The man in the high castle – Le differenze tra serie tv e libro


Nel mese che abbiamo scelto di dedicare al tema della Resistenza, a pochi giorni dal 25 Aprile, non poteva mancare la recensione comparativa di un capolavoro della fantascienza letteraria e della serie tv che ne è stata tratta: The man in the high castle e La svastica sul sole.

Quest’ultimo è il titolo italiano del romanzo ucronico con cui nel 1962 Philip K. Dick raccontò un mondo dove l’Asse ha vinto la Seconda guerra mondiale, trasformato da Frank Spotnitz in una serie tv Amazon Prime uscita in quattro stagioni da dieci puntate ciascuna tra il 2015 e il 2019.

The man in the high castle e La svastica sul sole

A sinistra La svastica sul sole (Credits: Fanucci editore), a destra The man in the high castle (Credits: Amazon Prime)

The man in the high castle e La svastica sul sole: principali differenze

Nell’andare a comparare The man in the high castle e La svastica sul sole, è utile premettere innanzitutto che il libro rappresenta – oltre che la base narrativa – una sorta di presupposto filosofico per la serie. Mentre quest’ultima è un’avvincente sequenza di eventi e azione, il romanzo è principalmente una densa riflessione di carattere storico-politico, spesso molto sottile.

Per fare un esempio, nel libro l’universo dove gli Alleati hanno vinto la guerra è comunque diverso dal nostro: la differenza più evidente è che la Guerra fredda vede contrapposti gli Stati Uniti al Regno Unito, invece che all’Unione Sovietica.

Come a dire che gli sviluppi possibili non sono soltanto due, ma infiniti. La fantascienza di Philip Dick, infatti, appartiene al filone di quella social science fiction che ha come oggetto non tanto la speculazione sulla scienza e la tecnica, ma sulla storia dell’umanità e le sue forme sociali.

A questo proposito, vale la pena ricordare il ruolo dell’I Ching, l’antico libro cinese dei mutamenti, che nella serie viene consultato occasionalmente da Tagomi e Juliana. Nel romanzo, invece, questo testo è addirittura la fonte da cui Hawthorne Abendsen attinge per scrivere La cavalletta non si alzerà più: quasi un oracolo in grado di rivelare la verità nascosta dietro il velo della realtà.

Ecco la prima, grande differenza tra The man in the high castle e La svastica sul sole: nel romanzo, il mondo alternativo dove gli Alleati hanno vinto la guerra è raccontato in un libro, proibito nel Reich ma facilmente reperibile altrove. Nella serie tv, invece, questo ruolo è svolto da una serie di film di cui Abendsen ha prodotto solo il primo, e che per il resto si occupa di raccogliere in gran segreto.

La scelta fatta dai creatori della serie si rivela in questo caso interessante e azzeccata: se il romanzo è un “libro di libri” – l’I Ching e La cavalletta non si alzerà più, titolo che comunque appare in più occasioni nella prima stagione – la serie riesce a riprodurre lo stesso effetto meta-narrativo sostituendo le parole con le immagini, disseminate qua e là in una moltitudine di pellicole.

The man in the high castle: la storia alternativa

The man in the high castle e La svastica sul sole differiscono anche per alcune variazioni storico-geografiche. Mentre la serie racconta “in presa diretta” e grazie a numerosi flashback una serie di eventi assenti nel romanzo, quest’ultimo porta la follia nazista molto più in là.

Nel libro, infatti, il progetto Atlantropa – che prevede il prosciugamento del Mediterraneo per realizzare un’enorme area destinata alle coltivazioni – è già stato portato a compimento, mentre nella serie fa parte dei piani per il futuro del Reichsminister Martin Heusmann.
Allo stesso modo, nel romanzo i nazisti hanno già portato a termine con successo missioni spaziali sulla Luna, su Venere e Marte, mentre in Africa hanno replicato su vasta scala la soluzione finale destinata in precedenza agli ebrei, lasciando il continente deserto e disabitato.

Anche la serie, comunque, offre diversi sviluppi assenti nel libro: il terribile bombardamento atomico di Washington, l’abbattimento della Statua della Libertà che dà il via all’operazione di propaganda Jahr Null (Anno Zero), le ribellioni interne all’Impero Giapponese in America, Cina, India e Australia.

