Novilunio


Morfeo ha fatto visita a tutti i miei coinquilini ma si è dimenticato di me.
È notte fonda e io, insonne, non ho ancora abbassato “le saracinesche dei negozi sui miei occhi”, come canta Vasco Brondi in una sua celebre canzone.
Di solito non sono inquieta di notte. Le ore passano e non me ne accorgo, presa come sono a leggere o, nel migliore dei casi, a scrivere quello che mi passa per la testa.
Ma questa volta è diverso. Questa volta sono in attesa.
La casa è immersa nel silenzio più assoluto e l’unico rumore che riesco a percepire è il respiro profondo del mio coinquilino che si è addormentato sul divano. La completa assenza di suoni peggiora il mio stato di inquietudine e così decido di uscire. Il bisogno di muovermi sta diventando forte e restare ferma mi fa sentire ancora più in ansia. Indosso il primo vestito che trovo nel buio della stanza. Prendo un taccuino e una penna e li infilo in fretta nella borsa, assicurandomi di avere con me il mio vecchio lettore cd, perché io l’iPod non so nemmeno come funziona. Apro lentamente la porta della  camera e supero la cucina cercando di non fare rumore.
Sto per raggiungere il mio obiettivo. Sono davanti alla porta d’ingresso quando, improvvisamente, sento il pelo morbido di Clio, il gatto del mio coinquilino, che mi accarezza dolcemente la caviglia sinistra. Le sorrido e mi porto l’indice destro alla bocca come per dirle di fare silenzio. Mentre Clio si allontana apro la porta richiudendola senza fare rumore.
Scendo le scale di corsa perché ho bisogno di allontanarmi al più presto da questo posto, e appena fuori casa sento che la notte mi sta aspettando.
Voglio che il suo mantello nero mi inghiottisca per sempre.
Voglio illudermi che il giorno non arriverà mai.

Per pura fortuna riesco a prendere l’ultimo autobus e, appena salita, noto sul volto dell’autista una punta di sorpresa nel vedermi sveglia a quest’ora.
«Non è sicuro per una ragazza girare da sola, per giunta di notte, in una città come questa!» mi dice irritato, ma io lo sento appena, assorta come sono nei miei pensieri. Mi siedo negli ultimi posti, i miei preferiti, e da lontano sento l’autista borbottare qualcosa sulla sicurezza e sui giovani di oggi che non hanno più rispetto di niente. Ignoro le sue parole e decido di ascoltare un po’ di musica. Questa notte la mia vita cambierà ed è giusto inaugurare il cambiamento con la musica giusta. Premo il tasto Play ed ecco la voce di Fever Ray che inizia a cantare:
“Sussurro/ Giorno, tieni le strade vuote per me.”
Il caso ha scelto proprio la canzone giusta: l’autobus attraversa come una fantasma strade completamente vuote. Osservo dal finestrino le persone che popolano la notte e fra queste riconosco alcuni vecchi amici e compagni di corso. Sorrido, chiedendomi che cosa penseranno quando non mi vedranno più a lezione. Forse proveranno a cercarmi e non trovando risposta si dimenticheranno di me. Cerco di eludere questo pensiero osservando alcuni giovani che ridono e scherzano bevendo litri di birra in un bar. Sembrano felici, l’alcool sta facendo effetto e scopro di invidiare la loro leggerezza perché in questo momento ne avrei bisogno. Vedo due ragazzi all’esterno di un pub che approfittano del buio per stare da soli. Lui sussurra qualcosa all’orecchio di lei e la ragazza per ringraziarlo lo abbraccia. Vedo un uomo di mezza età che cammina sotto i portici con una bottiglia di vino in mano e mi chiedo dove stia andando. Perché non approfitta anche lui del buio per stare con la persona che ama? La sua andatura è sicura e sembra che sappia perfettamente dove vuole andare.
E io? Io so dove sto andando?

L’autobus continua a correre nella notte e le luci della città mi ipnotizzano e mi ammaliano.
È in questo preciso momento che mi rendo conto di quello che sto per fare. Solo ora capisco che sto andando dalla parte sbagliata. Voglio urlare all’autista di fermare l’autobus. Voglio correre via, voglio tornare a casa.
Mentre questi pensieri si dibattono rumorosamente nella mia testa, mi rendo conto che la prossima fermata è la mia. Mi tolgo in fretta le cuffie e raccolgo la mia borsa dal sedile. Il mio viaggio termina qui.

