Recensione – Il Re Leone 2019


Il Re Leone, un film di Jon Favreau prodotto da Walt Disney Pictures. Con Marco Mengoni, Elisa, Edoardo Leo, Stefano Fresi, Massimo Popolizio e Luca Ward nel ruolo di Mufasa.


Devi prendere il tuo posto nel cerchio della vita
Mufasa

Chi non conosce la trama del classico d’animazione Disney per eccellenza, il Re Leone?

Nella versione live action 2019 ritroviamo tutto ciò che conosciamo, con sfumature nuove, dettagli e personaggi maggiormente approfonditi e un’insieme di emozioni che ricalcano quelle provate negli anni novanta al cospetto del cartoon ma che si interiorizzano maggiormente, grazie anche a un doppiaggio ben riuscito e a una tecnica iperrealistica che, benché abbia sollevato polemiche per una freddezza ritenuta quasi eccessiva, in realtà è in grado di catapultare lo spettatore all’interno di un paesaggio dinamico come la savana, e di rendere più vero ogni personaggio che si muove sul suo sfondo.

Insomma, chi cercherà novità a livello di trama nel live action della Disney, rimarrà inevitabilmente deluso: ma chi sarà disposto ad addentrarsi nelle profondità di una storia che non smette mai di emozionare, scoprirà che il Re Leone 2019 trasforma la favola in una storia drammatica, indaga nei sentimenti personali dei propri personaggi e dello spettatore, e affronta con la consueta profondità made-in-Disney il tema della perdita.
Senza indorare la pillola, srotola scena dopo scena il percorso di crescita di Simba, mettendo ben in luce pregi e difetti di ogni personaggio, e quando colpisce colpisce bello duro, ma ciò che lascia alla fine è una sensazione generale di nostalgia ed insieme consapevolezza di sé stessi.

Un capolavoro sia per chi è cresciuto con la vhs originale sia per chi si ritaglia solo oggi un posto nel cerchio della vita di Mufasa, vero e indiscusso protagonista della storia, oggi come ieri.

La trama del Re Leone 2019: live action e classico a confronto

Sulla falsa riga dell’Amleto di Shakespeare, Il Re Leone racconta la storia di un regno minacciato da ombre che sono tanto esterne quanto interne ai suoi confini.

Simba, un cucciolo di leone testardo e coraggioso, segue le orme del padre Mufasa, re amato e rispettato, che governa il proprio regno con autorevolezza e buon cuore, rispettando il delicato equilibrio della natura.

Mufasa ripone grande fiducia nel figlio, e cerca di insegnargli i principi basilari dell’essere re: responsabilità, generosità e saggezza: “mentre gli altri cercano ciò che possono prendere, un vero re cerca ciò che può dare“.

La serenità del branco va in frantumi quando Scar, fratello di Mufasa, complotta per salire al trono: dopo aver fallito nel tentativo di eliminare il piccolo Simba, si allea con le iene, esiliate da Mufasa fuori dalle terre del branco, per uccidere il fratello tendendogli un’imboscata.

Il piano ha successo, e con Mufasa fuori dai giochi, Scar convince Simba della sua colpevolezza e lo spinge ad andarsene, abbandonando per sempre il suo regno e la sua famiglia: Sarabi, sua madre, Nala, la leoncina sua migliore amica e il resto delle leonesse lo credono morto, e Scar sale sulla rupe dei re, dando inizio al proprio regno di terrore, al fianco delle iene. In poco tempo, le terre del branco avvizziscono e muoiono.

 

Simba attraversa il deserto e viene salvato da Timon e Pumbaa, rispettivamente un suricato e un facocero che si sono ritirati a vivere lontani dalle proprie terre di origine perché bistrattati.

L’amicizia fra i tre personaggi nasce e cresce a ritmo dell’Hakuna Matata, il motto di Timon e Pumbaa, che insegnano al leoncino a vivere alla giornata, senza pensieri, senza preoccuparsi più di un passato che non può comunque cambiare.
Questo finché Nala non fugge dalla terra del branco assediata da Scar per cercare aiuto, e s’imbatte proprio in Simba: sarà lei a ricordare al leone il suo destino, e con l’aiuto di Rafiki, il saggio mandrillo amico di Mufasa, a riportarlo sulla via di casa.
Tornato alla rupe dei re, Simba scopre l’inganno di Scar e lo sconfigge, esiliando le iene e prendendo il posto che gli spetta nel grande cerchio della vita.

La trama del live action del Re Leone 2019 come abbiamo visto ricalca quasi perfettamente quella del classico d’animazione del 1994: la maggior parte delle scene sono riprese alla perfezione, la sequenza dei frame e le canzoni rispettano gli script originali.
Ci sono tuttavia alcune differenze che permettono allo spettatore di approfondire maggiormente alcuni passaggi che il cartoon lasciava alla libera immaginazione: per esempio molto significativa la scena in cui Nala fugge da Scar, disobbedendo agli ordini di Sarabi, per andare a cercare aiuto fuori dalle terre del branco.
Altrettanto forte, il passaggio dello scontro tra Scar e Sarabi: la regina è riconosciuta come vero cuore del branco e Scar sa che nessuna leonessa lo seguirà se prima non lo farà lei. Ma Sarabi, fiera e autorevole, non riconosce mai Scar come suo re e gli si oppone con fierezza anche quando questo vuol dire rinunciare all’ultimo pasto, ottenuto prima che le mandrie abbandonino le terre intorno alla rupe dei re.

