Superare la crisi


La parola “crisi” deriva dal greco krisis, che significa separazione, scelta o decisione. Fu utilizzata per caratterizzare dapprima situazioni militari, poi anche politiche, che esigevano una decisione, risposte e interventi concreti da parte degli attori coinvolti. Diagnosticare una crisi serve anche a giustificare un intervento; allo stesso modo, gruppi d’interesse, attraverso i loro discorsi, possono creare crisi reali o fittizie al fine di realizzare i propri obiettivi…

Allo stesso modo, l’ideogramma cinese che indica la parola “crisi” è composto dal carattere wei, che significa pericolo, e dal carattere ji, che indica opportunità.

Nella sua accezione positiva, la crisi può essere vista quindi come un’opportunità, l’occasione per compiere delle scelte che portino a un cambiamento. Ma chi decide quale direzione prendere?

Nel caso della crisi economica che stiamo subendo in Europa e nel mondo, appare sempre più chiaro che i gruppi di potere che hanno condotto le economie nazionali all’attuale disastro sono gli stessi che propinano le soluzioni, facendo approvare da governi tecnici le tanto acclamate manovre “lacrime e sangue”, con i tagli alla spesa pubblica, le liberalizzazioni selvagge ecc. I movimenti di protesta popolare che sono scaturiti da questa gestione della crisi, come quello degli Indignados spagnoli, o il movimento Occupy Wall Street con le sue declinazioni europee, contestano proprio questa deriva antidemocratica nella conduzione della partita, con la politica che ha ceduto il passo all’alta finanza mettendo al primo posto l’interesse delle banche su quello dei cittadini. Niente di nuovo, a ben guardare: si è soltanto iniziato a giocare a carte scoperte.

Ma ciò che risulta da questa impasse, sia dall’alto che dal basso, è la difficoltà a rimettere profondamente in discussione l’intero paradigma economico-finanziario su cui si basa il sistema capitalista.Così come raramente sentiamo interrompersi il mantra della crescita, come se ancora non fosse chiaro che il benessere di una nazione non si basa unicamente sul PIL.

A dire il vero, alcuni segnali di cambiamento arrivano anche dall’alto: il fatto che si stia pensando a un’Europa a due velocità, con una moneta forte per il Nord Europa e una debole per il Sud, o l’indiscrezione mai smentita secondo cui la Germania stia ricominciando a stampare marchi…

E dal basso? Esistono tante soluzioni alternative che se venissero prima di tutto prese in considerazione, analizzate, discusse, integrate, potrebbero fornire un valido strumento per superare la crisi e permettere ai popoli di riconquistare la propria sovranità. Faremo di seguito un breve accenno a quelle più significative, rimandando ai link per ulteriori approfondimenti.

Debito detestabile. Nel documentario indipendente Debtocracy vengono analizzate le cause della crisi finanziaria greca e viene proposta una soluzione a partire dall’esempio dell’Ecuador, il cui presidente Rafael Correa nel 2006 ha cacciato dalla Banca Centrale i rappresentanti del FMI e della Banca Mondiale e ha istituito una Commissione per il Controllo Logistico del debito, incaricata di analizzare il debito per capire quale parte di esso fosse stato contratto in maniera legittima e quale in maniera illegittima: i risultati, una volta resi pubblici, hanno portato alla riduzione per il 70% del debito pubblico ecuadoriano. Lo stesso percorso è auspicabile per tutti i paesi dell’Eurozona, perchè <<è immorale pagare un debito immorale>> (Eric Toussaint, presidente della CADTM e autore del libro Debitocrazia).

