When the sun hits


Ecco come sarebbero dovute andare le cose: sarei dovuto scendere dall’auto e mi sarei dovuto avvicinare a te. All’inizio ci sarebbe stato silenzio, entrambi ci saremmo sentiti in imbarazzo, mi avresti guardato con rabbia, ma alla fine saresti stata tu la prima a parlare. Mi avresti chiesto dove sono stato tutto questo tempo, mi avresti domandato perché non ti ho cercata, perché ho aspettato quest’ultima occasione per tornare indietro. Allora io ti avrei risposto che ho sbagliato tutto, che sarei dovuto restare invece di vivere la mia vita come un nomade, senza radici, senza legami, lontano dalla mia famiglia, lontano da te. Ti avrei detto che non sei cambiata affatto. Ti avrei riempito di domande chiedendoti se sei felice, se hai paura, se suoni ancora la chitarra, se hai conservato i miei spartiti.

Se in questi undici anni, nonostante tutto, hai conservato qualche ricordo di me.

Mi piace pensare che, alla fine, ci saremmo seduti sui gradini di casa, come quando eri piccola, e avremmo aspettato che la luce del sole si fosse spenta.

Ti avrei parlato del mio viaggio, di quello che ho visto, di chi ho incontrato.

Oggi il sole si spegnerà, o almeno così dicono tutti. I telegiornali e i programmi televisivi non hanno parlato d’altro per mesi e i quotidiani hanno riportato notizie inquietanti sull’argomento. Le trasmissioni radiofoniche per giorni interi hanno trasmesso news in tempo reale, tenendoci informati sui cambiamenti climatici e sulla luce del sole, che lentamente sta diminuendo. Gli scienziati più esperti hanno cercato di tranquillizzarci, ma la follia ormai ha preso il sopravvento.

Sono sceso poche volte dall’auto e, credimi, se avessi potuto, lo avrei evitato. Le strade per giorni sono state teatro di veri e propri scontri: uomini e donne si sono lasciati andare alla violenza e all’anarchia più assoluta solo perché hanno paura.

E di cosa hanno paura?

Come si può evitare la fine se siamo stati noi a volerla? In fondo, penso che il sole ci stia facendo un favore. Ci sta offrendo un’occasione per rimediare ai nostri errori.
Oggi il sole è sorto per l’ultima volta e io ho viaggiato per due settimane per rimediare ai miei di errori…

Ti avrei dovuto raccontare di Alessandro, un ragazzo che ho conosciuto pochi giorni fa mentre faceva l’autostop. Viaggiava da una settimana e doveva raggiungere la stessa città verso la quale ero diretto anche io.
Incontrarlo è stata una fortuna, senza di lui il viaggio sarebbe stato molto più lungo e probabilmente privo di musica. Per quattro giorni abbiamo condiviso lo spazio minuscolo della mia macchina, ma non mi ha mai detto se qualcuno lo stesse aspettando. Ho provato a chiederglielo, ma aogni mia domanda si limitava ad abbassare lo sguardo, proprio come facevi tu quando eri bambina. Probabilmente ha voluto raggiungere la sua famiglia approfittando di questi ultimi giorni di luce.

Siamo arrivati in città un’ora fa e quando ci siamo separati mi ha ringraziato per il passaggio e per la compagnia. Mi chiedo dove sia ora, e pensare che non avrai mai modo di conoscerlo mi mette una tristezza improvvisa. Avrei dovuto parlarti di quando gli ho fatto ascoltare “When the sun hits” e della sua reazione. Mi ha detto che una persona a lui cara la suonava spesso, solo per lui.

Questa è l’unica cosa che mi ha detto di sé nei giorni che abbiamo passato insieme.

Ti avrei dovuto chiedere se ricordavi ancora questa canzone, ma anche se non l’ho fatto so che non l’hai dimenticata.

Dicevi che la voce del cantante assomigliava alla mia, ogni volta che te la cantavo per farti dormire.  Forse anche Alessandro, in questo momento, starà ascoltando “When the sun hits”, proprio come me.

Avrei dovuto ascoltarla insieme a te, ma alla fine mi è mancato il coraggio di scendere dalla macchina. Sono rimasto fermo davanti a casa tua per quasi un’ora, ma tu non sei mai uscita. Quando sono partito ti ho inviato una lettera nella quale ti avvisavo del mio ritorno prima che il sole si fosse spento definitivamente. Non aveva senso aspettare una risposta e così mi sono messo in viaggio, convinto che questa fosse la sola cosa giusta da fare. Sapevo perfettamente cosa dire quando sono arrivato. Ho visto che mi osservavi dalla finestra e ho pensato che saresti uscita, prima o poi.

Avremmo parlato di questi anni passati lontani, e la fine ci avrebbe fatto meno paura.

E invece sei rimasta in casa, aspettando che fossi io ad avvicinarmi. Sono stato un padre assente, avrei dovuto insistere, e invece ho messo in moto l’auto e me ne sono andato. Ho guidato senza una meta precisa finché l’insegna di un bar non ha attirato la mia attenzione. Ora sono fermo qui di fronte e non c’è più luce ormai. Nonostante questo, scorgo due ragazzi al suo interno. Non parlano, stanno aspettando la fine insieme e non sembrano spaventati. Penso a te, a quello che avrei dovuto dirti e che non ti ho detto.

Penso ad Alessandro. Spero che lui in questo momento non abbia paura.

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