Pretty Nice Girl – XVIII – Cocktail Party


Il giorno dopo è martedì e in ufficio c’è la solita routine. Barbara però, è malata quindi mi tocca fare colazione da sola. Non ho ancora incontrato Jack, è fuori fino a giovedì e la cosa mi rilassa molto: almeno posso rimandare i momenti di imbarazzo in cui sarà evidente che io so tutto della sua relazione clandestina con Amanda e lui non vorrà che la cosa trapeli. Temo che ci toccherà arrivare ad un confronto perché lui si senta sicuro che non mi farà sfuggire niente con nessuno…che strazio! Queste, tra l’altro, sono proprio le tipiche gaffe da me: se c’è qualcosa che non devo dire, mi scappa, non c’è verso. E ora, da questo dettaglio deve dipendere la mia carriera, che cosa ingiusta!

Mentre inserisco i soliti noiosi dati di vendita nel computer, mi balena in testa che devo chiamare Emma, è stata troppo strana perfino per i suoi strampalati standard, l’altra mattina. Questa sera, mentre torno a casa…devo assolutamente ricordarmene.

E invece non me lo ricordo e il resto della settimana scorre troppo velocemente perché io riesca davvero a prepararmi per la partenza.

Il weekend vola via, rapido come la settimana, passiamo quasi tutto il tempo con Becky a pianificare il suo soggiorno parigino, a prenotare low cost per andare a trovarla appena si sarà insediata nel nuovo appartamento che, per inciso, deve ancora iniziare a cercare. Colin deve lavorare entrambi i giorni e ci vediamo per una cena rapida e molto tarda il sabato sera. Lui è stanco e teso e io un po’ distratta dall’idea della partenza di Brad.

Domenica accompagno Zoe al vernissage di un’amica della madre. Una cosa iper noiosa, piena di vecchietti muffiti. Anche Zoe ha l’aria molto stanca.

“Deve essere stata proprio una settimanaccia!” La apostrofo quando siamo sole davanti ad un’orribile tela color senape.

Lei mi guarda, un po’ disorientata. Poi si volta di nuovo verso il quadro.

“Sì, beh…abbiamo un sacco da fare in galleria, te l’ho detto.”

Però non mi convince…ha qualcosa. Ora che ci rifletto, Zoe ha questo qualcosa da un po’ di tempo.

“Zoe – le sfioro il gomito – cosa c’è?”. Zoe si volta e mi accorgo che ha gli occhi lucidi.

“Andiamo via di qui, ti va?”

Certo che mi va.

Recuperiamo le giacche e usciamo. L’aria fredda mi scuote. Per un po’ camminiamo in silenzio, finché non incontriamo un pub e Zoe mi fa cenno di entrare.

Ordiniamo due birre e dopo il primo sorso lei inizia a parlare.

“Credo che Will mi tradisca.”

Oddio.

“Zoe, ma che dici?!”

Lei scuote la testa.

“Lo penso da un po’ e, Phi: credo che Will abbia una storia con un’altra.”

Addirittura. Una storia, addirittura!

“È una sensazione…cioè, era una sensazione ma due settimane fa ero da Will e ho risposto ad una chiamata sul suo cellulare perché lui era in bagno a rilassarsi, sai è stressato con tutto il lavoro che ha…insomma, appena ho preso la comunicazione, prima che potessi dire che Will non poteva rispondere dall’altro lato qualcuno ha strillato un “tesoro mio!”. Capisci?! Tesoro mio! E quando ho chiesto “ma chi parla?!” Ha riattaccato.” Zoe fa una pausa e prende un altro sorso di birra. Io non ho il coraggio di dire niente.

“A quel punto, capisci, avevo il telefono in mano. Lui stava facendo il bagno…so che è un po’ vile ma…ho fatto uno screening dei messaggi e andando moooolto indietro ho trovato il messaggio di un numero sconosciuto che faceva riferimento ad una certa serata…” Mi guarda. “Phi, ho copiato il numero e la data del messaggio. Mi sentivo morire. Una cosa del genere non mi era mai successa, mai, capisci?! Non potevo rimanere lì! Ho bussato alla porta del bagno e ho gridato a Will che mi aveva chiamato mia madre e dovevo raggiungerla immediatamente e sono scappata. Appena in strada ho cercato una cabina e ho richiamato il numero.”

Oddio.

“Phi, la voce era la stessa.” Zoe è molto pallida mentre racconta. Io muta e inebetita. Will…il ragazzo perfetto della mia perfetta migliore amica…

“Ma…gli hai chiesto…?”

“No.” La risposta è secca. “Non gli ho chiesto niente ma lo so. Sono cose che si capiscono e io non sono stupida.”

“No che non lo sei…”.

Rimaniamo in silenzio e io provo a prendere le mani di Zoe, sopra il tavolo ma lei si ritrae. Dopo un po’ mi guarda e sorride.

“Ok, l’ho detto. È la prima volta che racconto questa storia a voce alta. Credo che mi abbia fatto bene.” Poi sorride. “Immagino che mi aspetti un Natale faticoso.” Conclude e dà un altro lungo sorso alla birra.

