Chiacchierate in stile libero: Moreno Spirogi (Avvoltoi) ed Elisa Genghini
Stile Libero è un programma di radio Icaro Rubicone (90 fm e in streaming dal sito) che spazia tra diversi generi musicali, andando a indagare epoche, recuperando perle, offrendo rarità. E facendo sentire la viva voce dei protagonisti, tramite le interviste.
Va in onda ogni mercoledì alle 22.30, e in replica il sabato alle 22. Tutte le puntate sono recuparabili tramite podcast.
Nel 42esimo appuntamento, andato in onda mercoledì 25 gennaio, e in replica sabato 28, sono state trasmesse le interviste a Moreno Spirogi (Avvoltoi) ed Elisa Genghini.
Lo scantinato del Sidro sa essere all’occorrenza un luogo di silenziosa quiete, come di confusione più totale. La sera del concerto degli Avvoltoi aperti da Elisa Genghini, tenutosi il 4 gennaio scorso, la circostanza era decisamente avvicinabile alla seconda situazione. Ma l’occasione di poter scambiare qualche parola con i protagonisti della serata era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
I protagonisti in questione sono gli Avvoltoi – nella persona del loro leader, Moreno Spirogi – storica band bolognese, tornata sul palco per presentare l’ultimo singolo, “Moreno è impazzito”, ed Elisa Genghini, giovane cantautrice riminese che dopo l’esperienza con il suo gruppo precedente, gli Elymania, ha intrapreso la carriera solista. Giunta sul palco del Sidro con la sua chitarra acustica, accompagnata dal chitarrista Federico Trevisan, e Lorenzo “Lerry” Arabia al basso – attuale chitarrista degli Avvoltoi – ha presentato il suo primo EP: “Le briciole del pasto consumato“.
Dopo l’intenso e delicato live di Elisa e quello come sempre trascinante degli Avvoltoi, siamo scesi nell’imprevedibile scantinato insieme a loro. Ecco cosa ci siamo detti.
Con Moreno…
Perché Moreno è impazzito?
“Moreno è impazzito” è un brano che ha scritto Marco Magnani, nostro chitarrista negli anni ’90 che adesso abita a Londra. Gli avevo chiesto se mi facesse qualche brano per gli Avvoltoi, e a un certo punto in rete spunta questa canzone: “Moreno è impazzito – Marco Magnani”. Poi, dopo aver appunto pubblicato il brano, mi scrive dicendomi: «Guarda ho scritto un brano per te, ma l’ho già messo su YouTube». L’ho ascoltato. Era un po’ forte come testo, ma non perché io non lo sia di mio, ma era meglio in quel periodo storico non dire certe cose. Quindi gliel’ho fatto correggere. Lui l’ha corretto, e l’ha rimesso su YouTube. Insomma, la cosa è un po’ buffa ma in realtà l’aveva scritto per noi.
Perché Moreno sia impazzito bisognerebbe chiederlo a lui. Probabilmente è una cosa che riguarda lui e l’ha trasposta a Moreno. Ti sembro impazzito io?
Probabilmente questo è il tuo stato normale. Non sei impazzito da un giorno all’altro. Sei così.
Sono nato impazzito.
Esatto!
Senti un po’… noi ci chiedevamo cosa vi avesse spinto a metà degli anni ’80 ad andare a recuperare le sonorità dei ’60, il beat. Perché avete fatto questa scelta?
Sono cose probabilmente innate. Io sono nato col punk, il post punk e la new wave, generazionalmente parlando.
Ma quando hai dentro delle cose, prima o poi arriva l’occasione di scoprirle.
Per esempio, a quei tempi uscivano ristampe, eccetra. Ma soprattutto andando a vedere un concerto dei Fuzztones nel 1984 rimasi davvero folgorato. Magari è banale quello che dico, ma mi prese. Io iniziai a vivere in quel periodo, dentro di me.
Per me gli anni ’80 erano gli anni ’60. Non quelli convenzionali, ma erano gli anni ’60 per lo scoprire, il riassaporare cose che non hai mai vissuto, ma hai dentro. E la risposta è banale perché so che tutti rispondono in questa maniera, ma è così davvero e nel giro di brevissimo tempo sono andato a riscoprire tutto. I primi singolini che mi facevo comprare da mia mamma erano Gianni Morandi, Gino Ferrer, quindi anche cose belline, che mi appartenevano.
E mi adeguavo con il look. Poi si cresce, i capelli si perdono, però rimane dentro questa cosa pazzesca. Non è calcolata.
Succede lo stesso anche con gli anni ’70, il prog. Qualcosa di nuovo mi piace, però più che altro ascolto quello: è ciò che mi appartiene.
I conduttori della trasmissione mi dicevano che quando avete cominciato voi si vendevano molti dischi, anche nell’underground. Ora sappiamo come la situazione sia cambiata radicalmente.
