Le terrificanti avventure di Sabrina 2: dove eravamo rimasti


Sabrina Spellman è tornata, più femminista e agguerrita che mai.

Devo confessarlo: non ho ancora visto tutti gli episodi della seconda stagione.
Fin dalle primissime puntate però, sono emersi alcuni dettagli che ci permettono di riprendere le fila del discorso lasciato in sospeso qualche mese fa. La seconda stagione inizia esattamente dove era finito l’episodio speciale di Natale: è l’Epifania, e Sabrina con il suo sfavillante nuovo look si prepara a seguire il sentiero che ha tracciato. Il brusco distacco dai suoi amici umani e l’avvicinamento alla chiesa della notte sono allo stesso tempo motivo e conseguenza della scelta fatta in conclusione alla prima stagione: la firma sul libro del Signore Oscuro.

Sabrina non ha dimenticato i motivi per cui aveva combattuto le tentazioni del demonio. Ma ha fatto di necessità virtù, e si è coraggiosamente presa il potere da strega che le spetta di diritto. Fin dalle primissime scene emerge con chiarezza che invece di affievolirsi, il suo istinto da ribelle si è intensificato: quando si trova ad avere a che fare con una delle sacre tradizioni dell’accademia oscura, inizia una battaglia destinata a portare uno scompiglio notevole.
L’elezione del Capo Mago, quello che noi definiremmo rappresentante d’istituto, è ovviamente poco democratica: solo gli uomini possono partecipare alle selezioni, e in particolare solo uno attivamente si propone: Nicholas Scratch.

Nonostante l’immediata simpatia che ho provato già nella scorsa stagione per questo personaggio (e che sento sotto pelle sarà messa a dura prova nel corso dei prossimi episodi), davanti alla possibile nomina di un unico uomo senza alcun merito se non quello di essere considerato leader dal resto del gruppo (di uomini), ho sentito lo stesso astio di Sabrina. Che infatti si fa avanti e si propone per diventare Capo Mago, con un’insospettabile nuova alleata.

Prudence è sempre una sorpresa, e devo dire che in questi primi episodi l’ho apprezzata particolarmente. Intanto, anche se forse è un po’ unpopular, apprezzo il suo legame con Ambrose, altro personaggio chiave che emerge con ancor più forza in questi primi episodi.
E poi, mi piace il percorso di crescita che sta facendo: sembrano essere passati mille anni da quando voleva sacrificarsi come regina al banchetto dei banchetti. Vederla sollevare la testa per aiutare Sabrina durante le sfide per l’elezione a Capo Mago è quasi una vittoria personale. Sul serio.
Penso sia questa, in effetti, la bellezza e la forza della serie: sa toccare le corde giuste con un linguaggio a metà tra horror, fantasy e teen drama che rende scorrevoli gli argomenti più pesanti e divertenti quelli più difficili.
Tornando a noi: Sabrina vince la prima sfida contro Nicholas e perde la seconda, ma lo fa con una forza d’animo tale da tirare tutti dalla propria parte. Prima di disputare la terza, tuttavia, accade qualcosa: tre demoni (parallelismo vincente e inquietante con i Re Magi e i loro doni, che definire demoniaci è davvero un eufemismo) che tentano di fermare la scalata della mezza strega, rendendo chiaro sul finale l’obiettivo ultimo. Impedirle di ascendere.

Aver dubitato di padre Blackwood – insopportabile quanto mai prima, ma odiarlo mi permette di amare ancora di più Zelda, che dopo aver vacillato per qualche puntata la scorsa stagione torna più forte e bella che mai – costa tanto a Sabrina quanto a Nicholas l’esclusione dalla competizione. Così Ambrose, il cugino redento, ottiene la tanto ambita nomina a Capo Mago.
Questa non è che la prima, bizzarra ed elettrizzante tradizione che la serie sviscera: l’altra, è quella dei Lupercalia. Una sorta di San Valentino festeggiato su tre giornate: l’incontro, il corteggiamento e la caccia. L’episodio è sensuale e seducente, Nicholas è più sexy che mai, e Sabrina dopo aver superato un tumulto interiore dovuto all’aver rivisto Harvey capisce che il legame che sente per il mago oscuro è più forte di quanto avesse pensato inizialmente.

