Escape at Dannemora: Istruzioni per l’uso


“Did you know that out in nature there are no right angles? But in here it’s all right angles, it’s an engineered environment: bars up, bars down, bars across. And the people inside…they get to be right angles too” (Richard Matt in Escape at Dannemora part 1)
È la mattina del 6 giugno 2015, è presto molto presto, è l’ora della prima conta dei detenuti, l’aria delle prime ore di luce all’interno del Clinton Correctional Facility porta ancora in sé il ricordo del rigido inverno di quel penitenziario ai confini più a nord dello Stato di New York noto col nomignolo di Little Siberia ed è proprio in quel sabato qualunque, apparentemente immerso nella sconfinata routine di ogni qualsiasi altro giorno della vita carceraria, che si fa la scoperta di due fantocci di lenzuola e stracci nelle celle 23 e 24 del Blocco A: i reali occupanti dei due posti letto lasciati vuoti, Richard Matt e David Sweat, sono spariti.
Questo fu il brusco risveglio di qualche anno fa della cittadina di Dannemora, sito del carcere di Massima Sicurezza, un paesino dell’America rurale che si ritrovò ad essere l’epicentro di un’evasione, uno scandalo sessuale e di una caccia all’uomo durata 23 giorni.
Escape at Dannemora è il racconto romanzato di questi fatti. Escape at Dannemora è la nuova miniserie di Showtime, che questo dicembre si prefigge di mettere a nudo gli avvenimenti che qualche estate fa tennero incollati allo schermo milioni di americani che seguivano appassionati il continuare delle indagini su di un’evasione che per i tempi e le modalità assumeva tratti cinematografici.
Con alla regia Ben Stiller, sì proprio quello di Zoolander, e a dare il volto ai due assassini evasi Benicio del Toro rispettivamente Richard Matt e Paul Dano invece nei panni di David Sweat, Escape at Dannemora si prefigura come una serie ad alto profilo con un cast stellare, a cui si aggiunge Patricia Arquette vero capolavoro di recitazione nell’interpretare uno dei personaggi cardine di questa storia, la sua Joyce Mitchell che vuole essere chiamata semplicemente Tilly, è un insieme di magnetismo e ripudio che pochi hanno reso sullo schermo con tale efficacia, tan’è che per il ruolo ha già una nomination ai Golden Globe 2019.
Proprio il personaggio della direttrice della sartoria del carcere, la famigerata Tilly, diviene per Escape at Dannemora il punto di accesso per entrare nel vivo della sua storia di evasione carceraria, il suo comportamento manipolatore che la porta a presentarsi sia come piagnucolosa vittima sia come stizzita prima donna è quello che ci viene presentato nei primi minuti della serie ed è quello che introduce il lungo flashback che caratterizza la durata di tutti gli episodi trasmessi finora, che hanno come punto di partenza proprio la scena dell’interrogatorio di Tilly qualche giorno dopo la fuga di Matt e Sweat.
L’introduzione del personaggio di Tilly come premessa alla narrazione della rocambolesca organizzazione e fuga dei due detenuti focalizza il racconto sull’intrigante intreccio di relazioni tra questi tre personaggi, che si ritrovano a inscenare una trama di dipendenze gli uni dagli altri che s’infittisce maggiormente con l’apporto della componente sessuale. Se il ruolo di Tilly sarà fondamentale per l’evasione di Matt e Sweat, il suo presentarsi come soggiogata e soggiogatrice muove un certo sentimento di tenerezza disgustata nei suoi confronti quando s’intuisce che pure lei cerca in modo discutibile la sua evasione dalla realtà. Il fatto che una delle prime sequenze di Escape at Dannemora che la vedono come protagonista sia caratterizzata dalla musica di Bob Dylan e Johnny Cash con lo splendido brano “Girl from the North Country”, evince un’intenzionalità nel rimarcare come anche la sua sia una fuga d’evasione dalla cupa realtà che la circonda.
La bravura di Ben Stiller alla regia di Escape at Dannemora è proprio quella di rendere per immagini e suoni il grigiore che caratterizza la vita all’interno del penitenziario statale che per la sua pervasività e magnitudine assume le caratteristiche di una città-stato con le sue leggi e dinamiche. Questo colosso detentivo vive della condizione paradossale di trovarsi immerso in una landa sconfinata al limite delle fitte foreste di quella regione, un sentimento di libertà, dovuta alla vastità di spazi incontaminati che lo circondano, che rende la voglia di evasione una fuga più che altro psicologica con la mente che galoppa via dalle mura della prigione, metafora ben resa con il bambino a cavallo che il personaggio di Benicio del Toro è solito sognare. Il paradosso degli spazi chiusi e aperti è reso egregiamente da Ben Stiller nelle scene in esterna e la situazione paradossale trova i suoi contrappunti ironici nella colonna sonora, esemplare in tal senso la scena di lavoro nella sartoria del carcere che aggiunge al rumore delle macchine da cucito la nota autoironica della canzone “Bills” di Lunchmoney Lewis.
Escape at Dannemora è già stata candidata ai Golden Globe 2019 nella categoria miniserie e film tv, la sua sceneggiatura è tratta dalle più di 150 pagine del rapporto sull’evasione del 2015 redatto dall’ufficio del Governatore dello Stato di New York; l’organizzazione e la fuga di Richard Matt e David Sweat con la collaborazione di una dipendente del carcere Joyce Mitchell sono documentati minuziosamente e se il finale è già stato scritto, questo non toglie alla serie efficacia nel raccontare quel fatto di cronaca, che viene qui sottratto dalla sua dimensione di mera notizia per essere scavato in profondità alla ricerca di una sua dimensione umana in cui rintracciare una psicologia della fuga.
Escape at Dannemora è disponibile in Italia su Sky Atlantic, che stasera trasmetterà la terza parte, oltreoceano invece è già andata in onda il quarto episodio domenica scorsa.
Per chi volesse approfondire adesso che ha letto le sue istruzioni per l’uso ecco qui il trailer:

https://www.youtube.com/watch?v=RVbOjP1Ziec

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