Rivivi un grande classico del cinema – Il Signore degli anelli – La compagnia dell’anello (2001) di P. Jackson


UN MANIFESTO DEL GENERE.

Con “Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’anello” si compie una svolta decisiva nella cinematografia contemporanea: si coniuga la nuova frontiera degli effetti speciali e del kolossal all’americana con il dramma e la qualità delle sceneggiature della settima arte europea. Il prodotto realizzato è quello che io affermo essere un punto accapo di un intero intero genere: dopo il Signore degli Anelli ogni prodotto fantasy è di fatto costretto a misurarsi con questo manuale della perfezione.

A quasi 18 anni dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, il primo capitolo della saga fantasy rimane, a mio avviso, il migliore della serie, distaccando persino il pluripremiato ultimo capitolo: “Il ritorno del Re”.

Sono ben conscio che questo giudizio mi attirerà delle critiche. Forse perché è facile argomentare che gli altri due capitoli contengano un maggior tasso di spettacolarità della trama. Eppure, io credo, in nessuno come il primo episodio si respiri altrettanta inquietudine ed epicità, condita da un’atmosfera crepuscolare ed ignota con una trama costellata di eroi fragili e imperfetti – Boromir e Frodo, in questo senso, rappresentano gli opposti rami del medesimo albero della vita, nodoso e consumato dal tempo che scorre, come le pieghe del bastone su cui poggia Gandalf il Grigio.

La scenografia è un incanto di contrasti fra passi di montagna, la pianura, la steppa, le foreste e i fiumi della Nuova Zelanda. La fotografia, così naturale e irriproducibile fa rivivere attimi di commozione (Mi viene in mente, in particolare, la sequenza sul passo di Caradhras e il percorso in canoa sul fiume dopo aver lasciato il Reame Boscoso).

La recitazione di Ian Mckellen, di Viggo Mortensen e di Christopher Lee in particolare, al massimo della loro drammaticità e introspezione emotiva.

La colonna sonora di Howard Shore, infine, impreziosisce e trapunta di stelle un cielo già quasi perfetto.

https://www.youtube.com/watch?v=im2bbmOsipw

Dobbiamo pensare a un piccolo miracolo: la creazione cinematografica, che passa, innanzitutto, attraverso la trasposizione in sceneggiatura di centinaia di pagine di un libro scritto durante la Seconda Guerra Mondiale, e si completa nella realizzazione di un lungometraggio nei primi anni del ventunesimo secolo. Dobbiamo pensare a 60 anni di storia, 60 anni di differenze.

Peter Jackson e sua moglie cominciarono proprio dalla lettura modificandone e, a tratti, alterandone i contenuti con omissioni, tagli e cambi (anche criticati) nella sceneggiatura.

Ben consci del fatto che un film è soprattutto l’opera di un buon sarto, per costruire gli intrecci di una storia che ancora oggi ci commuove e ci suscita contrastanti emozioni fino all’ultimo fotogramma, era necessario costruire le fondamenta dell’inquietudine che avvolge un mondo magico sull’orlo della dipartita partendo proprio dalle atmosfere lugubri della Compagnia dell’Anello.

La Terra di Mezzo è in effetti una terra alla deriva, vecchia, con protettori (vedi Saruman) ormai corrotti dalla pace, dalla calma e dalle troppe comodità, dove i suoi abitanti più lungimiranti e facoltosi (Bilbo e gli Elfi di Gran Burrone) meditano una fuga verso la salvezza eterna.

In questo scenario di precarietà, di quiete prima della tempesta, trova spazio una compagnia di eroi solitari, incaricati di estirpare il male (un anello) alla radice, affidandolo alle mani inesperte e innocenti di un portatore, Frodo, che è anima di un mondo tanto felice quanto utopico, la Contea, ancora non contaminato dalle scorie di Mordor.

“Esiste un solo Signore dell’Anello, solo uno può piegarlo alla sua volontà ed egli non divide il potere”. Gandalf.

L’INSEGNAMENTO.

Nell’intravedere nella contaminazione dell’ambiente – si pensi all’arrivo della Compagnia nei boschi di Lothlorien – il germoglio della fine del mondo, dobbiamo riconoscere a Tolkien (e per lui, qui, Peter Jackson) una sorprendente e, per certi versi, sconcertante capacità predittiva. Proprio nei giorni in cui si “celebra” in ogni dove il friday for future ci ricordiamo di essere custodi stanchi di un Pianeta che soffoca.

