Speciale estate: psicologia e sport


E’ finalmente arrivata l’estate: sole, mare, sudore e zanzare tigre riempiono le nostre giornate. Immaginate ora la sottoscritta in ferie: desiderosa di andare al mare, è in realtà sommersa da scatoloni del trasloco e mobili Ikea ancora smontati. Cosa potrebbe fare per passare il tempo senza un euro in tasca? L’illuminazione arriva montando uno scaffale: un po’ di sport. Ma cosa pensa dello sport la Grande Madre Psicologia (detta anche GMP)? La risposta si può trovare nel piccolo grande mondo della psicologia dello sport.

Psicosciamano dello sport

Il nostro psicosciamano sembra confuso su cosa sia lo psicologo dello sport: non è il terapeuta degli sportivi! (Grazie al fumettista di notte Guzio!)

E’ proprio così, la psicologia, tra le altre cose, si occupa anche di sport: esistono, infatti, gli psicologi dello sport che lavorano con singoli atleti e squadre sia a livello amatoriale, sia a livello professionale e agonistico di alto livello. Quando vi dico che gli psicologi sono ovunque, non è uno scherzo: li troverete anche negli staff tecnici delle vostre squadre preferite o dietro la preparazione degli atleti alle Olimpiadi. Insomma, quando la vostra squadra del cuore vince una partita, o l’atleta preferito vince una medaglia d’oro, probabilmente dietro a quel successo c’è anche uno psicologo. Dura da digerire, vero?

Nel mondo dell’agonismo, dove per l’atleta lo sport praticato è tutto (compreso il suo stipendio), è fondamentale che chi gareggia sia al massimo delle sue potenzialità non solo fisiche, ma anche mentali. Sciocchezze, diranno i soliti scettici, l’importante è essere preparati fisicamente, allenarsi tanto e arrivare alla gara in perfetta forma. Volete una prova di quando la preparazione mentale sia importante? Provate a leggere cos’è successo a Federica Pellegrini qualche anno fa: un semplice episodio di broncospasmo durante una gara ha provocato stati di ansia tali da portarla a non partecipare ad alcune gare successive. Non gareggiare vuol dire non vincere e non vincere vuol dire mettere in pericolo la propria carriera. Volete un altro esempio? La rinascita di Alex Schwazer dopo lo scandalo del doping.

La psicologia dello sport, però, non è solo al servizio dell’élite: è alla portata di tutti. Gli studi di questa disciplina, infatti, possono aiutare anche il corridore amatoriale che una volta l’anno corre la maratona di paese, oppure il karateka che arriva perennemente secondo alle gare contro la palestra avversaria. Alcune tecniche utilizzate dai professionisti possono essere adattate anche per gli sportivi occasionali. Un esempio? Le neuroscienze, grazie alle tecniche di “brain imaging“, ci dicono che immaginare un movimento, per il cervello, equivale a compierlo fisicamente: i neuroni attivati durante questo esercizio di “immaginazione”, infatti, si trovano proprio nelle zone del cervello dedicate alle capacità atletiche e fisiche. La prossima volta che il vostro amico vi sfida a tennis, sicuro di vincere, provate ad “allenare la mente” per una settimana, immaginando i movimenti che farete durante la partita: chissà che stavolta non lo battiate!

Informandosi un po’, sorge spontanea una domanda: ma perché non si sa niente sulla psicologia dello sport? Alzino la mano quanti di voi sapevano dell’esistenza dello psicologo dello sport. Persino nelle facoltà universitarie è raro trovare un corso su questa disciplina. In realtà, la psicologia dello sport è più antica di quel che si pensa: nel 1913 Pierre de Coubertin organizzò un convegno internazionale dedicato agli aspetti psicologici dello sport; dopodiché, nel corso del ‘900, si sono moltiplicati i corsi e le ricerche su questa bellissima disciplina. Al mondo esistono parecchie riviste scientifiche peer-reviewed sulla psicologia dello sport (come l’International Journal of Sport Psychology), così come alcune associazioni internazionali (per esempio l’International Society of Sport Psychology).

In Italia abbiamo un’avviatissima associazione, l’AIPS, una rivista scientifica (Giornale Italiano di Psicologia dello Sport) e qualche master di specializzazione dedicato agli psicologi, eppure lo psicologo dello sport è ancora una figura tabù nelle discipline sportive italiane, specialmente nel mondo del calcio. Alcuni casi di depressione e tentativi di suicidio da parte di calciatori professionisti sono finalmente arrivati all’attenzione della stampa (un esempio è il caso di Pessotto), focalizzando così l’attenzione sull’urgenza di un intervento sugli atleti che non sia solo di prestazione. Eppure, sono ancora poche le società che richiedono uno psicologo dello sport nel proprio staff tecnico.

Ahimé, la figura dello psicologo dello sport è così poco conosciuta che non esistono neanche stereotipi da distruggere, al contrario dello psicologo generico che ne ha da arredarci una casa. Questa figura è anche poco regolamentata a livello legislativo, per cui in giro per palestre si possono trovare figure professionali ambigue e poco chiare, sia nei loro compiti che nelle loro qualifiche: mental coach, counselor, life coach, forse anche qualche sciamano. Ma noi ci crediamo, e speriamo che tra qualche anno lo psicologo dello sport sia un po’ più conosciuto.

Datemi del lavoro da fare: create stereotipi sullo psicologo dello sport!

2 Comments

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    • Benedetta Giagnorio

      Ciao Giacomo,
      mental coach e psicologo non si annullano a vicenda: uno psicologo dello sport può essere anche mental coach se ha avuto una preparazione specifica. Purtroppo, queste figure lavorano in aree che spesso si sovrappongono e si confondono, per quanto la formazione delle due figure sia molto diversa. Un mental coach tendenzialmente proviene da una formazione sportiva/motoria e ha frequentato una scuola di coaching professionista, mentre uno psicologo dello sport è prima di tutto uno psicologo, quindi laureato in psicologia, e poi specializzato nell’area dello sport. Anche gli approcci di lavoro sono diversi. Non saprei dire se il mental coach della Pellegrini sia anche psicologo oppure no. Rimane evidente quanto il caso della Pellegrini sia un esempio di come il cervello sia tanto influente sulla performance sportiva quanto un corpo allenato.
      Spero di aver risposto e grazie per il commento!
      Benedetta

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