Tutti al “Mac” per una cena a base di… Apple
La notizia ha fatto il giro del mondo: “Giovane laureato finisce in carcere: serviva residui informatici nascosti nel cibo del proprio ristorante“. Tutti i giornali ne parlano.
Ed è tutto vero.
Albert Ruffilli, neolaureato in informatica, è finito in manette poche settimane dopo l’inaugurazione del suo locale Futura.
Numerosissime le denunce dei clienti, i quali si sono ritrovati ad affrontare, immediatamente dopo i pasti consumati al Futura, terribili fitte a stomaco, pancia e problemi all’apparato digerente. Successive (e tempestive) indagini hanno portato alla luce una spaventosa verità: all’interno di farine, creme e impasti molli sono state trovate ingenti tracce di materiale plastico, alluminio, carbonio e altri materiali normalmente impiegati nei prodotti informatici.
Questi, una volta ingeriti, sono andati a intaccare gravemente tessuti e organi interni dei commensali provocandone, nei casi più gravi, lesioni permanenti o la stessa morte.
Inizialmente il sospettato principale è stato il cuoco, di origine ghanese , il quale, durante gli interrogatori, non ha mai né smentito né confermato le accuse; solo in seguito la rosa degli indagati è salita da un unico individuo a quattro persone, tutti correlati fra loro.
Tali persone, una donna e tre uomini (tra i quali il proprietario del ristorante, ovvero il signor Ruffilli), di età compresa fra i diciannove e i quarant’anni, sono state individuate e arrestate nel giro di pochi giorni.
Allo stesso modo, anche gli altri hanno evitato di parlare di fronte agli inquirenti. Il primo a rompere il ghiaccio, ieri mattina, è stato lo stesso Ruffilli.
Poche parole, fredde, tono asciutto:
-Ho solo anticipato un processo inesorabile, quella che sarà una piaga per le nuove generazioni.
Nelle ore a seguire solo silenzio.
Poi, durante la notte, la confessione.
-Mi dica, commissario, quel bel cellulare, quello smartphone di ultimissima generazione… Dove finirà, una volta che lei si sarà stufato e vorrà sbarazzarsene? Vede, recentemente ho fatto un viaggio. Un regalo di laurea . Mi sono imbarcato sul primo aereo diretto per l’Africa, destinazione Ghana. Avevo voglia di…ritrovare me stesso. Anni passati sui libri, a studiare, a fare il pendolare e girare per grandi città in cerca di un fottutissimo buco che avesse copertura wi fi gratuita. Che vita di…
-Comprendo… Vada avanti.
-Sono atterrato, e la prima cosa che ho notato, gironzolando per il paese poverissimo, sono state delle orrende discariche a cielo aperto, cumuli su cumuli di rifiuti elettronici, informatici. Lei non ha la minima idea di cosa voglia dire se la luce del sole viene oscurata da mucchi di tastiere, cellulari, modem, fiumi di cavi… Sa qual è la fascia più colpita dallo smaltimento illegale di prodotti tecnologici? Quella dagli otto ai vent’anni, ovvero i bambini, i giovani. Lei cosa direbbe se suo figlio, per sopravvivere, dovesse bruciare componenti di un computer, o di un forno a microonde, senza alcuna protezione, per ricavare, che so, del rame, da rivendere a due dollari ogni cinque chilogrammi? E poi chi se ne frega se muoiono, vero? Se quel cellulare causerà, assieme ad altre tonnellate di rifiuti non smaltibili in Europa (e nemmeno nel resto del mondo, in realtà), la morte di qualche bambino del terzo mondo. Che poi, facile definirlo “terzo mondo”, come se fosse un mondo a parte, separato da quello del benessere fittizio in cui viviamo noi. Non potevo ignorare quella situazione, tornarmene in Italia facendo finta che l’unico problema in Africa sia legato alla mancanza di cibo. Anche se, di colpo, rinascessero le coltivazioni, si trovassero falde acquifere o mandrie di animali sopravvivessero, ci saremmo comunque noi ad avvelenare tutto con la nostra mondezza, materiali di scarto, tecnologia dismessa. Loro mangiano spazzatura, e siamo noi ad imboccarli! Le pare civiltà questa?
Naturalmente gli inquirenti sono rimasti sbigottiti davanti a queste parole. Ma il neoimprenditore ha continuato ad incalzare.
-Però non si preoccupi, da noi le cose non andranno diversamente, perché tutta la tossicità di cui investiamo i mari si riverserà sui pesci, sulla fauna in generale, sulla flora, quindi anche noi avremo il lauto pasto che si spetta. In ogni caso, una volta rientrato, abbandonata la mia vita da nerd e ignorando la mia laurea in ingegneria informatica, ho aperto il Futura. La mia ragazza, che insieme a me ha elaborato il progetto, mi ha permesso anche di conoscere quelli che sarebbero poi diventati i miei “complici”, come li avete definiti. Uno di essi, il cuoco, è proprio uno di quei ragazzi fuggiti dal Ghana e i suoi obelischi della morte tecnologica. L’altro uomo, invece, è un impiegato di una ditta di smaltimento di tali rifiuti, il quale intercettava periodicamente del materiale, prima che fosse rinchiuso in uno dei trecento container che ogni giorno varcano i confini del Ghana, protagonista dell’ennesimo scempio. Una volta portati al ristorante, resti di computer, tablet, condizionatori, navigatori venivano facilmente polverizzati o bruciati e inseriti nelle ricette. Il resto lo sapete.
Infine, prima di essere rinchiuso in attesa della condanna, Ruffilli ha aggiunto:
-Noi, i nostri figli, i nostri nipoti sono destinati a mangiare la nostra merda. Io ho solo anticipato un po’ questo fenomeno, non è un reato, è un dato di fatto. Non ci siamo mai posti le dovute domande, a noi è sempre andata bene così. Basta avere un notebook, uno smartphone e il modem per la connessione. Poi siamo tutte persone felici. Vi dico una cosa: ormai è troppo tardi per tornare indietro. Pace.
N.B. Sebbene la trama sia frutto della mia fantasia, i dati riportati sono assolutamente VERI certificati dai rapporti di GREENPEACE e altre associazioni, è possibile leggere un articolo più approfondito e con i relativi collegamenti qui.
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