Ma non è solo la contaminazione ambientale a rivelare il segno di una svolta critica per la Terra di Mezzo.

Ciascuno degli eroi della Compagnia vive, a suo modo, un devastante senso di alienazione ed inadeguatezza nei confronti del proprio ruolo nel mondo che è là fuori. Aragorn si sente inadatto al ruolo di Re e preferisce darsi alla via del Ramingo; Gandalf (uno spirito incarnato, è bene ricordarlo, si veda lo “Silmarillion“) è di rango inferiore al suo superiore e non è in grado di sconfiggerlo; Boromir è afflitto dal suo status di capo militare che non potrà mai corrispondere a quello di capo politico; Gimli e Legolas sono due principi senza regno costretti a mettere da parte la secolare rivalità fra le loro genti.

I membri della Compagnia dell’Anello al Concilio del Re Elrond. Da Sinistra: Aragorn figlio di Arathorn, Gandalf, Legolas figlio di Thranduil, Boromir figlio di Denethor, Gimli figlio di Gloìn, Samvise Gamgee, Frodo Baggins, Meriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc.

E’ pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada e se non dirigi bene i piedi, non si sa dove puoi finire spazzato via“.

Questa frase pronunciata da Bilbo Baggins in un flashback in cui Frodo e Sam sono in prossimi a varcare il confine che li allontanerà dalla Contea, racchiude il senso più profondo e ammirevole della storia.

L’EROE IMPROBABILE.

La storia di cui, in effetti, è improbabile eroe un mezz’uomo senza famiglia (se si eccettua per lo zio adottivo), senza amore (se si eccettua quello amichevole di Sam, Merry e Pipino) e senza abilità particolari. Frodo è il ritratto di un giovane contemporaneo simile a tantissimi, insicuro, abbandonato e conscio della propria debolezza. Vive nel riflesso delle imprese dello Zio Bilbo, che invece può vantare amicizie con Elfi e Grandi Stregoni – ma che, come lui, non è mai stato abbastanza vecchio da conoscere l’amore – mentre lui altro non ha che la sua casa e le poche sicurezze che non scorrono al di là dell’acqua dei torrenti che delimitano il territorio della Contea.

C’è qualcosa di misteriosamente puro e, al contempo, triste nella storia del personaggio di Frodo. Egli è in effetti un giovane martire, disposto al sacrificio senza alcun motivo personale, senza una ragione specifica: un uomo, anzi, un mezz’uomo, senza fascino, con una vita sedentaria. Quello che potremmo definire un antieroe.

Proprio in questa sua ordinaria normalità risplende, però, l’incredibile senso di umanità che lo rende l’eroe protagonista di una delle più apprezzate storie della nostra generazione.

Dobbiamo riflettere sulle ispirazioni che Tolkien avrebbe potuto cogliere dall’epoca in cui viveva: che differenza, in effetti, c’è tra Frodo e uno dei tanti (troppi) volontari al Fronte? Fra coloro che senza conoscere una strada percorribile avevano deciso e decidono ancora oggi e comunque di “uscire dalla porta” portando in petto o in seno il male solo per potersene liberare?

IL MIO FILM.

Quali sono le emozioni che rivivo quando vedo questo film? Questa pellicola rimarrà sempre per me una cura contro il malessere perché del malessere parla e ne esplora gli archetipi. Questo film rappresenta, però, prima di ogni altra cosa, una rappresentazione visiva della speranza, un urlo al mondo di preservare le sue differenze, partendo dalla differenza più difficile ma sempre più importante da riconoscere: quella fra bene e male.

La Compagnia dell’Anello porta con sé quell’impatto visivo inconfondibile dei capolavori perché riesce ogni volta a rievocare in me le medesime sensazioni che provai a 12 anni quando, malato con la febbre e sdraiato sul mio letto, godevo nel saltare la scuola rifugiandomi in iperuranei di fantasia.

E se devo lamentarmi di qualcosa che davvero mi manca, dico proprio la fantasia che avevo a quell’età.

Vale per tutti coloro che vivono in tempi come questi ma non spetta a loro decidere, possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso“. Gandalf il Grigio.

 

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