La serata si esaurisce davanti alla televisione. Colin non riesce a passare perché, evidentemente, quando hai un lavoro di grido e appagante quello di fine settimana risulta un concetto sopravvalutato.

Il lunedì in ufficio è un tripudio di notizie, alcune belle, altre meno. Intanto Josh mi comunica, in anteprima, la formidabile notizia di aver accettato il lavoro alla Tin Beef comesichiama e io so già che passerò i prossimi giorni pregustando il momento in cui deciderà di comunicarlo a Robert.

Invece a Barbara è arrivata una lettera con avviso di trasferimento in un altro ufficio. La spediscono alle relazioni con il pubblico, ovverosia, al call center della Global, una mostruosa retrocessione rispetto all’Ufficio Comunicazione Istituzionale, dove attualmente si trovava. Sono, ovviamente, molto dispiaciuta, anche se non riesco a togliermi dalla testa che buona parte della responsabilità sia da imputare ai suoi modi di fare strampalati e ai suoi comportamenti antisociali.

Se non altro, la prossima settimana Robert è in ferie e qui riprenderemo a respirare più liberamente.

Ora che Bradley non mi telefona più (le chiamate di Colin non riescono nemmeno lontanamente a compensare, come quantità e durata, quelle del mio scalcinato amico) devo dire che le ore passano più lente. Incredibilmente, però, a metà settimana mi arriva una sua mail che mi informa che la casa editrice proprietaria della libreria dove lavora sta assumendo giovani editor, pare, senza esperienza.

Sarà una di quelle fregature per cui alla fine ti offrono uno stage di tre mesi per correggere bozze e infilare fogli nel tritadocumenti tra luglio e settembre ma invio comunque il curriculum. In fondo, il solo fatto che Bradley mi abbia pensato, vista l’aria che tira, mi pare un buon segno.

Venerdì decido di concedermi mezza giornata di permesso (provocando dei chiari travasi di bile a Robert) e vado dal parrucchiere per un trattamento completo. La sera chiudo la valigia e mi predispongo spiritualmente alla trasferta di domani.

In effetti, non vedo Colin da quasi una settimana perché ha dovuto lavorare intensamente e l’idea di incontrarlo direttamente a casa dei genitori di Zoe domani mi inquieta un po’, o almeno non mi fa sentire del tutto a mio agio. Vabbè, poco male, ci sarà comunque Zoe.

L’appuntamento è alla stazione di St Pancras alle 9, il treno parte alle 9.30 e impiega meno di due ore fino a Derby. Lì dovrebbe venire a prenderci il padre di Zoe (più facilmente, il giardiniere) con l’auto, per accompagnarci fino a casa dei suoi genitori, nei pressi di Thorpe. Prendiamo un caffè al volo, davanti al binario, e saliamo sul treno. Io sono emozionatissima, Zoe è cupa e silenziosa, che, in generale, per essere le 9 e mezza di mattina, è comprensibile ma, considerato lo scopo diportistico del viaggio, mi fa riflettere.

Lo scorso lunedì, dettaglio non del tutto insignificante, Zoe ha mollato Will. Con grande classe, devo dire, ha saputo gestire la costernazione di Emma e le domande angosciate della madre. Senza considerare il suo piccolo cuore infranto. Per quanto, mi chieda se davvero un tipo come Will fosse in grado di spezzare il cuore di una come Zoe, dopo tutto. Mentre il treno lascia la stazione mi comunica, lapidaria, che non sarà tra i fortunati membri della congrega, stasera al cocktail dei Padmington. Nonostante lo shock, incasso l’informazione con stupefacente eleganza: in fondo, lo immaginavo e non potrei mai insistere per farla venire e correre il rischio di imbattersi in quell’essere disgustoso di Will che, arrivista com’è, sono certa di incontrare stasera.

Dopotutto non ho bisogno della balia anche se, alla fine, con Colin – e questo deve essere il massimo dell’avanguardia snob – abbiamo stabilito che ci vedremo direttamente alla magione, visto che lui stamattina lavora e partirà in auto, uscendo dallo studio.

Saprò cavarmela, ho il vestito giusto. In effetti, ho una valigia di vestiti giusti. Le cose importanti, a quanto pare, sono altre: stasera indosserò uno strepitoso abito di Burberry’s bordeaux, arricciato davanti e con maniche a tre quarti, comprato apposta per l’occasione.

Comunque, il viaggio in treno attraverso la campagna è molto poetico, nonostante il clima burrascoso e dopo un rapido sonnellino, o almeno così mi sembra, sono in auto con Zoe e Joseph (giardiniere tuttofare dei genitori) mentre ci dirigiamo verso casa dei suoi.

I genitori di Zoe ci accolgono con calore (il padre) e compostezza (la madre): ovviamente sanno della rottura con Will e, decisamente, non sono i tipi da fare tragedie per un avvocatucolo qualunque che smamma. Anche se lady Ravenshaw non mi sembra ciarliera come al solito.

È una giornata piovosa e pranziamo in casa. Nel pomeriggio Zoe mi aiuta a prepararmi, intorno alle 17 insiste per accompagnarmi fino alla casa dei Padmington, è quasi mezz’ora di macchina ma lei non sente ragioni.

“Guidare mi distrae.” Si limita a dire. E partiamo.

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