Infine, rispetto al cartoon sono maggiormente studiate le scene con protagoniste le iene: addestrate e illustrate come un esercito dalle movenze nazifasciste, sono personaggi studiatamente meno ironici rispetto al cartone animato. Shenzi, il capo e la più intelligente nel gruppo di iene, è feroce e spietata, fredda e scaltra: le sue spalle, Azizi e Kamari, sanno entrambi parlare e anche se divertono in qualche sketch, non sollevano più che un sorriso allo spettatore perché le scene con loro protagonisti fanno perlopiù riflettere e rabbrividire.
Visto il diverso approccio della regia a questi personaggi, parte della canzone “Sarò re” di Scar è stata tagliata.

L’insostenibile leggerezza di Timon (e Pumbaa)

Timon e Pumbaa sono tra i personaggi Disney più amati da grandi e piccini: con il loro motto (cos’è un motto? Niente! Un matto col botto!) Hakuna Matata hanno fatto cantare, divertire ed emozionare intere generazioni dal ’94 ad oggi.

Tuttavia, nel remake live action del Re Leone i due iconici personaggi vengono, se vogliamo, un po’ ridimensionati: sono sempre eccezionali e divertenti, ma c’è un aspetto più marcatamente egoistico in loro che richiama il concetto di “paese dei balocchi” di un’altra celeberrima favola.

Sia Timon sia Pumbaa hanno un passato difficile alle spalle, che li ha spinti a trovarsi e a non lasciarsi più, insegnando a entrambi a vivere alla giornata occupandosi solo di sé stessi, dei propri desideri e delle proprie necessità più razionali: mangiare, bere, dormire e divertirsi.
Per i due amici la vita di ogni essere vivente è una linea retta: si corre inesorabilmente verso la morte e allora tanto vale preoccuparsi solo dei propri problemi lasciando perdere quelli degli altri, contro cui tanto nessuno può fare niente. Ciò che non li riguarda non è degno di nota: non per cattiveria, ma perché grazie a questo egoismo possono sopravvivere in un mondo che li ha voluti e designati come prede.

L’Hakuna Matata acquisisce allora un altro senso, molto più pericoloso rispetto a quello sviscerato nel cartone animato (o quantomeno, spiegato meglio!): vivere senza pensieri non significa solo non preoccuparsi delle cose che non si possono cambiare, planando dall’alto sulla vita, ma anche sfuggire alle proprie responsabilità, badare a sé stessi e basta, evitando di intersecare la propria vita con quella di qualcuno che potrebbe potenzialmente apportare delle grosse problematiche.
Il motivo stesso per cui salvano Simba è profondamente egoistico: vogliono un predatore per amico, qualcuno che possa difenderli quando si trovano in difficoltà. L’affetto e l’amicizia vengono dopo, e sono pronti a ridere in faccia al leone quand’egli esprime la propria opinione – che è poi quella di Mufasa – circa la vita intesa come cerchio, in cui tutti siamo collegati.

Anche il percorso di crescita di Timon e Pumbaa è dunque più studiato e significativo in questo live action: facocero e suricato sono obbligati a mettere in dubbio le proprie idee e il concetto di vita a cui si sono aggrappati fino a quel momento quando Simba parte con Nala per affrontare Scar.
Non più due linee rette, dunque: i due amici capiscono che voler bene a qualcuno significa anche mettere in discussione sé stessi. E che a volte, per un bene più grande, bisogna rischiare di perdere qualcosa, persino di farsi male, preparando il terreno al secondo grande insegnamento della saga: siamo tutti un’unica realtà.

La straordinaria forza delle donne del Re Leone

Una delle cose che ho più amato del remake live action del Re Leone è stato il ruolo dato ai personaggi femminili: Sarabi e Nala non sono più solo due elementi di contorno, ma diventano i due perni centrali intorno a cui gira la storia, condizionano i personaggi maschili e hanno un vero e proprio potere decisionale che restituisce loro un merito importante sul finale.

Partiamo da Sarabi: moglie di Mufasa, madre di Simba ma soprattutto regina, fiera e impossibile da spezzare. Affronta la morte del re e le difficoltà che ne seguono senza abbassare mai la testa, si fa simbolo di resistenza ed esempio per tutte le leonesse che dipendono da lei.

Come già accennato, la scena più significativa è quella dell’ultimo pasto offerto da Scar: le iene hanno catturato un’antilope prima che le mandrie lasciassero i territori del branco, e mentre l’usurpatore mangia, le leonesse rimangono riunite intorno a Sarabi ai piedi della rupe dei re.

Stanco della loro reticenza, Scar fa chiamare Sarabi, che si reca al suo cospetto con la regalità che la contraddistingue: Scar le offre di dividere il pasto con lui, di accettare il posto che le sta offrendo come sua regina, ma Sarabi oppone un netto rifiuto.