Modern Money Theory. Lo scorso 24-26 febbraio a Rimini si è tenuto un Summit con alcuni illustri economisti americani, incontro fortemente voluto e promosso dal giornalista Paolo Barnard, che con il saggio Il più grande crimine ha introdotto per la prima volta in Europa questa teoria. In un palazzetto gremito di 2000 persone, i guru dell’economia post-keynesiana hanno illustrato la loro teoria monetaria per uscire dalla crisi dell’eurozona, riassumibile nella riconquista della sovranità monetaria da parte degli Stati con conseguente possibilità di effettuare spesa a deficit e garantire quindi la piena occupazione, pagare i pieni servizi sociali e garantire pieni diritti ai cittadini. In sostanza, la MMT sostiene che il debito pubblico, in un’economia a sovranità monetaria, costituisce la ricchezza dello Stato essendo un debito che lo Stato contrae con se stesso. Al contrario, nell’Eurozona gli Stati, avendo demandato la propria sovranità monetaria, sono costretti a contrarre sempre nuovi debiti con la Banca Centrale Europea, un organismo di carattere privato.

Positive Money. Sviluppatosi in Inghilterra a seguito della pubblicazione a settembre 2011 del libro Where does money come from? scritto dagli economisti inglesi della New Economics Foundation Richard Werner, Josh Ray-Collins, Tony Greenham e Andrew Jackson, il movimento Positive Money mira a una riforma dell’attuale sistema monetario fondato sul debito, riportando in mano pubblica la creazione e la gestione del denaro. Alla base del progetto vi è l’assunto secondo cui il 97% della moneta attualmente circolante in Inghilterra (e lo stesso vale per tutti gli Stati) è creata dalle banche commerciali, e questo processo avviene ogni volta che una banca concede un prestito a un cliente e viene aperto a suo nome un nuovo deposito bancario (“moneta elettronica”). Il contante fisico costituito dalle banconote e dalle monete metalliche rappresenta quindi meno del 3% della massa totale di denaro circolante nell’economia. Avendo queste ultime un peso trascurabile all’interno del più ampio processo di circolazione della moneta, è chiaro che qualunque seria riforma debba prendere in considerazione principalmente i flussi della moneta elettronica, impedendo alle banche commerciali di potere “creare dal nulla” nuova moneta ogni volta che viene concesso un nuovo prestito.

Monete locali. Trattasi di casi particolari di moneta complementare con circolazione ridotta ad una zona geografica definita. Le monete locali non producono debito pubblico in quanto vengono stampate liberamente da associazioni di cittadini o dai Comuni e non “prestate” da una banca a interesse. La valuta locale può essere utilizzata in modo alternativo o complementare alla moneta ufficiale; ogni valuta ha un rapporto di cambio con la moneta ufficiale, solitamente la parità. Esse sono utili per rinforzare e promuovere lo sviluppo economico-sociale e costruire un capitale sociale all’interno delle comunità, collegando direttamente l’accesso al credito con le risorse inutilizzate.

In Italia attualmente esiste il progetto Arcipelago Scec che sta avendo un rilevante successo: utilizzando i buoni locali SCEC (Solidarietà ChE Cammina), si ottiene una riduzione di prezzo che gli associati decidono di farsi reciprocamente offrendo prodotti o servizi. Questo fa sì che la ricchezza rimanga ancorata al territorio e venga reinvestita nel circuito, favorendo le produzioni locali.
Altro esempio sono le banche del tempo che utilizzano il tempo e non il denaro come misura dello scambio.

Si tratta di esperienze particolarmente utili nell’educare la comunità a comprendere che la moneta è solo un mezzo di scambio, il cui valore non è che una convenzione sociale, ottenuto a seguito della sua accettazione da parte della comunità.

Queste pratiche restituiscono di fatto l’economia alla collettività, contribuendo anche a ricomporre il tessuto sociale delle città, dei quartieri, favorendo i rapporti di buon vicinato, la solidarietà. Perchè laddove vi è uno scambio sano e bilanciato di risorse, vi è anche crescita culturale.

«Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e Paesi, perchè la crisi porta progresso. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e dei Paesi è di trovare soluzioni e vie d’uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa promuoverla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece di ciò, dobbiamo lavorare duro. Smettiamola definitivamente con l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla
».

Albert Einstein

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