Le otto montagne, di Paolo Cognetti


Otto montagne. 

In Nepal si racconta che il mondo sia un cerchio attraversato da quattro diametri. Alla fine di ogni diametro vi è una montagna – otto in totale – e tra una montagna e l’altra vi è un mare – otto in totale. Al centro del mondo vi è il monte Sumeru.

E diciamo: avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?

La storia d’amore per la montagna, di un’amicizia. Di una famiglia.

Pietro va tutte le estati a Grana, un paesino in val d’Aosta da cui si vede il Monte Rosa. Vi trascorre l’estate con i genitori. Con il padre, uomo taciturno, amante della montagna, il cui unico scopo sembra sia arrivare in cima prima degli altri, e poco o niente si gode il panorama. E la madre, calma, riflessiva, amante dei fiori. Loro tre sono come la vegetazione della montagna: la madre è come i boschi più bassi, Pietro è come i pascoli d’alpeggio, il padre è come le pietraie più alte.

Un giorno, Pietro incontra Bruno, un suo coetaneo che ha sempre vissuto in montagna.

Bruno passa le estati a tenere le mucche più giovani dello zio, aspettando il mese più adatto per portarle in alpeggio. Ha una madre silenziosa, quasi strana, e un padre assente. Ama la montagna e conosce ogni segreto della sua valle e delle sue montagne. Bruno e Pietro – Berio – diventano amici inseparabili e passano tutte le estati insieme. 

Ma c’è una cosa che Pietro non capisce. Sua madre ha preso a cuore la situazione familiare di Bruno. Si è impuntata nel volergli dare un’istruzione decente e addirittura vuole portarlo via dalle sue montagne, d’inverno, per fargli frequentare la scuola media a Milano. Pietro non capisce: se è montanaro, che stia dove vuol stare! Un po’ per questo e un po’ per la gelosia che nutre per via del rapporto che Bruno ha con suo padre – rapporto che lui non ha mai avuto o non ha mai voluto avere – Pietro litiga con il padre e inizia a frequentare Grana sempre di meno.

La vita procede, e il padre di Pietro muore a soli 62 anni, stroncato da un infarto. In eredità, ha lasciato al figlio una proprietà, proprio sopra Grana.

Curioso, Pietro torna a Grana, e qui trova è Bruno ad aspettarlo, come se la loro amicizia non si fosse mai interrotta. Insieme, vanno a visionare la proprietà – un rudere di montagna, giusto con le mura – e decidono di rimetterla a nuovo.

In montagna, Bruno riscopre suo padre. Nei racconti della madre, nei racconti di Bruno. Sì perché i genitori di Pietro hanno continuato a frequentare Grana e a frequentare Bruno. Ma lo riscopre soprattutto attraverso i vari diari o libri sparsi per le cime delle montagne, quei diari in cui si può scrivere qualcosa per far sapere ad altri di essere arrivato. Ne trova dappertutto per quelle cime.

Bruno rivela a Berio i suoi progetti futuri: vuole rilevare l’ormai diroccato alpeggio dello zio e lavorare con ciò che le mucche produrranno. Pietro gli chiede invece di venire via con lui, in Nepal, dove sarebbe andato di lì a poco. No, non è per me – disse lui. – Tu sei quello che va e viene, io sono quello che resta. Come sempre, no? 

Un anno dopo, Pietro, che ogni estate ormai va nella sua casa in montagna, porta Lara, una ex fidanzata.

Bruno se ne innamora e i due si metteranno insieme di lì a poco. Ma la situazione economica di Bruno non è delle migliori e un giorno Lara se ne va. Pietro torna dal Nepal per stare vicino all’amico. Sta bene, ed è giunto alla conclusione che cercava.

La storia delle otto montagne. Berio è colui che cerca le otto montagne. Bruno è quello che è salito sul monte Sumeru. Lui sa solo vivere in montagna. Sopravvivere in montagna. Ed è quello che avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni.

 

1 comment

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  1. PEPATO ALESSANDRO

    Su “Otto montagne” di Cognetti ho letto solo commenti positivi. Non li condivido. Nella forma è un normalissimo libro che non ha nulla di particolarmente prezioso, se non il fatto che non è particolarmente noioso da leggere (ma neanche scorrevole!). Nella sostanza è un’incomprensibile storia malinconica (vista da Pietro) che si svolge d’estate sulle montagne della Val d’Aosta, che per me sono sempre state collegate a momenti di entusiasmo passati insieme prima ai miei, poi a mia moglie e poi a mia moglie e mio figlio (ed amici); per cui non comprendo questa malinconia (sempre da parte di Pietro) e questa amarezza in un posto meraviglioso e durante momenti di vacanza (e d’estate!). Come se uno non sapesse apprezzare il bello della vita! Da parte di Bruno, ragazzo povero, ecco, comprenderei di più l’amarezza, appunto per la povertà. Ma quanti sono i valdostani che si lasciano, scientemente, morire isolati d’inverno in montagna? “Romanzo” incomprensibile, però inscrivibile nella corrente “culturale” buonista, “disagista”, sfigata che tanta parte ha avuto nell’Italia degli anni ’90 e degli anni duemila: FIGLI DI PAPA’ VIZIATI, RICCHI E ANNOIATI Sarebbe l’ora di finirla con i piagnistei e sapere apprezzare, appunto le cose belle della vita, e una casa in Val d’Aosta d’estate è UNA COSA BELLA, PERDINCI!!!

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