Le mani di Z – Il testamento doloroso di AkaB a un anno dalla sua scomparsa


Una tavola di Le mani di Z, di AkaB

(Credits: Eris Edizioni)

Il 14 agosto prossimo sarà una triste ricorrenza, il primo anniversario della morte di Gabriele Di Benedetto, in arte AkaB, fumettista, regista e videoartista milanese, spentosi all’età di 43 anni. Il suo ultimo lavoro per la nona arte è un graphic novel cupo, angosciante e intriso di dolore, come le opere a cui ci ha abituato l’autore. Si tratta de Le mani di Z, uscito per Eris Edizioni e Progetto Stigma il 26 giugno scorso.

A partire dalla copertina il romanzo grafico si presenta subito col suo lato oscuro. Sotto al nome dell’autore il titolo Le mani di Z emerge dallo sfondo nero con un bianco pallido, ad esclusione della consonante singola, che campeggia enorme al centro del volume, in un tono di nero più marcato. È chiaro fin da subito che Z è un personaggio senza evidenti sfumature, fatto di estremi contrastanti, come il bianco e il nero in cui è realizzato il fumetto.

Le mani di Z

(Credits: Eris Edizioni)

Z è dunque il protagonista della storia, un “giovane vecchio” con chiari disturbi psichici, che vive con l’anziana madre e ha perso il padre in circostanze tragiche. Egli è ossessionato dalla figura di Zorro, del quale possiede una notevole collezione di film, libri e vari oggetti. Indossando ogni giorno la maschera e il mantello dell’eroe di fantasia, entra letteralmente nel personaggio ed esce di conseguenza dalla realtà schiacciante che lo opprime quotidianamente.

Il tempo ne Le mani di Z

La sua è una vita cristallizzata tra le quattro mura casalinghe, scandita dall’onnipresente bombardamento di suoni e immagini che vengono da radio e tv. Le vicende de Le mani di Z sono ambientate in quegli anni Ottanta che hanno eletto a loro cavallo di battaglia la cultura pop, gli show televisivi, i telefilm. Ma sono anche gli anni della guerra in Kuwait e dei film horror d’autore che passano sullo schermo durante lo zapping sfrenato di Z.

Un'altra tavola realizzata da AkaB per il suo graphic novel

(Credits: Eris Edizioni)

L’intera storia si svolge su piani temporali differenti che naturalmente si intersecano nei ricordi. Le pagine a sfondo bianco coincidono con la narrazione presente, mentre le vignette su sfondo nero raccontano eventi, spesso angosciosi, del passato. La stessa sequenza dei capitoli è scandita dalle fasi del giorno: mattina, pomeriggio, sera e notte. Prestando attenzione alla programmazione televisiva che ipnotizza costantemente Z è possibile, per chi ha vissuto quel periodo storico, riconoscere i programmi e anche le pubblicità che venivano trasmesse in determinate fasce orarie.

Presente immobile e passato oscuro

Il tempo sembra quindi essersi fermato per Z, che vive un presente sostanzialmente sempre uguale, senza la minima speranza di un futuro migliore. Nel passato d’altro canto sono custoditi i pochi ricordi di Z, saldi e imponenti come macigni. Il primo, il migliore, l’immagine del seno prosperoso di sua madre in giovane età, angelo custode e vittima sacrificale allo stesso tempo. Il secondo, il peggiore, l’uscio aperto sulla stanza da bagno, il luogo della tragedia di suo padre, sormontato non a caso da un crocefisso.

Se lo scorrere del tempo sembra impossibile ne Le mani di Z, la soluzione più comoda è l’assunzione di farmaci per mantenere il controllo di una psiche provata da eventi funesti. In aiuto alla tradizionale medicina si pone la televisione, che funge quasi da inibitore di emozioni. AkaB rimarca più volte questo aspetto, criticando in maniera implicita la funzione dell’intrattenimento come elemento di controllo delle masse.

Ciò che risulta più inquietante è che gli eventi reali, filtrati dal tubo catodico, sembrano perdere di valore e senso e si pongono sullo stesso piano dei talk show o dei quiz.

Ancora una tavola tratta da Le mani di Z, di AkaB

(Credits: Eris Edizioni)

Alienazione e famiglia in Le mani di Z

Di certo la vita del mondo esterno non è in grado di influire sul disagio di Z, che ha costruito un muro invalicabile tra i suoi sentimenti e la realtà che lo circonda. Anche la vicina del terrazzo di fronte può essere intrattenimento per Z, proprio come un episodio televisivo, ma nulla lo aiuta a rallentare la sua caduta nelle tenebre dell’inconscio.

La famiglia è un colosso dal quale è impossibile estraniarsi in Le mani di Z. La madre martire che lo sostiene nel presente sembra essere l’unica ancora di salvezza del protagonista. Ma nei suoi sogni e nei suoi ricordi regna incontrastato il padre, assillato dalla pubblicazione di una sceneggiatura che potrà aiutare un fratello che ha subito un trauma non ben definito. La figura sinistra dello zio di Z sembra quasi preannunciare la tragica esistenza del protagonista, mentre un nonno «malato di cattiveria» viene solo citato come fosse un biblico monito.

“Solo sulle cose puoi contare”

Una tavola particolarmente forte di Le mani di Z

(Credits: Eris Edizioni)

Ogni personaggio in AkaB è privo di certezze e pieno di debolezze. Tanto che il padre di Z afferma che “Solo sulle cose puoi contare. Loro sono quello che sono. Non fingono. Se si rompono si aggiustano. E se non si aggiustano si buttano”. Infatti Z non vuole assolutamente che qualcuno tocchi le sue cose. Rischia una crisi isterica ogni volta che qualcuno disubbidisce a questo dogma. Gli oggetti sono più carichi di emozioni delle persone stesse.

L’inevitabile epilogo violento di Le mani di Z ci trascina a fondo nel vortice di dolore delle figure descritte da AkaB, gente comune toccata da eventi terribili e incontrollabili. Tutto passa attraverso le mani del protagonista, che compiono atti a volte sudici, a volte violenti e detengono il controllo sul telecomando del televisore, il grande medium della vita di Z.

La frase conclusiva del fumetto fotografa perfettamente l’essenza del graphic novel e sigla l’ultimo atto artistico di AkaB come un emblematico epitaffio.

“Ci stiamo effettivamente auto-distruggendo con una violenza mascherata d’amore”.

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