Malelingue


Federica fissava immobile la lunga fila di campanelli dell’alto palazzo di periferia, senza il coraggio di premere nessun bottone.

Con il borsone della palestra ancora in mano e i capelli tutti spettinati, pensava a come quell’incontro avrebbe da quel momento in poi cambiato la sua vita.

Erano le sei di pomeriggio e il cielo primaverile si era rannuvolato come il suo sguardo, offuscato dalle incertezze e dai ricordi.

Trovò finalmente la forza di suonare.

Le rispose una voce maschile, lei fece il suo nome e il pesante portone di alluminio si aprì. Osservò le scale sapendo che avrebbe dovuto percorrerle fino all’ultimo piano, prese fiato e cominciò a salire.

Qualcuno l’aveva vista. Sua madre quella sera le chiese spiegazioni.

Federica disse di essere stata da un’amica, con il cuore appesantito dalle bugie e dalle scoperte di poco prima.

Lei volle fidarsi, “non dirò niente a tuo padre per questa volta”.

Federica tornò in quell’appartamento all’ultimo piano molte altre volte.

Il segreto racchiuso tra quelle mura pallide iniziò a farsi più profondo e allarmante.

La presenza di quell’uomo che tanto le era mancato la portò ad isolarsi dai suoi coetanei per trascorrere con lui più tempo possibile. Si davano appuntamento quando sapevano che sarebbero stati soli, sua moglie non ne sapeva nulla.

Questo fatto insospettì il vicinato, che aveva cominciato a studiare i movimenti di quella allegra ragazzina dagli occhi di smeraldo. Qualcuno fingeva di non averla vista, qualcun altro puntava il dito e s’indignava, altri ancora avevano deciso che quella storia doveva finire al più presto.

Così suo padre venne a saperlo, ma Federica negò ogni cosa. Non poteva dire la verità.

Accettò le ingiurie, le prese di santa ragione e rimase ancora in silenzio. Chiusa nella sua cameretta e costretta a restare in casa per intere settimane, fantasticava speranzosa sul momento in cui sarebbe di nuovo potuta uscire e avrebbe ripreso i suoi incontri.

Non sapeva però che fuori da quelle mura familiari le malelingue avevano ormai appiccato un incendio verbale, che stava bruciando ogni possibilità di poter far valere la sua versione dei fatti, e che aveva portato quell’uomo additato da tutti a trasferirsi in un’altra città, prima ancora che potesse salutarla.

Federica pianse a lungo quando scoprì di averlo perso di nuovo e quando seppe inoltre cosa avevano pensato di lei che, a soli quindici anni, frequentava abitualmente un uomo tanto maturo.

Non rivelò a nessuno che quell’uomo era in realtà suo padre, un padre che nemmeno sapeva della sua esistenza prima che lei, con coraggio e caparbietà, non era andata a bussare alla sua porta per raccontargli quanto aveva scoperto casualmente frugando tra gli effetti personali di sua madre.

Era stato come un fulmine a ciel sereno per entrambi, ma aveva permesso loro di assaporare in poche settimane quello che per anni non avevano avuto.

Federica non disse mai la verità ai suoi genitori, né cercò più di rintracciare quell’uomo, il quale a sua volta preferì salvare la propria reputazione e il proprio matrimonio.

Il tempo trascorso insieme rimase per entrambi il ricordo più bello e più doloroso che avessero, un ricordo da custodire e difendere, da mantenere intatto ma allo stesso tempo celato nel profondo del cuore.

E a tutte le malelingue che l’hanno chiamata “sgualdrina” Federica va incontro a testa alta e con il sorriso sulle labbra. A chi vede il male in ogni cosa non si può insegnare il bene, ma lei conosce il ruolo che ha avuto e sa quale parte deve recitare ora: quella di se stessa, a dispetto di tutto e di tutti.

Forte di questa esperienza, diventerà la donna che sua madre non ha saputo essere.

 

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