Pretty Nice Girl – IV – Colin


Gli altri sono rimasti indietro e non aprono bocca, io mi sento le guance in fiamme e un doloroso groppo in gola mi avvisa che sono a rischio lacrime. Zoe si avvicina e mi mette un braccio intorno alle spalle.

“Su, su…” mi dice “È stata una serata disastrosa…tu non c’entri niente”.

Invece c’entro, lo so.

E credo che rimpiangerò di aver convinto Brad ad uscire per molto tempo.

Will si offre di scortarmi a casa con la sua macchina, io rifiuto ma Zoe e Rebecca sono irremovibili. Solo, prima mi chiedono se mi dispiaccia fare un salto all’Ivy: lo studio dove lavora Will ha organizzato una piccola festa in una delle salette del club per celebrare la vittoria in una causa complicata. Preferirei andarmene a letto, ma non ho la forza di mettermi a discutere di nuovo e mi lascio trascinare.

Tanto, dicono, è una questione di minuti: il tempo di farsi vedere e bere un drink.

Arriviamo all’Ivy che è passata la mezzanotte. Già fuori si percepisce un’aria di esclusività che mi infastidisce. Odio questi circoli chiusi, reami di gente snob,  e sopporto ancora di meno il sottobosco sociale che gli ronza intorno disposto ad essere continuamente valutato e giudicato per venire ammesso anche soltanto fugacemente nella cerchia degli eletti.

Noi, grazie al cielo, saltiamo i convenevoli perché Will è sulla lista degli invitati dello studio Padmington&Clark. Casomai ne avessimo avuto bisogno, comunque, Zoe e Rebecca sembrano conoscere praticamente tutti ed è un tripudio di saluti e baci ancor prima di varcare la soglia. La saletta riservata dallo studio è al primo piano del locale e, per fortuna, è più tranquilla della sala principale: ci sono divanetti tutto intorno e un piccolo bar ben fornito dove è possibile servirsi senza troppe cerimonie.

Un drink, stasera, mi ci vuole proprio.

In pochi minuti perdo di vista Will e Zoe e con Rebecca ci avviciniamo al tavolo dei rinfreschi. Rebecca ordina due cocktail e me ne passa uno: bevo e mi sembra fortissimo. Devo aver fatto qualche smorfia buffa perché Becky si mette a ridere e mi trascina su uno dei divani. Non mi piacciono i superalcolici, non riesco nemmeno a sentirne il sapore, sono convinta che servano solo ad ubriacarsi e, per questo, mi fanno tristezza; però stasera svuoto il mio bicchiere in fretta e mi faccio preparare un altro cocktail di un bel rosa acceso.

La musica è solo un pacato sottofondo e – devo riconoscerlo – è piacevole. Rebecca mi racconta di quanto il nuovo lavoro nell’atelier dell’amica di sua madre la entusiasmi. Lei sogna di fare la stilista da quando è una bambina e ha studiato apposta per riuscirci: è una delle poche, tra le persone che frequento, che fa quello che desidera, senza patemi e nevrosi: l’ammiro molto per questo.

E la invidio.

Quasi tutti i vestiti che ha li ha cuciti da sola e Rebecca è tutt’altro che povera.

Mentre mi aggiorna sulla sua carriera, una ragazza dall’aria simpatica si avvicina e le schiocca un sonoro bacio sulla guancia. A quanto pare è una vecchia compagna di scuola di Becky e la invita a raggiungere un gruppetto di ex studenti dello stesso istituto che fanno chiasso pochi divani più in là. Rebecca si alza e mi dice di seguirla e io lo farei anche ma le gambe mi si sono fatte pesanti e comincio ad avere un gran sonno quindi rimango sprofondata nel mio cuscino d’angolo mentre la osservo sparire tra la folla e le luci soffuse. Che poi qui sono tutti eleganti mentre io con questo completino da maestrina di provincia…Mentre mi torna in mente la battuta di Bradley sento lo stomaco contorcersi. Ma perché si è comportato così?

Devo essere davvero molto avvilita perché ad un certo punto ho la sensazione che un uomo mi stia parlando e mi rendo conto di non aver capito una parola.

“Scusi?” Esclamo a voce troppo alta.

“Dicevo, nulla può essere tanto grave da meritare quell’espressione triste!”

“Già, infatti non è grave, spero…” Sorrido incerta. Ho bevuto troppo.

L’uomo si siede sul divano

“Posso?”

È un bel tipo, occhi castani, riccioli scuri, alto e ha un sorriso niente male…Sta di nuovo parlando, devo concentrarmi.

“Lei non lavora per Padmington & Clark.” Mi dice, avvicinandosi per farsi sentire, forse pensa sia sorda. La sua non è una domanda.

“No, no!” Confermo io, forse con eccessiva enfasi.

“È avvocato presso un altro studio?”

“No, io…non sono un avvocato. Lavoro nel marketing…ehm…alla Global.”

Beh, più o meno.

“Ah, così lei è una creativa!” Esclama “Meglio così: gli avvocati sono talmente noiosi…” Sorride.

