autocoscienza, la quale di notte perderebbe la facoltà di raccontarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia consultata:

G. BACHELARD, La poetica della reverie, Dedalo, Bari 1993, pp. 157-162

 

 

 

Nota biografica sugli artisti recensiti:

 

Il fotografo Massimiliano Modena è nato a Casale Monferrato (AL) nel 1969. Attualmente, il suo studio professionistico si trova a Chivasso (TO). Massimiliano Modena dapprima si diploma in Arti fotografiche, in seguito frequenta la facoltà universitaria di Architettura, ed alla fine torna al suo “primo amore”, completando un master a Milano, presso l’Istituto Italiano di Fotografia. Egli opera come professionista dal 1992.

www.massimilianomodena.it

 

La modella Alessia Maiuri è nata a Torino.

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