Recensione – Pet Sematary


Un film di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, con Jason Clarke, Amy Seimetz, Jeté Laurence e John Lithgow

«Non avrei mai dovuto mostrarti quel luogo!»

Per fuggire dalla frenesia della vita cittadina e passare più tempo con i figli ancora piccoli, il Dott. Louis Creed e famiglia si trasferiscono nella piccola cittadina di provincia chiamata Ludlow, nel Maine.

Non devono aver fatto sopralluoghi prima di comprare casa, perché nel giro di pochi minuti scoprono che appena fuori dal vialetto sfrecciano tir a tutta velocità giorno e notte e nel retro sorge un cimitero degli animali domestici in cui i ragazzini del vicinato seppelliscono i propri amici a quattro zampe da generazioni!

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Una processione è come una parata in cui non ci si diverte

Va da sé che quando l’attenzione verte troppo sul micio di casa, Church, sappiamo già che da lì a poco il suo destino sarà segnato.

Per evitare che la figlioletta Ellie veda il gatto investito, Louis lo seppellisce di notte, ovviamente con un temporale in arrivo, e si fa accompagnare dall’anziano vicino di casa un po’ inquietante, che lo convince a superare il confine del “pet sematary” del titolo per interrarlo in un luogo a dir poco spettrale.

La mattina dopo il gatto Church è di nuovo a casa Creed, vivo ma sospettosamente sporco, arruffato e quantomai irritabile.

Anziché dargli una pedata nel felino sedere e sbarazzarsene, la famigliola per qualche motivo si fa trascinare tutta intera in una spirale di orrori e tragedie senza sosta.

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Church is back, meow!

Questa nuova versione di Pet Sematary è il secondo adattamento cinematografico della novella di Stephen King del 1983, il primo film è di sei anni dopo e non c’è altro da dire se non che era tutt’altro che memorabile: questo remake infatti non necessiterebbe di particolare sforzo per dirsi riuscito, non dovendo temere il confronto con un originale di alto livello.

Ma il risultato finale non è del tutto convincente.

Se parliamo di recitazione abbiamo un buon comprimario come Jason Clarke, qui promosso a protagonista, nei panni dell’uomo di scienza scettico verso la religione, l’aldilà e il soprannaturale in genere, il quale ha una moglie, interpretata da Amy Seimetz, tormentata da un passato fatto di dolore e morte, tanto da volersi lasciare alle spalle tutto e rifarsi una vita in campagna.

Ma si tratta pur sempre del Maine, lo stato natale del maestro dei romanzi horror, e lì non vi è pace per le famigliole spaurite!

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Jason Clarke alle prese con una catasta di legna

Purtroppo i due personaggi non sono sviluppati in modo da creare empatia nel pubblico, Louis è semplicemente bidimensionale, non ha una storia alle spalle e passa da un estremo all’altro troppo velocemente, mentre Rachel, sebbene riviva nei flashback un’ossessiva tragedia familiare, non è capace di agire e rimane sempre un po’ sullo sfondo.

Fortuna che il loro vicino di casa è un attore brillante come John Lithgow, il quale riesce senza sforzo ad incarnare il tipico personaggio buono ma tormentato della letteratura kinghiana e a creare un contatto tra gli spettatori e un film un po’ traballante.

I registi gli hanno concesso anche un piccolo ma spassoso inside joke, che non tutti noteranno, ma quando la figlia dei Creed, facendo riferimento al nome del micio, gli chiede se ha sentito parlare di Winston Churchill, questi gli risponde con un ghigno «eccome se lo conosco!»; può ben dirlo, visto che nella serie The Crown l’attore ha vestito i panni del grande statista britannico!

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John Lithgow è il vicino di casa buono ma che nasconde segreti

Però, diciamolo, a parte pochi guizzi e qualche blando riferimento al resto del Kingverse (in una scena si vede un cartello stradale che indica Derry), Pet Sematary scade spesso nel ridicolo involontario.

Nelle intenzioni vorrebbe rappresentare, come il romanzo d’origine, una riflessione sul rimpianto e sulla morte, sulle conseguenze delle proprie azioni, condite da spaventi o accenni splatter, ma in pratica ci si ritrova con redivivi malevoli e davvero poco spazio al fascino del mistero.

Sulla carta un soggetto come questo si presta bene a dare i brividi al lettore se questi si lascia risucchiare dalla vicenda, pagina dopo pagina, la tensione montante lo porterà poi ad uno spavento efficace, ma trasposto sullo schermo, se non supportato dalla maestria di un gran narratore visivo, come Frank Darabont, Brian De Palma, Rob Reiner o Stanley Kubrick, solo per citare alcuni dei registi che si sono cimentati con adattamenti da Stephen King sul grande schermo, otterremo solo qualche jumpscare a buon mercato e nessun senso di angoscia che ti segue fino a casa, anzi a volte l’assurdità delle situazioni strappa qualche risata in sala!

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I don’t wanna be buried in a pet sematary, I don’t want to live my life again

Parte del limite di film come questo è che si è costretti a mostrare, spesso con risultati deludenti, ciò che la fantasia di ogni lettore può illustrare a modo proprio in infinite diramazioni mentali.

Nella costruzione dell’intreccio sembra che il film si sforzi a far capire con insistenza cosa un luogo come il cimitero degli animali può fare, e questa fase preparatoria è a tratti un po’ ripetitiva e forzata perché i fan di King, o dell’horror in generale, certe cose le conoscono già: di luoghi di sepoltura indiani ne è piena la letteratura di genere!

Kolsch e Widmyer, registi di questo horror, forse per evitare il senso di “già visto” hanno cambiato il soggetto di un grosso colpo di scena, a metà film, nonché il movimentato finale.

Personalmente, però, più di un momento mi sono ritrovato a distaccarmi dalla vicenda per pensare a come avranno tutelato gli attori bambini presenti sul set, rispetto alle azioni che han fatto loro rappresentare.

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Sua maestà Stephen King ha approvato questo nuovo adattamento del suo romanzo

In definitiva Pet Sematary, se non proprio godibile, è un film accettabile, con qualche brivido ma purtroppo nemmeno stavolta lascerà il segno come altri adattamenti del maestro: senza andare a scomodare un capolavoro come Shining, per trovare una grande trasposizione di King basta pensare a IT – Capitolo 1 del 2017 o a The Mist.

Dopotutto è lo scrittore vivente che può vantare di aver ispirato il maggior numero di film o serie tv tratti dalle proprie opere, da Carrie a Stand By Me, Le Ali della Libertà, Misery, Il Miglio Verde, 1408 o il poco ricordato La Zona Morta, oppure alcuni clamorosi disastri come Dreamcatcher o Cell!

Sul piccolo schermo, oltre alle miniserie anni ’90 su IT e L’Ombra dello Scorpione, anche la poco avvincente Under the Dome o un vero e proprio omaggio come l’antologica Castle Rock, di cui è attualmente in lavorazione una seconda stagione.

Infine una curiosità musicale: sui titoli di coda di Pet Sematary potete ascoltare la cover contemporanea dell’omonima canzone che il romanzo aveva ispirato nientemeno che ai Ramones.

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