“Già! Così noiosi…”

Annuisco con vigore e lui ride di nuovo. È proprio carino.

“Viene spesso all’Ivy? Non mi sembra di averla mai vista…me ne ricorderei. E comunque questo posto non è molto frequentato dai giovani…”

Cos’è questo, un complimento o una presa in giro? Mi sta dicendo che sono giovane e bella o che sono una ragazzina?

Ragazzina: il modo in cui l’ha detto Brad ancora mi risuona nelle orecchie e mi fa infuriare.

“Non vengo mai in questo posto!” Rispondo un po’ aspra “E posso dirle che non mi piace affatto!”

“Ah mi dispiace…” Fa una faccia delusa e io mi sento una maleducata, magari l’ho offeso, magari lui in questo posto ci viene tutti i venerdì sera e rimorchia le ragazze imbronciate con quella sua aria affascinante…Dovrei darmi un contegno ma i due cocktail si fanno sentire.

“Beh, non è che proprio non mi piaccia, è che preferisco andare in posti meno…esclusivi.” L’ultima parola la sussurro appena.

“Meno cosa?”

“SNOB!” Grido all’altezza del suo orecchio.

Mi fissa e scoppiamo a ridere.

“Le andrebbe di bere qualcosa?”

“Veramente non dovrei, come vede sto già bevendo e non reggo bene i superalcolici…”

“Nemmeno io amo i superalcolici.” Sembra sorpreso ma mi strizza l’occhio “Accetterebbe di bere qualcosa, se riuscissi a trovare due bicchieri di champagne per noi?” Sorrido e lui sembra prendere il sorriso per un “sì” perché si alza e sparisce.

Mentre aspetto mi guardo intorno: qui c’è un mucchio di gente sofisticata…ma perché non mi sono messa la gonna di Mark Jacobs con lo spacco? Sento qualcuno sfiorarmi il gomito e mi volto per accettare il mio bicchiere di vino. E’ Rebecca.

“Non sono vestita in maniera appropriata!” Esclamo.

“Ma che dici, Ophelia, a chi credi che importi come sei vestita? E poi stai un amore, questa è la gonna di Goulda che abbiamo preso insieme?” Si intromette Zoe.

Annuisco delusa, il mio paladino mi ha mollato da sola.

“Stiamo andando, Will si è sganciato, finalmente.” Mi tira per farmi alzare.

Ci incamminiamo verso l’uscita e Will ci viene incontro sorridendo. Mi porge il cappotto e aiuta Zoe a rinfilare il suo. Mentre mi abbottono sento una voce alle spalle: “Se lo champagne non andava bene, bastava che lo dicesse.” Mi volto e il mio misterioso compagno di divano è lì davanti con in mano due coppe appannate.

“Va via senza nemmeno salutarmi?” Mi porge un bicchiere “Almeno un brindisi?”

“No, mi scusi è che sono con questi amici e mi accompagnano a casa…” Accetto la coppa, è ghiacciata.

“Allora, ad Ivy!” Sorride.

Sorrido anch’io e bevo un sorso.

“Ophelia…Oh, Colin, buonasera, non pensavo venissi…”

“Si, alla fine sono passato, in fondo è stata una vittoria importante per lo studio. Stavo per l’appunto facendo conoscenza con la tua graziosa amica, William.”

“Certo, non vi conoscete! Ophelia Schneider, lui è Colin Padmington dello studio Padmington&Clark. Ophelia è una cara amica di Zoe…”

“Bene, è stato un vero privilegio parlare con lei, Miss Schneider.” E dicendo questo, si china a farmi – ommioddio – un baciamano!

Per poco non svengo mentre cerco un vassoio cu cui appoggiare il bicchiere.

“Spero che avremo modo di replicare, in circostanze meno…stringate.” Sorride. “Buonanotte.”

“Sì, beh, grazie per il brindisi. Buonanotte” Giro sui tacchi e infilo la porta.

Grazie per il brindisi?! Sono veramente una paleolitica – penso mentre monto in macchina con Rebecca che mi fa da navigatore mentre Will mi scorta a casa.

“Hai fatto colpo, Phi…” Ridacchia Becky.

“Ma per favore! Quei due drink che mi hai fatto bere mi stanno uccidendo. E, di sicuro, non dovrei guidare!” Sbotto e non dico più una parola fin sotto casa.

Ho una strana sensazione, stasera.

Mi strucco alla velocità della luce e vado a letto. Per inciso, se potessi sperare che il mio senso di colpa mi lasciasse sopravvivere, eviterei volentieri di perdere 5 minuti a struccarmi.

Per un po’, non riesco a dormire, nonostante il sonno e l’alcol: ho caldo, mi sento oppressa e ho anche un po’ di nausea. Oddio, mi sembra di sentir parlare Barbara.

Rimugino sugli eventi della serata: mi dispiace per Brad, domani preparo un dolce, così facciamo pace. Questo pensiero mi tranquillizza un po’ e, finalmente, dopo essermi alzata due volte per bere e per aprire la finestra, cado in un sonno profondo.

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