Apriamo una parentesi: la scioltezza con cui Nicholas mente a Sabrina in questo episodio è allarmante e mi fa pensare che andando avanti potremmo scoprire cose non sempre piacevoli sulla natura del personaggio. D’altronde che sia complicato emerge con chiarezza fin dalle prime scene: il legame con il suo famiglio, una lupa che l’ha allevato come fosse parte del branco, non è certo puro come il disneyano Libro della Giungla insegna, insomma. E il fatto che sia Sabrina a uccidere l’animale per salvarsi e salvare Nicholas è ancora più significativo: possibile che nell’ascesa della Spellman verso il male sia assolutamente un caso che proprio Nicholas le faccia commettere un omicidio?
Chiusa parentesi.

Mentre maghi e streghe sono impegnati con gli eccitanti lupercalia, gli umani si vivono il loro tranquillo San Valentino: durante questo episodio entriamo nel vivo di un’altra coppia che, devo ammettere, non mi emoziona affatto quanto fanno Sabrina e Nicholas. Parlo chiaramente di Harvey e Rosalind. Probabilmente è un problema di attori: io trovo Harvey decisamente insipido. Insomma, non mi trasmette niente: piatto, fastidioso, così piagnucoloso che mi ricorda a tratti Dawson. Ve lo ricordate Dawson, sì?

Di conseguenza, le sue scene mi risultano sempre stoppose. Da sopracciglio alzato e voglia di schiacciare il pulsante dei +15 sullo schermo dello smartphone. Cosa che non faccio perché sennò non capisco niente, ovviamente. Rosalind arriva di più, apprezzo la sua fedeltà, tanto a sé stessa quanto verso Sabrina, a cui confessa i propri sentimenti prima di compiere un solo gesto che potrebbe minare alla base la loro amicizia. Un bell’esempio di solidarietà femminile e girl power, che come dico spesso, male non fa.
Però, la forza di Rosalind non basta a rendere meno insipido Harvey, e quindi la nuova coppia mi lascia un po’ così. E’ un peccato, perché la trama sarebbe anche interessante, seppur già vista e rivista mille volte.

La decisione di Susie e il suo percorso invece me li aspettavo abbastanza, quindi nessuna sorpresa: di nuovo nelle sue scene emerge con chiarezza che CAOS è in grado di portare avanti una storyline di questo tipo in modo semplice, parlandone come si parla di qualunque altra cosa, sviscerando la maturata consapevolezza di sé di Susie aka Theo come parallelismo del percorso di crescita che stanno facendo tutti i personaggi. Non da cardiopalma ma apprezzabile.

Ho lasciato per ultima Lilith, mrs Satane, Mary Wardwell che dir si voglia: già dai primi tre episodi pollicioni in alto e stima profonda, Lilith si riconferma assolutamente il mio personaggio preferito della serie, più ancora della stessa Sabrina. Con la recita scolastica all’Accademia comprendiamo di più i motivi per cui nonostante la sua forza e la sua consapevolezza femminile, si lascia governare dal Signore Oscuro: ma il suo sentimento non le impedisce di sfidarlo tanto direttamente quanto indirettamente, e nella sconfitta iniziale ho visto gli albori di una nuova epoca. Non escludo che nel corso del tempo possa confermarsi e intensificarsi il sodalizio con Sabrina che tanto mi è piaciuto nella prima stagione.
Carne al fuoco, visto che siamo sotto festività, ce n’è parecchia: bisognerà trarre le conclusioni alla fine della seconda stagione. Fino a quel momento, mi lamento come Harvey e vi pongo un quesito da ragazza degli anni 90: SALEM, DOVE SEI?

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