Bassem e Jawaher: due simboli di Bil’in


Vi sto per raccontare due storie, quelle di un uomo e una donna: Bassem Ibrahim e Jawaher Abu Rahmah. Due vite spezzate durante le manifestazioni pacifiche che ogni settimana si tengono a Bil’in per protestare contro quel Muro che per gli israeliani è il Muro della sicurezza, mentre per i palestinesi è il Muro dell’apartheid.

La vicenda di Bassem ho deciso di raccontarvela attraverso le parole di Mohammed Khatib, membro del comitato popolare di Bil’in contro il Muro e le colonie:
«Si chiamava Bassem, che significa sorridere… ed era il modo in cui salutava tutti. Noi però lo chiamavamo Phil, elefante, perchè aveva il corpo della taglia di un elefante, ma il cuore era di un bambino.
Amava tutti e tutti l’amavano per la sua dolcezza e la sua attitudine a saper fare divertire. I bambini raccontano di come si giocava insieme: lui li faceva spaventare per poi farli sorridere, curava i loro spazi di ricreazione e portava loro giocattoli e libri. Le anziane signore del villaggio raccontano che aveva l’abitudine di andarle a trovare per sapere le ultime novità e per capire se avessero bisogno di qualcosa. Nel villaggio sembrava essere ovunque: passava a salutare, faceva un tiro di narghilé e poi si allontanava per altri appuntamenti. La mattina in cui è stato ucciso, si è recato da Hamis, un amico con il cranio fratturato per una granata lacrimogena che lo aveva colpito pochi mesi prima durante una manifestazione. Quella stessa arma, ucciderà Bassem di lì a poco.
Bassem ha medicato Hamis e poi è andato a salutare un altro amico, sofferente per un cancro. Ha poi incontrato una ragazza che cercava un ananas ed è andato fino a Ramallah per cercarne uno. Poi è tornato prima di mezzogiorno per la preghiera del venerdì e per la manifestazione settimanale contro il furto delle terre e contro il Muro. Phil, infatti, non mancava mai alle manifestazioni; partecipava a tutte le attività e alle azioni creative a Bil’in. Inoltre, cercava il dialogo con chiunque, anche con i soldati. Poco prima di essere ucciso dalla granata, era intento a chiedere all’esercito israeliano di non sparare più perché c’erano delle caprette vicino al Muro e si preoccupava per loro. Poi una donna che gli era davanti, a pochi metri, è stata colpita. Lui ha urlato al comandante di non sparare più perché qualcuno si era ferito, ma l’esercito, al contrario, gli ha sparato addosso.
Sono venuti da tutti i villaggi per i funerali di Bassem. Noi di Bil’in ci guardiamo attorno in attesa che lui ci venga incontro.
Phil, tu eri l’amico di tutti. Ci mancherai. Come Bil’in è diventato il simbolo della resistenza popolare della Palestina, tu sei il simbolo di Bil’in.
Carissimo Phil, riposa in pace, noi cammineremo seguendo le tue orme».

Jawaher Abu Rahmah è stato uccisa il 31 dicembre 2010 durante la manifestazione di protesta contro il Muro. Secondo alcune testimonianze sarebbe morta soffocata dai gas dei lacrimogeni utilizzati dalle milizie israeliane per disperdere la folla, ma si discute ancora sulle cause della sua morte. Alcuni soldati dell’esercito israeliano (Idf) rimasti anonimi sostengono che la donna durante gli scontri si trovasse nella sua abitazione a centinaia di metri di distanza. L’1 gennaio 2011 diversi ebrei israeliani sono stati arrestati davanti al Ministero della Difesa mentre protestavano contro il coinvolgimento delle forze militari nella morte di Jawaher. Secondo il rapporto medico «non sono chiare le cause della morte, per la sepoltura è stata seguita una procedura accelerata e non è stata eseguita alcuna autopsia. Il documento inoltre rivela che ad Abu Rahmah è stata somministrata un’insolita quantità di medicinali, solitamente utilizzati in caso di avvelenamento, overdose o leucemia».

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