Bianca


Bianca è stata il mio primo amore e la mia fedeltà nei suoi confronti è durata per anni.
È stata la fedele compagna delle mie giornate spese a scuola e per le vie di Bologna.
È stata l’amante silenziosa delle mie notti solitarie.
Ricordo che quando c’era Bianca la musica non mancava mai. Ballavo fino al mattino e forse, se ci penso bene, sto ancora ballando. Non mi sono mai fermato e il tempo si è dimenticato di me.

A essere sincero, erano anni che non pensavo a lei. Per caso oggi ho ritrovato una vecchia fotografia e a stento ho riconosciuto me stesso e i ragazzi che insieme a me si erano messi in posa e sorridevano, illudendosi di essere eterni. La foto c’è ancora, ma alcuni di loro se ne sono andati.
In quella foto, ingiallita dagli anni, ho riconosciuto lo sguardo perso nel vuoto di Michele.
Quante volte i suoi genitori l’hanno rimproverato di non pensare a nulla, di essere un ragazzo privo di interessi, come tutti noi. Ovviamente, non era vero. Michele è stato uno dei ragazzi più sensibili che io abbia mai conosciuto, e le storie che ci raccontava ogni sera le ricordo ancora.
In ognuna c’era un lieto fine, quel finale perfetto che per lui non c’è stato.
In ognuna di quelle storie c’eravamo noi, i suoi unici amici, «la sua vera famiglia», come ci ripeteva quando non era sbronzo o completamente fatto.
Nella stessa foto ho rivisto lo sguardo severo di Marco, all’apparenza sicuro di sé, dietro un paio di occhiali scuri che portava per nascondere gli occhi, ma soprattutto ho riconosciuto lei: bella e tremendamente sola, circondata unicamente dal suo rosso.
Se mi concentro riesco a sentire ancora il suo profumo.
Nella foto, indossava un vestito di velluto blu e guardava con aria fiera il fotografo. Dopo dieci anni rivedo la figura altera di Isabella, e una rabbia silenziosa mi assale. Per anni i miei unici amori sono stati il bianco maledetto di Bianca e il rosso di Isabella, la ragazza di cui tutti erano innamorati. Non ho mai capito perché lei, così bella e perfetta, avesse scelto me, un ragazzo insignificante, considerato ai margini della società dai “figli di papà” del mio stesso liceo. Ripensandoci bene però, c’era qualcosa che ci accomunava: io e Isabella eravamo uniti dall’amore per Bianca e questo, per un po’, ci è bastato. Senza di lei le nostre giornate non avevano senso.

Bianca era la musa che ispirava le mie canzoni e i quadri di Isabella. Era una polvere magica che donava a Michele la sicurezza che non aveva, e guariva Marco dall’ inquietudine che l’aveva sempre caratterizzato fin dall’ adolescenza.
Bianca era la droga, ma noi non l’abbiamo mai chiamata con il suo vero nome. Per noi Bianca era il colore delle nostre vite, era una bella donna alla quale era difficile dire di no. La cocaina in tutto questo non c’entrava niente. Non aveva nulla a che fare con Bianca.
Ci sono state notti nelle quali lei ha reso tutto perfetto.
“Temptation” risuonava quasi ogni sera nella nostra discoteca di fiducia e non dimenticherò mai le ore passate a ballare e a farmi inebriare dai colori acidi delle luci psichedeliche. Così come non scorderò facilmente gli amori fortuiti nati durante quelle notti.
In quel periodo ho scritto le mie canzoni più belle e Isabella ha dipinto la sua intera vita e la nostra casa. Non mi sono mai più sentito così consapevole di me stesso come in quegli anni. Il sonno non esisteva e il tempo era un concetto astratto che né io né Isabella conoscevamo.
Sorrido ripensando a quei tempi che mi sembrano così lontani, e vi assicuro che se mi vedeste ora pensereste che vi sto prendendo in giro e che il mio è solo un patetico tentativo di rendermi interessante ai vostri occhi, ma vi assicuro che non è così.

Ora ho trentadue anni, lavoro in un’azienda di computer e negli anni la mia forma fisica mi ha abbandonato. Probabilmente, se non avessi ritrovato questa fotografia non avrei mai più ripensato né a Bianca né a quello che mi ha tolto. Certo, mi ha lasciato in eredità tantissimi ricordi: la musica che ho composto e che ormai non ascolto più, i quadri di Isabella che ho distrutto quando mi ha lasciato, e una serie infinita di fotografie che ho bruciato quando anche Michele se ne è andato. Di tutti questi ricordi l’unica superstite è questa vecchia Polaroid, che avevo dimenticato di eliminare. Rivedo questo strano “gruppo di famiglia in un interno”, e un po’ lo rimpiango. Rivedo Isabella e penso a quanta bellezza è stata sprecata. Ho lasciato Bianca dopo la sua morte e se ci penso bene, rivedo ancora la corsa infinita verso l’ospedale, nel vano tentativo di salvare il rosso della mia vita. Davanti a me c’è un lungo corridoio e solo pochi metri mi separano dalla sala operatoria. Vedo un gruppo di medici che in fretta stendono Isabella su una barella, e la portano via da me. Rivedo i suoi capelli rossi, scomposti e sudati che stonano con il bianco asettico che ci circonda. Un’infermiera mi impedisce di seguirla e io la supplico di lasciarmi andare. Le dico che non è stata colpa mia, è Bianca che ha distrutto tutto. La donna mi guarda con aria interrogativa e non mi capisce, ma in fondo come potrebbe? Solo noi potevamo…

Inutile dire che Isabella non è mai più tornata. Aveva ventidue anni quando è morta e per un po’ non c’è più stata né musica né colore. Michele l’ha seguita dopo qualche mese, e io ho reagito bruciando tutto quello che ci apparteneva, come per convincermi di non aver perso nulla.
Vivo ancora a Bologna ma cerco , inutilmente, di non pensarci più. Credo però che non getterò questa foto: in questo scatto siamo ancora giovani e sembriamo così felici… Non è giusto fingere di non ricordare eliminando qualcosa di bello. Ripongo la Polaroid nel cassetto nel quale l’ho trovata, pieno di vecchie carte e di alcuni appunti.
Di noi quattro solo io e Marco siamo sopravvissuti, ma a quale prezzo?