Appena scesa, riconosco nel buio la sua figura esile aspettarmi davanti la sua macchina.
Non devo fare nulla: solo pochi passi e presto sarò lontana da questo posto che non mi ha mai voluta capire. Presto io e lui ce ne andremo. Devo solo attraversare la strada. Era questo che volevo, no? Andarmene via ed essere felice. Mi ripeto queste parole ma non riesco a vincere la mia immobilità. Sono completamente bloccata, i miei piedi sono incollati all’asfalto. Mi ordino di camminare, ma il corpo non reagisce.
Avanti Lara, pensa alle promesse che vi siete fatti. Viaggerete in tutto il mondo senza mettere radici in nessun posto. Colorerete la vostra vita con il “caos dei problemi” come dice la vostra canzone preferita.
Le vostre notti saranno più belle dei vostri giorni.
Saranno cariche di parole e di colori.
Piene di balli infiniti e di musica. E allora perché rimango ferma?
È lui il primo a muoversi. Vuole raggiungermi ma alla fine rinuncia. Mi osserva deluso per pochi secondi e alla fine sale in macchina. Non ho nemmeno il tempo di rendermi conto di quello che è successo che lui è già scomparso nel buio. Perché non mi sono mossa? Che cosa farò ora?
Le prime luci del giorno stanno prendendo il posto del buio e nonostante io sia rimasta completamente da sola non ho paura.
Decido di smettere di cercare le risposte alle mie domande.
Riprendo il mio lettore cd in mano e questa volta la canzone la decido io.
“There is a light that never goes out” inizia e Morrissey canta per me.
“Portami fuori stanotte/ Portami dove vuoi, non ha importanza/ Viaggiando in auto con te/ Mai e poi mai vorrei tornare a casa/ Perché una casa non ce l’ho…”

Mentre mi incammino godendomi gli ultimi istanti di questa notte, con la testa piena di musica, mi chiedo se in qualche luogo di questo mondo la mia casa esisterà mai, un giorno o l’altro…

11 Comments

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  1. claudio

    E` splendido, un racconto diretto, immediato, efficace, che mi lascia senza fiato, con un nodo in gola. Bellissimo, mi e`piaciuto tanto

  2. Elly

    Profondo,chiaro ed incisivo! Mi fa pensare a tutte le persone che dicono di voler scappare chissà dove…senza pensare che quel posto si trova proprio dentro di Noi.Grazie Serena per questo stupendo racconto!

  3. Serena

    Grazie per i commenti! Sono contenta che l’articolo vi sia piaciuto! In una notte possono cambiare tante cose, e a volte si può anche scegliere cosa fare nella propria vita… Grazie ancora!

  4. Enrico

    Molto bello davvero! Scritto in modo schietto, ma allo stesso tempo profondo.
    Forse se ci pensiamo è come dici Tu: sono poche notti a cambiare il nostro destino molto più dei tanti giorni che “viviamo” freneticamente.

  5. antonella

    la casa è dove il tuo cuore riposa in pace e si sente asuo agio ,la casa è dove puoi essere testesso ,amaree sognare ricordarti che c’è tanto da fare e che non siamo nati per pensare solo anoi nessun uomo e un isola ogni campana suona per te .continua ascrivere serena.

  6. martina

    fantastico sere,va dritto al “lato oscuro” del cuore..quello che prende il sopravvento di notte e ci fa desiderare di scappare il più lontano possibile dal letto caldo in cui ci troviamo..brava!

  7. T

    Bello, ma molto basilare. Ma d’altronde qualcosa di autobiografico è essenziale per iniziare.
    Pensa Sere, alle 11 di sera mi metto a leggere certe cose, bah…

  8. S.

    “Un libro aperto è anche la notte”.

    Ricordo molto bene il periodo nel quale scrissi “Novilunio”. Sono particolarmente legata a questo racconto, non so perchè…
    T,grazie per il tuo commento.

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