Il censimento dei radical chic


La parola è un gran dominatore, che con un corpo piccolissimo e invisibile sa compiere cose divine, come calmare la paura, eliminare il dolore, suscitare la gioia e aumentare la pietà.

Italia. In un futuro (non troppo) lontano.

Un intellettuale è stato invitato ad un talk show televisivo col Primo ministro dell’Interno (sì, avete letto bene, Primo Ministro dell’Interno). Conversazione brillante, confronto impeccabile, fino a quando… fino a quando l’intellettuale non si lascia sfuggire la parola Spinoza. 

Non l’avesse mai fatto!!!

Il presentatore, il Primo ministro dell’Interno e il pubblico si scandalizzano per la slealtà dell’avversario. Non si può fare riferimento ad autori, filosofi o testi sconosciuti ai più! Non si possono usare le parole difficili! Perché il pubblico non capirebbe, il popolo italiano si sentirebbe ignorante. E proverebbe un senso di svilimento. Quindi, signor intellettuale, la preghiamo cortesemente di andarsene dal nostro talk show e di riflettere, prima di proferire parola!

Quello stesso intellettuale, quella sera stessa, a causa delle sue parole, viene ucciso sul pianerottolo di casa sua.

Non è stato il Primo ministro dell’Interno, no. Ma qualcuno che, aizzato dal suo odio contro gli intellettuali, ha compiuto il gesto fatale. E questo gesto verrà ripetuto e imitato in tutta Italia.

Il Governo corre subito ai ripari.

Prepara un censimento dei radical chic, corredato di nome, cognome, indirizzo, tipo di intellettuale, quantità e qualità di libri posseduti. Chiede a tutti gli intellettuali di farne parte, per proteggerli, s’intende. Avranno una scorta pagata da loro stessi: non graveranno sulle spalle degli italiani, no, ci sono già abbastanza tasse che gravano su di loro. Verranno degli ispettori a visionare l’appartamento di tutti: se si possiede un numero elevato di libri, si viene censito, altrimenti no. Poi si offre agli intellettuali la possibilità di esibirsi in pubblico per dimostrare tutta la loro conoscenza, magari recitando Piccole Donne al parco. Liberi di non farlo, ma sappiate, cari intellettuali, che, se doveste rifiutarvi, non avreste più la pensione.

Inoltre, prepara un lavorio di semplificazione delle parole della lingua italiana.

Vuole ridurre di un terzo il vocabolario italiano. Eliminare le parole difficili, abolire i sinonimi e i contrari. Parole come antidoto sono ritenute troppo complesse per il semplice popolo italiano. Eliminiamole! Poi passano all’eliminazione del congiuntivo, del periodo ipotetico, dei periodi ipotattici in favore di quelli paratattici, all’eliminazione della distinzione tra attributo, apposizione e predicato nominale (che tanto non aveva capito nessuno neanche prima). Ma c’è di più: chi dovesse sentire pronunciare le parole o le costruzioni abolite da qualcuno, è tenuto seduta stante a denunciare il fatto all’autorità competente.

Gli intellettuali si ribellano.

C’è chi prende in mano le armi e si lancia con un cassonetto pieno di libri brucianti su una folla urlante. Chi invece sceglie di ribellarsi silenziosamente, scegliendo di conservare delle parole, una ciascuno, e di ricordarle e trasmetterle alle future generazioni, come temulento, che vuol dire ubriaco.

E in tutto questo almeno altre due storie parallele.

Quella del Primo ministro dell’Interno, ragazzo grassottello e timido, molto studioso e di buona famiglia, diventato il peggiore di tutti gli italiani. Che suscita odio contro gruppi mirati di persone e che crede fermamente che il modo migliore per conservare il potere sia parlare la stessa lingua del popolo italiano. Ma che in realtà ama il cinema, e la letteratura, e la cultura in generale. E ha una madre che lo segue da lontano.

E quella di Olivia, la figlia del primo intellettuale ucciso, che, lontana da casa ormai da anni, riscopre suo padre solo dopo la morte e cerca di dare un senso alle vite di entrambi, interrogandosi su cosa sia la cultura e a cosa serva leggere libri e custodire parole.

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