Cassandra allo specchio


L’insonnia crea criminali.
Io ne sono la prova.
Sono sicura che se il mio sonno fosse stato più regolare non avrei mai agito in questo modo.
Ma quando non riesci a dormire, quando hai terminato tutti i libri presenti nella tua libreria e non hai più film da guardare perché ormai conosci tutte le battute a memoria, le ore notturne non solo diventano insopportabili, ma rischiano di condurti verso la follia.
Ora che ci penso avrei potuto utilizzare il tempo a mia disposizione cercando di imparare a suonare uno strumento, o a dipingere.
Invece no.
Ho deciso di non affannarmi troppo e di limitarmi a osservare.
Per due mesi ho guardato oltre la porta della mia stanza.
Ho osservato i movimenti di Cassandra.

Nessuno la conosce meglio di me, e non lo dico solo perché condividiamo lo stesso appartamento da più di un anno.
Posso affermare di conoscerla meglio di chiunque altro perché l’ho osservata con grande attenzione, tanto da potervi elencare ogni sua abitudine: il caffè alla mattina, le ore pomeridiane passate a cercare di scrivere e a studiare, la solitudine autoimposta della sera, la tappa obbligata in bagno, dopo ogni pranzo e ogni cena.
Per quasi due mesi, Cassandra si è rifugiata in bagno decidendo di vomitare cibo e rabbia, azionando la doccia e aprendo tutti i rubinetti, tattica studiata apposta per non farsi sentire.
Ha cercato di nascondersi, inutilmente.
Fin da subito ho capito quello che faceva: ogni volta che rientrava in cucina aveva il viso sconvolto, il naso le gocciolava e i suoi occhi erano più tristi del solito.
Quando la vedevo comparire sulla soglia della porta, ogni giorno più magra e più stanca, non era necessario chiederle nulla: mi bastava guardarla per capire.
Nell’ultimo periodo, però, correre in bagno non è stato più necessario: del resto, Cassandra non mangia più da tre giorni e io mi chiedo come faccia a stare ancora in piedi.
Da quando ha smesso di mangiare non ha più scritto una sola parola e questo ha contribuito a renderla ancora più nervosa e irascibile.
Come se non bastasse se ne sta chiusa nella sua stanza quasi tutto il giorno, uscendo solo per prepararsi una tazza di caffè.
Osservandola, ho notato che ogni sua azione, ogni sua parola, sono accompagnate da un’espressione assente, come se ormai non fosse più consapevole nemmeno del suo corpo.
Si muove lentamente, con dolore.
Parla a malapena.
All’inizio del suo digiuno avevo pensato che prima o poi avrebbe ceduto.
Mi ero illusa che la fame, alla fine, avrebbe preso il sopravvento e l’avrebbe spinta a mangiare.
Invece no.
Ha continuato a nutrirsi d’aria e di caffè, restando chiusa nella sua stanza a pensare e a calcolare le calorie presenti negli alimenti che da tre giorni si rifiuta di mangiare.
Quelle quattro pareti sono diventate per lei il nascondiglio perfetto, nel quale non è più obbligata ad indossare maschere, dove finalmente può rivendicare il suo diritto di non mangiare e la sua volontà di distruggersi.
Quando ho iniziato la mia osservazione, ho immediatamente intuito che Cassandra stava cercando qualcosa. Quello che non riuscivo a comprendere era l’oggetto della sua ricerca.
Per questo motivo, quando tutto mi è stato chiaro, ho deciso di intervenire.
Solo questa notte, una delle tante passate a guardarla dormire, ho capito che Cassandra si sarebbe fermata solo se fosse riuscita a raggiungere il suo obiettivo: scomparire.
O forse no.
Probabilmente, non si sarebbe fermata neanche in quel caso.

La mia esperienza mi ha insegnato che  l’insonnia può rivelarsi molto utile.
Mi ha permesso non solo di osservare la mia coinquilina, ma mi ha anche fatto capire come aiutarla.
Forse, alla fine di questa mia confessione, mi accuserete di essere impazzita.
Invece no.
Sono solo innamorata, e l’unica cosa che voglio è alleviare il suo e il mio dolore.
Per questo ho deciso di ucciderla.

Se potessi vi darei i miei occhi per permettervi di vederla come la vedo io in questo momento: sicuramente anche voi vi innamorereste di lei, proprio come è successo a me.
Silenziosamente, entro nella sua stanza e la vedo mentre osserva allo specchio il suo corpo, ormai consumato dall’inedia: il seno inesistente, i fianchi assenti, la pelle che ormai ha perso il suo colorito naturale.
Soddisfatta del risultato raggiunto concede un lieve sorriso alla sua immagine riflessa, e quando mi vede, sembra perfettamente consapevole di quello che sto per fare.
Mi lancia un’occhiata di gratitudine e i nostri volti si riflettono, insieme, sulla superficie ovale dello specchio.
Avvicino le mie mani al suo collo, e mi stupisco perché la sua pelle è incredibilmente calda.
Cassandra, chiudi gli occhi. Non respirare.
È allora che accade: mentre sto per pronunciare queste parole la mia immagine si confonde con la sua, e io non riesco a capire che cosa stia succedendo.
Forse si tratta di un’allucinazione e presto tutto finirà.
Invece no.
Improvvisamente, capisco: ho osservato me stessa per due mesi e solo ora posso liberarmi da tutte queste maschere.
Mi libero di Cassandra, mi libero da quello che dovrei essere ma che non sono, scompaio. Finalmente.
Da un vecchio carillon estraggo una lametta e, con chirurgica precisione, incido la mia pelle.
Prima il polso sinistro.
Poi il polso destro.
Due tagli netti mentre osservo la mia immagine riflessa, per l’ultima volta, nello specchio.
Pensavo che avrebbe fatto meno male, che avrei perso i sensi nel giro di pochi secondi e che ci sarebbe stato meno freddo.

Invece no.

4 Comments

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  1. Dokka

    Davvero da restare senza fiato.
    Poche righe per raccontare un’intera storia carica di sentimento e crudo realismo.

    Sublime

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