Focus Final Four: Olympiakos Pireo


La necessità aguzza l’ingegno. Proprio nell’ anno in cui le due grandi squadre greche sembravano in recessione come il loro paese (ma in questo caso si tratta di recessione tecnica), avendo perso i loro pezzi più pregiati, ecco che invece ritroviamo entrambe la le prime otto d’ Europa. Se ciò è avvenuto il merito è senz’ altro dei coach delle due squadre, Ivkkovic e Obradovic. Entrambi serbi, entrambi partiti nelle loro carriere di allenatori dal Partizan Belgrado, sono riconosciuti all’ unanimità come allenatori esperti, intelligenti e che sanno lavorare magnificamente con il materiale che viene messo loro a disposizione. Sia l’uno che l’ altro sono ormai nella storia del basket mondiale, sia alla guida dei club (Obradovic meglio di Ivkovic) che di nazionali (Ivkovic meglio di Obradovic). Per il coach nato a Belgrado, una sola Coppa dei campioni – Eurolega contro le otto del connazionale, mentre sono quattro i titoli per nazionali che può vantare (tre europei e uno mondiale, più due argenti, all’ Eurobasket 2009 e alla Olimpiadi del 1988) contrapposti ai due di Obradovic ( uno mondiale e uno europeo, più un argento olimpico e il bronzo dell’ Eurobasket del ’99). Insomma, due che hanno dimostrato di saper fare in modo eccellente il loro mestiere. Guarda caso, Ivkovic l’ unica Eurolega l’ ha vinta nel 1997, alla guida dell’ Olympiakos, che nell’ estate 2010 l’ ha richiamato per provare a riportare l’ ambito premio al Pireo. La prima campagna, quella dell’ anno passato, non è andata benissimo: nella serie contro Siena, Ivkovic si è perso nella profondità delle sue rotazioni e ha ruotato male i pur validi interpreti di cui disponeva. Quest’ anno, partiti Teodosic, Papaloukas e Bourousis, ha invece potuto sfruttare meglio e di più le qualità della propria panchina e dei suoi uomini.

L’ ALCHIMISTA

L’ Olympiakos versione 2012 ha dimostrato di essere meno dipendente dalle lune dei propri migliori elementi. Il coltello svizzero per Ivkovic è rappresentato da Kyle Hines, centro sottodimensionato in grado di difendere su più tipologie di giocatori. Il lungo ex – Bamberg raccoglie 10.8 punti in 19.5 minuti di impiego, ma solo una volta è partito in quintetto. Con lui, Pero Antic forma una coppia temibile, non tanto per quanto segna (7.4 punti) quanto piuttosto per la fisicità che garantisce. Ai due si aggiunge Richard Dorsey arrivato di recente per sostituire l’ acerbo Matt Howard nella rotazione dei lunghi, e capace subito di garantirsi i favori del suo coach: per lui, nove apparizioni nei primi cinque su nove presenze, e capacità di intimidazione e di lavoro sporco ancora più accentuata. Con una tale forza nell’ area pitturata (e va aggiunto Printezis, terzo miglior marcatore della squadra con 10.3 punti in 21.4 minuti) , si capisce perché i biancorossi abbiano avuto la meglio sulla più leggera Siena. Tra gli esterni, la rotazione è ancora più ampia, ma il reparto è comunque imperniato sulla classe di Spanoulis. Il play/guardia di nazionalità greca con i suoi 16.5 punti è il top scorer dell’ Olymipiakos, e nonostante giostri prevalentemente da guardia è a lui che tocca mettere in ritmo i compagni: Sloukas, Mantzaris e Papanikolaou mettono tutte le loro qualità a disposizione del cervello ex – Panathinaikos, che di volta in volta legge la difesa e serve la palla al compagno meglio piazzato. Un po’ fuori dalle righe Acie Law, classico playmaker finalizzatore e penetratore di scuola americana, che tende ad andare fuori giri e perdere palloni banali, oltre che a separarsi malvolentieri dell’ amata sfera. I numeri per ora sembrano dargli ragione: con 6.2 punti a partita in 17.1 minuti è il quinto realizzatore della squadra, e questo da l’idea dell’ equilibrio del sistema- Olympiakos, che segna 77.6 punti a fronte dei 75.3 subiti. Non male, per una squadra che già alla seconda giornata delle Top 16 sembrava dover abbandonare la competizione, così come questa era stata anche l’ impressione a qualche giornata dalla fine della prima fase. Mai dare per morta una squadra greca, però. A maggior ragione se guidata da un coach slavo, notoriamente gente che non si lascia abbattere dalle difficoltà e che lascia il campo “con lo scudo o sullo scudo”, come avrebbero detto ai loro figli che partivano per la guerra le madri di Sparta. Che d’ altronde non era nemmeno troppo distante né dal Pireo, né dalla Serbia, né da quella Istanbul che ospiterà le prossime Final Four.

FINAL FOUR  

Diffidiamo di tutti coloro che scrivono e che millantano imparzialità, dato che tutti hanno delle preferenze: non renderle chiare lo consideriamo un atto di non correttezza nei confronti del lettore, che ha il diritto di sapere la simpatia di chi scrive per lui, per regolarsi di conseguenza. Ecco perché siamo cristallini e confessiamo che non ci dispiacerebbe vedere l’ Oliympiakos sul tetto d’ Europa. Da quando esiste l’ Eurolega in questo formato, cioè dal 2002, la competizione è stata vinta solo da quattro squadre: Maccabi, Panathinaikos, CSKA Mosca e Barcellona, queste ultime due già con il biglietto per Istanbul e le altre due a contendersi l’ ultimo posto. Ecco perché, da Dissonanze, la nostra speranza è che si aggiunga un’altra carta a questo pur straordinario poker. Senza per questo disprezzare o minimizzare il risultato, se esso dovesse essere diverso.

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