Recensione – Bohemian Rhapsody (rivive il mito di Freddie Mercury e dei Queen!)


Un film di Bryan Singer* con Rami Malek, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Lucy Boynton, Allen Leech.


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Is this the real life, is this just fantasy?» Queen , Bohemian Rhapsody

Quando ero piccolo a mio padre piaceva viaggiare in auto e, durante queste trasferte, metteva spesso i dischi dei Queen, così ho imparato ad amarli e venerarli come qualcosa di irripetibile, perché me lo ricordo mentre era ancora in vita Freddie Mercury ed era già sentito come un mito anche da chi era troppo giovane per capire, come eravamo i due miei compagni di classe delle elementari fan sfegatati ed io, all’inizio degli anni ’90.

Perché la verità è che non ci sarà mai uno con le sue stesse qualità vocali ed interpretative e, visto che se n’è andato ormai da tanto tempo, ogni tanto sentiamo il bisogno di ravvivare il suo ricordo e allora dobbiamo ricorrere a espedienti come ad esempio questo biopic: i restanti Queen tentano di risorgere senza Freddie dal lontano 1992, ma non ci sono mai riusciti né hanno mai avuto l’aria di crederci troppo nonostante periodicamente ingaggino nuovi cantanti o si inventino musical di successo come We Will Rock You.

Il film è molto carino e l’interpretazione di Rami Malek è ottima, cerca di catturare l’essenza dell’uomo e dell’artista ma non riesce a renderne la magia, mentre il vero Freddie Mercury riusciva a trasmetterla attraverso la sua voce e i suoi movimenti, facendo sognare grandi e piccoli.

Seguendo le regole di ogni buon film biografico che si rispetti, Bohemian Rhapsody racconta la carriera della band dagli esordi al successo internazionale, focalizzandosi sulla figura del cantante e la sua vita privata, che spesso contrasta e rischia di rovinare il trionfale percorso artistico dei quattro ragazzi inglesi.

Tra i canoni di questo genere però c’è anche l’abitudine a semplificare e stravolgere un po’ gli eventi reali per la necessità di creare momenti cinematografici, che si distinguano, ma in questo caso ci si prende un po’ troppe licenze ed è il caso di analizzare la trama anche solo per evidenziarle e cercare di capirle.

cliccate sulla gif per volare tra il pubblico!


cliccate sulla gif per volare tra il pubblico!

Dopo un’efficace scena introduttiva, in cui si sottolinea l’emozione del cantante che si prepara a salire sul palco e strabiliare il pubblico del Live Aid con un’esibizione che entrerà nella storia del rock, insieme al flashback sulla formazione del gruppo è in agguato anche il primo cliché da film biografico: l’incontro con gli altri membri della band è narrato come se Freddie arrivasse al momento giusto e diventasse il cantante della band Smile la sera stessa in cui il cantante precedente se ne va, mentre nella realtà Mercury e gli altri si conoscevano già anni prima di iniziare a suonare insieme.

Inoltre John Deacon non è stato ingaggiato al volo come bassista, come viene stranamente mostrato, ma è arrivato dopo una serie di altri musicisti che non erano stati capaci di amalgamarsi con i tre colleghi.

L’appiattimento narrativo prosegue con scene da manuale, in cui i protagonisti trovano note e parole giuste al primo tentativo e in pochi secondi compongono un successo immortale dopo l’altro; curiosamente anche la cronologia di alcune canzoni è stranamente alterata per aderire alle necessità della trama, ad esempio We Will Rock You, con il suo inconfondibile ritmo dato dal battere piedi e mani, non fu scritta negli anni ’80 per arginare la deriva disco che creava tensioni nel gruppo, bensì molti anni prima per l’album News Of The World (1977).

Pettinature e look degli esordi perfettamente ricreati


Pettinature e look degli esordi perfettamente ricreati

Il discografico antagonista Ray Foster, quello che si fa sfuggire l’occasione di pubblicare il singolo Bohemian Rhapsody e di conseguenza scarica la band, non è un personaggio realmente esistito: il ruolo di Mike Myers è un condensato di diverse figure di manager recalcitrante e la sua funzione è quella di mostrare la chiusura di vedute verso l’originale ed inafferrabile complessità della canzone che dà il titolo al film: nella realtà i Queen sono rimasti legati alla casa discografica EMI ben oltre la morte del loro frontman!

Fanno sempre parte delle invenzioni il fatto che Freddie e soci abbiano dovuto vendere il loro furgoncino per pagarsi lo studio di registrazione e soprattutto il fantomatico scioglimento della band prima del Live Aid di luglio ’85: è vero che il cantante si è dedicato alla produzione di due dischi solisti, e non è stato l’unico, ma dall’agosto 1984 e fino a metà maggio del 1985 i Queen si sono esibiti in ben 53 concerti del loro The Works Tour, per cui suona un pochino forzata la battuta del film “suonare insieme dopo così tanto tempo, sarà un massacro!”

Rami/Freddie e Mary "Love of my life"


Rami/Freddie e Mary “Love of my life”

Il film ha qualche difficoltà a rapportarsi con la sessualità di Freddie Mercury e sceglie la strada del non-detto quasi fino generare confusione nel pubblico, che sa benissimo dell’omosessualità del cantante, un po’ meno della sua difficoltà a viverla apertamente e serenamente nel corso degli anni ’70, specialmente provenendo da una famiglia di etnia parsi e di religione zoroastriana.