Non dividerà mai la rupe con lui e non sarà mai sua compagna sul trono, perché lui non è il suo re (concetto ripetuto con ancora maggior vigore da Nala in una scena da pelle d’oca poco più avanti).
Scar s’infuria, urla, prova a piegarla, ma per usare un’altra citazione di casa Disney, “per quanto il vento urli forte una montagna non può piegarsi ad esso“: e infatti Sarabi ne esce vittoriosa, nonostante la minaccia di Scar di lasciare senza cibo i leoni, facendoli prevaricare dalle iene.

Mentre Simba sceglie la fuga, Sarabi rimane salda per proteggere la sua casa e il regno di Mufasa dalle ombre che Scar muove intorno a loro: è lei, la vera fonte della luce che trionfa con il ritorno di Simba.

Anche Nala è un personaggio che è stato maggiormente approfondito: oltre la scena della fuga dalle terre del branco, già sviscerata, c’è un altro momento significativo per la sua storyline personale che è più marcato rispetto al cartoon del ’94.
Quando Nala incontra Simba, la dolcezza del ritrovarsi le annebbia per un attimo la mente, ma quando lui le chiede di restare lei non ha nemmeno un istante di incertezza: deve tornare, perché ha una responsabilità.
In quel momento, mentre Simba fugge dal suo destino spaventato dal dolore e dilaniato dai sensi di colpa (il cui oscuro potere è uno dei fil rouge del film), lei si oppone con fierezza anche all’amore che prova per lui: perché c’è qualcosa di più importante per cui lottare, e Nala non ha nessuna paura di affermarlo.

Simba si chiede chi combatterà per la sua terra se non lui, e lei gli risponde senza esitare “lo farò io”.
Una principessa impavida, più saggia del protagonista e con una forza che richiama molto quella di Sarabi: è lei, in fin dei conti, la spada del protagonista.

Il tema del bullismo nel remake de Il Re Leone 2019

Disney si dimostra sempre molto attenta ai temi più delicati della società, e il Re Leone non fa eccezione.
In particolare, la sceneggiatura affronta in più occasioni il problema del bullismo, sfruttando soprattutto il personaggio di Pumbaa.

Il facocero viene mostrato durante la canzone Hakuna Matata quando, ancora cucciolo, viene allontanato da tutti gli animali e dai suoi stessi simili a causa degli odori che emana, e racconta quanto ci abbia sofferto e come questo sia stato il motivo che l’ha spinto ad allontanarsi dalle sue terre e a cercare con Timon una nuova casa in cui vivere.
Il tema viene ripreso durante la battaglia finale tra Simba e Scar: dopo aver attirato le iene in modo da liberare la strada al futuro re, Timon e Pumbaa si trovano costretti alla fuga, finché non vengono circondati in una zona di rocce che impedisce loro di evitare il confronto con le iene.
Pumbaa si dice convinto di non farcela, fino a quando qualcuno tra i predatori non pronuncia una sfortunata battuta circa il peso e le dimensioni del facocero: la reazione di Pumbaa è inaspettata e un po’ diversa da quella del cartone. Se infatti nella sceneggiatura originale veniva chiamato “maiale” e rispondeva con un irato “voi dovete chiamarmi Signor Maiale”, nel live action i commenti circa le sue dimensioni sono più crudeli e Pumbaa risponde come dovrebbe imparare a rispondere chiunque si trovi a fare i conti con persone che ironizzano sul suo corpo: “posso anche scappare dalle iene ma non da chi bullizza gli altri!”.
E così dicendo si lancia contro le iene e, naturalmente, vince. Mettendole definitivamente in fuga.

Easter eggs dal mondo Disney al Re Leone 2019

Le sorprese che il regista del Re Leone 2019 regala agli spettatori sono diverse e fanno saltare sulla sedia grandi e piccini:

  • Nella scena in cui Timon e Pumbaa devono distrarre le iene per liberare la strada a Simba e Nala, nel cartone originale Pumbaa si presenta come una pietanza, con una mela in bocca, e Timon balla la hula per attirare l’attenzione delle iene sulla “cena”; nel remake, invece, Timon intona una versione lugubre (ma sempre eccezionale) di “Stia con noi”: la canzone che il candelabro Lumière canta ne “La Bella e la Bestia” per convincere la giovane Belle appena rinchiusa a palazzo a cenare con loro.
  • Durante la canzone “Hakuna Matata”, nel cartone originale Timon ferma Pumbaa prima che il facocero possa pronunciare interamente la parola “scorreggiare”, con un accorato “No, Pumbaa! Non davanti ai bambini!”. Nel live action invece, il suricato lascia che l’amico pronunci la parola interamente, e quando il facocero chiede un po’ sorpreso “Beh? Non mi fermi?”, Timon risponde con tono di superiorità: “No, non ti fermo. Mi disgusti.” Quasi un po’ seccato, come uno che ripete la stessa battuta da tanti anni. In effetti, è proprio così!

Il trailer de Il Re Leone 2019

 

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