È cambiata non solo per l’underground. Anzi, secondo me per assurdo oggi sono penalizzate soprattutto le major, i grossi gruppi o cantanti, perché ormai i cd non si vendono più, e si utilizza sempre di più la rete. Mentre nel giro underground c’è ancora un percorso: il gruppo va a suonare dal vivo, la gente che ama e recepisce queste cose compra il prodotto, vinile o cd che sia. Anzi, il vinile in particolar modo, soprattutto i ragazzi più giovani.
Negli anni ’80 stava nascendo tutto, quindi era una novità, e come tale la gente si buttava. C’erano più soldi, più interesse, si comprava. Il gruppo andava ad ascoltare l’altro gruppo, c’erano mille generi, benché quello principale in Italia fosse la new wave. Però la scena era molto unita. Come adesso. Non ascoltate chi dice «Loro si odiano!» o «C’è invidia». La scena è unita e si collabora. Quando abbiamo iniziato, il nostro primo singolo ce lo registrò Umberto Palazzo – eravamo tanto amici – e la nostra “compagnia” era composta da me, Umberto Palazzo, Emidio Clementi dei Massimo Volume. Siam nati lì. Poi ognuno ha avuto il suo percorso, però era una collaborazione totale.
Io col tempo ho continuato, e ho avuto la fortuna di suonare con la Rettore, Finardi, con i Gang, i Modena, che partecipano sempre alle nostre cose. Infatti nel cd “L’Atro Dio” abbiamo raggruppato questi nostri amici di percorso, li abbiamo schiavizzati e li abbiamo fatti suonare e cantare qualche nostro brano.
Comunque tornando all’imput iniziale, il discorso è questo: a cielo aperto se avvengono bombardamenti, si distruggono le case. Sottoterra, nelle fogne, rimane sempre uguale. E in sintesi è quello che avviene per l’underground. È così davvero.
All’epoca c’era l’amico che tornava da Londra e diceva: «Ho trovato questo disco». E lui ce l’aveva, davvero, non c’era niente da fare. Non potevi masterizzarlo, copiarlo o altro.
Lui ce l’aveva ed era fiero. Io ero e sono tutt’ora così. Amo comprare i dischi, e vantarmene. Ma un vanto positivo, verso gli amici.
Adesso poter arrivare a tutto subito distrugge un po’ la musica, e tutto il resto. Quindi probabilmente ora non ti impossessi appieno di quella cosa, perché non la possiedi. Ce l’hai di riflesso.
Prima avevi l’oggetto che amavi, che desideravi, e lo potevi toccare, annusare. Ora lo scarichi, e non ci puoi credere fino in fondo. Non è uguale.
…ed Elisa.
Stasera ti abbiamo vista suonare sul palco con Lerry degli Avvoltoi. Com’è nata questa collaborazione?
Conosco Lerry da parecchi anni, a prescindere dalla sua esperienza con gli Avvoltoi.
Quando ancora erano in piedi gli Elymania (il vecchio gruppo di Elisa, di cui era leader, con il quale ha vinto l’edizione 2005 del Rock è Tratto, ndr), per varie vicissitudini ho dovuto cambiare bassista. Lui, che era già mio amico, si è proposto e noi siamo stati molto contenti di accoglierlo. È dal 2008 che suoniamo insieme. Poi il gruppo si è sciolto per varie vicissitudini, e abbiamo continuato a suonare insieme.
Lerry mi ha spinto un po’ per la carriera da solista, e abbiamo prodotto questo EP, “Le Briciole del Pasto Consumato”, anche per merito suo, insieme a Lucio Morelli – pianista che ha suonato insieme a Paola Turci, Marina Rei – che è la persona che ci ha prodotti artisticamente.
Quindi è stato Lerry a consigliarti di avviare la carriera da solista…
Sì. Suono con Federico Trevisan dal 2004 e abbiamo fondato gli Elymania. Ma per il fatto che le canzoni le ho sempre scritte io e ho sempre desiderato dare un’impronta molto intimistica ai pezzi, Lerry è stato il primo ad accorgersi che forse era meglio scegliere una direzione più cantautorale e acustica. Ed era un percorso che potevo fare anche da sola, senza l’assetto rock elettrico della band.
Io so che oltre a scrive e cantare le tue canzoni, scrivi libri, costruisci e ricicli oggetti, e probabilmente ti piace anche disegnare. Qual è la forma di espressione che prediligi?
A me piace scrivere, quindi sia che lo faccia in versi o musicato, sia che scriva racconti o romanzi, mi piace questo mezzo di comunicazione perché sento, penso e spero che mi venga bene e lo uso. Mi sento molto versatile in questa cosa. E infatti oltre alla musica ho scritto libri, 3 romanzi e una guida sulla Romagna. Anche se in realtà la cosa che mi piace più di tutte è cantare. Poi la scrittura è venuta dopo, perché ho trovato una condizione in cui lo potevo fare, sperimentare, e mi sono divertita. Però il mio primo sogno è fare la cantautrice, e ho detto: “Cerchiamo di farlo”.
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