A proposito di suddivisione del pianeta dopo la guerra, tra le potenze vincitrici nel libro è presente anche l’Italia – assente invece nella serie – con l’impero fascista che si estende fino al Medio Oriente. Comuni alle due versioni del racconto sono la supremazia tecnologica e l’egemonia sulle risorse da parte della Germania.

È diversa la successione al vertice del Reich: nella serie, Göring prova a prendere il posto di Hitler che lo fa uccidere, per poi essere avvelenato da Heusmann e sostituito infine da Himmler. All’inizio del libro, invece, Hitler è già morto da tempo: al comando si trova Bormann, rimpiazzato da Goebbels alla sua dipartita.

Sia nel libro che nella serie, Tagomi e Wegener si adoperano per scongiurare lo scontro tra le due superpotenze, nel romanzo un’operazione segreta nazista denominata Dente di Leone. Non c’è traccia invece del progetto Die Niebenwelt, perché il libro si ferma molto prima e in generale è molto meno fantascientifico della serie: a parte la prima fugace visione di Tagomi, infatti, nessuno visita mai “l’altro mondo”.

The man in the high castle: i personaggi

Anche sul fronte dei personaggi le differenze tra The man in the high castle e La svastica sul sole sono importanti: nel romanzo, infatti, sono presenti solo i protagonisti principali della vicenda, anzi la serie aggiunge diverse figure di primo piano assenti nel libro.

Nel romanzo Juliana ha da tempo lasciato Frank e vive sola nella Zona neutrale. Lo stesso Frank e l’amico Ed McCarthy sono protagonisti di vicissitudini molto ridotte rispetto alla serie. Robert Childan, invece di essere fino alla fine un convinto servitore dei giapponesi, nel libro ha un moto d’orgoglio che lo porta almeno in parte a emanciparsi dai dominatori.

Tagomi – che non è Ministro del Commercio ma un funzionario della missione commerciale – ha un ruolo più passivo nel contrasto alle iniziative belliche dei nazisti, coadiuvato da Rudolph Wegener/Victor Baynes che è forse il personaggio più simile al suo alter ego televisivo.

Joe è da subito quello della terza stagione: non si chiama Blake ma Cinnadella, non è un tedesco che si crede americano ma uno svizzero che si finge italiano, e fin dall’inizio è un agente nazista che prova a sfruttare Juliana per arrivare ad Abendsen.

Lo stesso Hawthorne Abendsen non è un anziano signore dai modi curiosi costretto a nascondersi dai nazisti, ma uno scrittore di mezza età che vive nella sua bella casa insieme alla moglie Caroline, aspettando con rassegnazione il suo destino.

Tutti gli altri personaggi sono assenti nel romanzo: non c’è l’ispettore capo della Kempeitai Takeshi Kido e soprattutto non c’è l’alto ufficiale nazista John Smith, così come tutti gli sviluppi di trama a loro collegati. Al di là poche scene con protagonista Wegener, infatti, il racconto del libro non si sposta mai al di fuori della Zona neutrale e degli Stati giapponesi del Pacifico.

Conclusioni

Il romanzo, che corrisponde grossomodo alla prima stagione, si conclude con un finale aperto – come del resto la serie. Juliana incontra per la prima volta Abendsen poco dopo aver ucciso Joe per proteggerlo, Ed e Frank hanno appena avviato la loro attività per la produzione di gioielli in proprio (nella serie soltanto citata) mentre Childan ha capito che vendendo le loro creazioni può riscattare l’arte americana, fino a quel momento confinata ai cimeli da museo.

Sul finale del libro lasciamo Wegener nelle mani dei nazisti e Tagomi colpito da un attacco di cuore, sconvolto dopo aver dovuto uccidere due agenti nazisti per difendersi – il che ci riporta alla “via pacifica” che ha adottato nella serie. Lo stesso Tagomi ha appena salvato involontariamente la vita a Frank, firmando un ordine per la sua scarcerazione come reazione all’attentato subito dai tedeschi.

Negli anni Settanta Philip Dick aveva iniziato a lavorare a un seguito per il suo romanzo – di cui sono disponibili i primi due capitoli – poi rimasto incompiuto. Non sapremo mai se il sequel sarebbe andato in una direzione simile a quella della serie, che ha il merito di ampliare notevolmente la trama del libro.

The man in the high castle e La svastica sul sole finiscono così per essere l’una il compendio dell’altro. Guardare la serie in parallelo alla lettura del libro è un’esperienza curiosa e divertente: come se le due opere – al di là delle differenze – in fondo si completassero a vicenda.

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