Raisekamika, avventure nel mondo degli spiriti


Raisekamika è uno shonen manga di genere avventuroso e fantasy, con risvolti sexy, edito in Italia da Star Comics che ne pubblica proprio oggi il secondo volume nella collana brossurata “Storie di Kappa“; Raisekamika è la terza opera di un giovane autore, Hajime Segawa, e l’unica a non essere stata pubblicata in Italia da Panini Comics. Sfortunatamente per Star Comics, a parer mio, è anche la meno riuscita di questo autore, che aveva fatto un ottimo debutto nel 2007 con Ga-Rei.

Ma andiamo con ordine: Raise Okuni è uno studente delle scuole superiori che, abbandonato dai genitori a causa dei continui tradimenti del padre, è costretto ad innumerevoli lavoretti part-time dopo scuola per mantenersi; proprio ad uno di questi lavori incontra Kamika, una coetanea appena tornata dalla Scandinavia, dove ha appreso le arti marziali, e con uno incontro-scontro che Licia e Mirko non siete nessuno, riesce a farsi pestare malamente dalla ragazza, convinta che sia un maniaco. Ovviamente il giorno successivo Kamika viene introdotta proprio nella classe di Okuni; mentre i due sono fuori a battibeccare una sorta di sigillo luminoso circonda il giovane e li trasporta in uno strano mondo parallelo, il Takama ga Hara, ovvero il mondo degli spiriti tradizionali giapponesi. Da qui una serie di scoperte li porteranno a conoscere le maggiori divinità della mitologia nipponica, reincarnati nelle persone a loro più vicine, e all’esplorazione del loro misterioso passato.

Mentre l’idea di base di Raisekamika non è male, benchè non sia nulla di nuovo sotto il sole, l’esecuzione sembra lasciare il lettore un po’ frastornato: usare la mitologia giapponese non è un problema per il lettore occidentale, che tra l’ausilio di internet e l’abitudine ad anni di esposizione a questa cultura, non ha grossi problemi a riconoscere i maggiori componenti del pantheon e anche ad emozionarsi un po’ quando certi nomi entrano in gioco (avete mai giocato a Okami?); i problemi nascono quando già nel secondo volume mischiano al tutto la mitologia norrena, creando confusione: non si capisce bene dove la storia voglia andare a parare, ma da certe immagini sembra addirittura che si vogliano tirare in mezzo tutti i maggiori pantheon di divinità mondiali. La narrazione di Raisekamika però non scorre abbastanza liscia da introdurre in maniera lineare tutti questi colpi di scena ed il lettore non ha ancora avuto il tempo di capire l’evento precedente che subito succede qualcos’altro.

Il mio dubbio maggiore è  la conoscenza superficiale dell’autore nei confronti delle mitologie esterne a quella che gli appartiene: la prima cosa stonata è che Kamika ha vissuto in Scandinavia, che non vuol dire un bel niente. Svezia? Norvegia? Danimarca? Finlandia? Niente, solo un grosso calderone da cui ad un certo punto Segawa tira fuori le maggiori divinità un po’ a caso, dando l’impressione di voler cavalcare l’onda di ben altre opere (MCU anybody?). Raisekamika sembra voler appropriarsi di tutti gli standard che definiscono gli shonen, soprattutto quelli già un po’ datati, che esibiscono una comicità un po’ becera (il focus sulle mutandine, che questo autore usa in tutte le sue opere, è imbarazzante) e benchè il pubblico di riferimento sia quello di maschi adolescenti, credo che negli anni ci si sia abituati a trattare questo tipo di comicità in maniera decisamente più elegante. Insomma, quello che andava bene per Dragon Ball, che comunque ha superato i trent’anni, non credo sia più attuale nel 2019 (e comunque in Dragon Ball la narrazione rendeva il tutto molto meno fuori luogo).

A livello grafico sicuramente Raisekamika è molti passi avanti rispetto alle opere precedenti, elegante e moderno il tratto, sono migliorate moltissimo le scene d’azione che risultano godibili e ben coreografate, non dando problemi nel seguire il susseguirsi dei combattimenti. Mi spiace molto che a livello narrativo Raisekamika sia ancora un prodotto grezzo perchè è molto bello da vedere e la mitologia giapponese è sempre molto affascinante, basterebbe una migliore gestione delle tempistiche della narrazione per farne un prodotto davvero superiore, eliminando tanto banali cliché.

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