13 Comments

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  1. hidegkuti

    un racconto veramente… stupefacente!!! Mi viene il dubbio se sia o meno una storia reale, magari vissuta in prima persona… di sicuro si vede che l’autore conosce bene l’argomento!

  2. Serena

    Grazie per questo commento!
    Io ho solo scritto il racconto e ho visto diversi film inerenti al tema,come “Trainspotting” o “Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”… Ovviamente, ho ascoltato diverse canzoni riguardanti il tema della droga come “Heroin” dei Velvet Underground…
    I film e la musica mi hanno aiutato molto!

  3. Santiago

    Una volta mi hanno operato, e ho conosciuto Anastasia. Poi i dottori me l’hanno tolta, ma Anastasia era la ragazza che mi faceva dormire, l’adoravo, ma per me è stata sempre una puttana perché entrava nelle vene di tutti, per cui non ho sentito la sua mancanza.

    Ecco, comunque sia, volevo solo dire che se Bianca è un’allusione all’eroina allora il racconto è autentico, ma se è un’allusione alla cocaina, mi sembra un po’ esagerato. Ben scritto comunque sia. Saluti.

  4. claudio

    Leggerti e`come respirare, come correre in liberta`, come bere.
    Al di la`del contenuto, comunque efficace e sempre di attualita`, mi piace ed apprezzo sempre piu`il tuo modo di scrivere e di pensare.

    Grazie, mi regali un viaggio

  5. claudio

    Cara Scrittrice,

    il racconto crea una identificazione proiettiva perché coinvolge I SENTIMENTI CHE OGNUNO DI NOI HA VISSUTO.
    Emerge la nostra nostalgia; un sentimento dolce, nobile e allo stesso tempo un pò triste, che ci proietta su piani della vita che ci hanno costituito, formato, che hanno ordinato il nostro sguardo. E ricordare, meglio, guardare con gli occhi della memoria, fa bene al nostro presente che, inesorabilmente, diventerà esso stesso nostalgia. E cosa, meglio di un’antica fotografia, ingiallita e affascinante nel suo monocromatismo, mette in moto la memoria? Ecco allora che, in un oggi difficile e frenetico, fermarci a guardare angoli antichi della nostra città e della nostra anima, può portare un pò di sollievo alle nostre paure, di silenzio all’assordante rumore della vita, di grande gioia interiore. E’ l’arrivo, sereno, della maturità che attraverso la nostalgia e il ricordo permette alla nostra personalità, così cambiata e, insieme, così desiderosa di restare sé stessa, per sempre !

    Molto bello, mi ha commosso.

    Ciao, Max

  6. Serena

    Che cosa posso dire a parte grazie?
    Sono dei commenti molto interessanti e vi ringrazio tantissimo.
    La scrittura è un viaggio, scrivere è “correre in libertà”. Grazie davvero.

  7. Serena

    Antonella, grazie per il tuo commento!
    Lo apprezzo molto!
    Non ti preoccupare Santiago, anzi scusa il ritardo della mia risposta. Bianca, in questo caso, fa riferimento alla cocaina.

  8. santiago

    Scusa la franchezza, ma è troppo esagerato.

    per scrivere questo racconto ti sei basata su “Trainspotting”, “I ragazzi dello zoo di Berlino” e canzoni come “Heroin”. Allora perché Bianca è un’allegoria alla cocaina se quelle opere citate fanno riferimento all’eroina?

    la cocaina genera una dipendenza diversa e ha degli effetti diversi. Mentre l’eroina è un derivato dell’ oppio, la cocaina deriva dalla foglia di coca. Una, in sostanza, ti addormenta, l’altra ti sveglia. Non so se mi spiego.

    Così sembra che tutte le droghe siano uguali, al di là del fatto che facciano male o no, bisogna distinguerle. Allora tanto valeva chiamare il racconto Maria e far si che fosse un’allegoria al Popper.

  9. Serena

    Non sono d’accordo con te.
    Ho trovato opportuno scrivere in questo modo e l’ho fatto.
    Ovviamente, puoi non essere d’accordo.

  10. Serena

    Penso, soprattutto, di poter scrivere quello che voglio, rimanendo fedele all’argomento dele mese.
    Ho voluto parlare di cocaina e l’ho fatto, punto.

  11. santiago

    guarda che non ti devi giustificare, e che io possa o non possa non essere d’accordo è una banalità, certo che posso non essere d’accordo ed infatti sono in disaccordo.

    Vogliamo ora passare ad argomentazioni più efficaci e migliori?

    Ti ho fatto notare che gli effetti delineati nel racconto sono gli effetti provocati dall’eroina, la prova, oltretutto, sta nelle fonti in cui ti sei basata: tutte quante fanno riferimento all’eroina. Sulla base di queste argomentazioni ti dico che il racconto è esagerato e tu mi rispondi:
    – non sono d’accordo.
    – ho voluto parlare della cocaina e l’ho fatto. punto.

    Te lo dico in altre parole: anche se non sei d’accordo, resta il fatto che tu non hai parlato della cocaina, ma bensì dell’eroina. Poi prendi questa mia critica come vuoi, puoi sniffarla o iniettarla (nel primo caso sarebbe coca, nel secondo eroina). Basta che tu lo sappia.

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