Da qui l’amicizia profonda con Mary Austin spacciata per fidanzamento, poi la sua presa di coscienza di essere gay e il conseguente allontanamento da lei, anche se i due sono rimasti amici e vicini fino alla fine; la svolta queer ed i festini nei night club rappresentati in maniera un po’ disturbante ed infine l’AIDS, presentata quasi come una punizione per gli stravizi dentro e fuori la camera da letto.

Per qualche istante mi è sembrato di vedere il mellifluo Liberace del film Dietro i Candelabri, e gli altri componenti della band ritratti come santi, sposati e sistemati, che reagiscono con imbarazzo ed impazienza alle stravaganze dell’amico finito tra le braccia di Paul Prenter, il manager/amante che è un po’ il cattivo del film, perché influenza le scelte di Freddie, lo tiene prigioniero e poi ne vende i segreti ai tabloid quando questi lo licenzia.

Tum tum cha, anche questa è una gif!


Tum tum cha, anche questa è una gif!

Fortunatamente poi il protagonista incontra il proprio futuro compagno Jim Hutton, anche se non nelle vesti di cameriere paladino dell’amor proprio, perché in realtà era un parrucchiere.

E’ un po’ come se gli sceneggiatori si siano sentiti in dovere di estremizzare alcuni aspetti della trama per renderli più fruibili al pubblico: dal banale accostamento tra evento triste e pioggia (sic), oppure il concerto finale mostrato come culmine della carriera di tutti e della vita di lui.

D’accordo, si tratta di una riduzione cinematografica, ma ciò che si riduce alla fine è soltanto la verità di questa storia magnifica e tragica e sotto questo punto di vista il film appare poco coraggioso.

Visto il massiccio coinvolgimento dei restanti appartenenti al gruppo in veste di produttori mi sarei aspettato più verosimiglianza, forse però proprio il loro controllo ha esercitato un’azione edulcorante rispetto ai veri accadimenti.

Lo sceneggiatore principale è lo stesso de La Teoria del Tutto sull’astrofisico Stephen Hawking, con cui Bohemian Rhapsody ha più di un punto narrativo in comune quanto a melodramma, e del più brillante L’Ora Più Buia su Winston Churchill con Gary Oldman.

Non lo definirei un racconto agiografico perché non descrive Freddie come un santo, anzi la sua dipendenza da droghe e alcool è ben sottolineata, così come la più velata promiscuità nella vita sessuale, ma in certi momenti sembra anche un po’ un disadattato, ritratto da solo coi gatti, mentre in realtà era soltanto un tipo molto introverso, una volta sceso dal palco.

Rami Malek ci mette l'anima e diventa Freddie Mercury


Rami Malek ci mette l’anima e diventa Freddie Mercury

Le parti musicali però sono tutta un’altra storia, accurate ed esaltanti come l’impegno dell’attore protagonista Rami Malek, che davvero ci mette l’anima nell’intento di riportare in vita il mito del rock scomparso nell’ormai lontano 1991: fin dai primi trailer non si può fare a meno di notare quanto il giovane interprete americano di origine egiziana, famoso per il ruolo dell’hacker Elliott nella serie Mr. Robot, si sia calato a fondo nei panni della rockstar comprendendo che potrebbe già trattarsi di uno dei ruoli più importanti della propria carriera in ascesa.

Se il gioco della somiglianza è intermittente, perché anche il collega che interpreta Brian May è praticamente un clone trentenne del leggendario chitarrista, è soprattutto lo studio approfondito delle movenze e delle espressioni a rendere Malek un Freddie Mercury realmente credibile, tanto da riaccendere nel pubblico la febbre per i Queen e quell’istintivo affetto mai sopito per il loro frontman.

E verso il finale, complici anche una ventina di minuti di perfetta ricostruzione della loro esibizione al Live Aid, il pubblico in sala si abbandona ad un karaoke generale sulle note dei loro successi più grandi, perdonando ogni storpiatura della trama.

E dire che le controversie produttive non sono affatto mancate a questo progetto: annunciato nel 2010 da Brian May e Roger Taylor, doveva avere come protagonista il comico Sasha Baron-Cohen, poi allontanato per divergenze creative coi Queen stessi.

Il copione è poi passato per un breve periodo nelle mani del regista David Fincher e doveva avere l’attore Ben Winshaw nei panni di Mercury, ma poi la produzione Fox ha scelto di affidarsi a Bryan Singer, reduce dagli ultimi film sugli X-Men, e con Rami Malek dedicatissimo e sorprendente protagonista assoluto.

*Bryan Singer però è stato poi licenziato a riprese quasi terminate a causa delle sue frequenti assenze dal set ed il film è stato completato dal direttore della fotografia Newton Thomas Sigel ed infine dal regista britannico Dexter Fletcher; dopo vari ripensamenti e consulti legali la produzione ha deciso di accreditare comunque Singer come regista effettivo della pellicola.

In definitiva gli elementi positivi prevalgono sulle perplessità di alcune scelte narrative e quello che rimane, per giorni e giorni, è la voglia di ascoltare e cantare a squarciagola i capolavori che Freddie e company ci hanno lasciato!

Bohemian Rhapsody ha incassato ben 5 milioni di euro nel primo weekend di programmazione in Italia e ha fatto nascere una piccola Queen-mania di ritorno, che verrà quasi sicuramente coronata dai riconoscimenti artistici che la pellicola e soprattutto l’attore protagonista raccoglieranno nell’imminente stagione dei grandi premi, a partire dai Golden Globes.

Preparatevi quindi a ricantare gli inni rock a gran voce col trailer di Bohemian Rhapsody!

 

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