Solo bagaglio a mano per Gabriele Romagnoli


Nell’ultimo viaggio fatto portare con le un libro dal nome “Solo bagaglio a mano”  di Gabriele Romagnoli (Ed. Feltrinelli) mi faceva simpatia, dopotutto sarei partita in aereo con effettivamente solo un bagaglio a mano. Quindi ho comprato questo libro un po’ sulla fiducia. E mi sono stupita.

Lo scrittore annuncia di essere stato al suo funerale, e lì è una cosa che sicuramente colpisce. Poi si viene a scoprire che in Corea del Sud esiste una società specializzata nel simulare la morte delle persone, per salvar loro la vita. Solo bagaglio a manoSembra assurdo ma cerimonia, bara e tutta la messinscena serve per cercare di impedire alla gente di suicidarsi, schiacciata dai problemi e dalle responsabilità di tutti i giorni.

Alla Korea Life Consulting tutto è asettico e rispetta un determinato ordine, necessario per entrare nel mood dell’esperienza: prima la foto incorniciata di crisantemi gialli, poi una presentazione che ha il suo culmine nella richiesta di fare testamento, in compagnia di una candela, un foglio e una penna.

“Hai mezz’ora. Ricorda: devi considerare che davvero sta per finire, no hai più tempo per cambiare nulla. Le cose che hai sono le cose che hai, le persone che contano sono quelle che sono.”

Questo percorso si rivela subito per quello che è, se si riesce a guardare oltre l’aspetto orrorifico di essere in un posto dove stai andando volontariamente incontro alla simulazione della tua morte. Il luogo è un esercizio rivelatorio di quello che si sente davvero, oltre la nebbia della disperazione, ci si rende davvero conto di chi davvero importa e di ciò che si è riusciti a costruire. In una maniera un po’ creepy.

“È l’ora del tuo funerale”

Ad attenderlo c’è un uomo in nero con un enorme cappello: un messaggero di morte. La via porta a una stanza fredda, nei sotterranei. Una vestaglia bianca senza tasche diventa la sua divisa: è l’abito funerario coreano. Sono molte le bare ma davanti a quella cui è stato destinato viene posta la foto e il testamento redatto. Non servono altre parole.

Quattro chiodi fissano il coperchio alla semplice cassa di legno e una manciata di terra viene gettata sulla bara. Silenzio e buio. Così ha inizio il flusso di coscienza.

Da questo punto in poi i ricordi dello scrittore si trasformano in brevi capitoli ricchi di riflessioni, che se presi superficialmente possono anche sembrare banali, cose che tutti dicono o che hanno sentito dire ma che invece a me hanno ricordato che nella vita, qualche volta, ci si scopre un po’ Mazzarò, vorremmo portarci via tutto ma non possiamo.

“Dovevo davvero venire fin qui per sapere che “la vita è breve”, “la felicità dura un attimo”, “si arriva e si parte a mani vuote”? Certo che no. Eppure si.”

È per questo che è necessario lasciare andare, portarsi dietro i ricordi più belli, meno le loro manifestazioni materiali.

È per questo che è necessario regalarsi ogni momento di felicità a disposizione, un minuto alla volta; e magari regalarne altrettanti, aggiungendone anche un paio.

Questo è uno di quei libri che mi hanno lasciata perplessa. Non perché non mi sia piaciuto o la scrittura non fosse brillante e scorrevole ma perché mi ha lasciato con la sensazione di aver colto il senso generale e non essere riuscita ad arrivare fino al cuore della questione. Eppure questo è stato per me uno stimolo alla riflessione e all’approfondimento su me stessa. A cosa mi aggrappo che potrei lasciare andare? Come posso lasciare andare i fardelli travestiti da cose importanti?

Certo, i ricordi materiali sono pane per la nostra memoria, ma forse tendiamo a volerla affollare di cose che ci sembrano importanti. Perché invece non lasciare che la mente selezioni davvero i ricordi più preziosi? quelli che brillano talmente tanto da non poter essere mai ignorati.

Questo libro è una spinta verso la ricerca di una vita vissuta con più leggerezza e al contempo con più consapevolezza: meno fardelli, basta un bagaglio a mano.

 

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