Homecoming: Julia Roberts e un tocco di Hitchkoch


La nuova produzione di Amazon Prime Homecoming sottolinea quello che dicevamo l’anno scorso in merito alla Rivincita delle serie tv, nello speciale Discorsivo “Millennials al potere”. Le serie tv sono la nuova letteratura e, di conseguenza, attori e registi tendono a convergere sempre di più su questi prodotti.  Homecoming porta per la prima volta in scena un’attrice per ora vista solo sul grande schermo: Julia Roberts.
Lo show è stato confezionato così abilmente che la presenza della Roberts (che è anche produttrice esecutiva) è solo la ciliegina sulla torta.

Le sfaccettature di un problema moderno: la sindrome da stress post-traumatico

Homecoming è una struttura vicino a Tampa, in Florida, dove alcuni veterani americani si fanno curare la sindrome da stress post-traumatico per essere reinseriti nella vita civile. Heidi Bergman (Julia Roberts) è la psicologa del centro che ha molto a cuore il suo lavoro e la salute dei soldati. Tra questi vi è Walter Cruz con il quale instaura un rapporto di fiducia. Ma la storia inizia con un flashforward: anno 2022, Heidi lavora come cameriera in una tavola calda.  Un giorno un dipendente del Dipartimento della Difesa viene a farle alcune domande sul lavoro fatto in quella struttura e la giovane psicologa sembra che non voglia (o non possa?) parlarne.

Abilità tecnica, cast di livello, rimandi cinematografici: Sam Esmail la tocca piano

Ed è qui che comincia il vero trip di tutta la serie. Sam Esmail (Mr. Robot) ha creato partendo dall’omonimo podcast (lo trovate su Spotify in inglese, gli autori sono diventati poi gli sceneggiatori) un thriller psicologico dentro a una serie magnetica. La tensione narrativa è creata da due elementi: lo sdoppiamento cronologico con i flashforward presentati però in soffocante e spiazzante formato 1:1 e dai fitti dialoghi che al netto dei classici colpi di scena, puntano su un climax moooolto lento.
Da contrappunto emerge la durata degli episodi, 30 minuti massimo, pochissimo per gli standard odierni, che interrompono la puntata bruscamente aumentandone la suspance ed esasperando lo spettatore che non è onnisciente e viene lasciato in uno stato di ignoranza assoluta.

Un paranoico puzzle scomposto

Fin da subito proverete paranoia, straniamento e la sensazione che qualcosa non sia al posto giusto. I lunghi piani sequenza, le lente zoomate o le inquadrature volutamente decentrate (Hitchcock, Lynch ma anche un po’ di Tarantino) insieme ai set artificialmente perfetti e, quindi, latori di un errore nascosto vi daranno una incertezza costante. Quello che si potrebbe definire un puzzle scomposto moderno e retrò insieme. Tempi, musiche e inquadrature giocano un ruolo importante cambiando repentinamente atmosfera. Basti pensare alle telefonate tra Heidi e il suo capo Colin (un superbo Bobby Cannavale): lei con una forte etica del lavoro, lui che ha più di qualche scheletro nell’armadio.
Ci sono talmente tanti elementi che giocano a favore della serie che consiglio altamente di darle una possibilità.
Ma attenzione: o vi piacerà da morire o morirete dalla noia. A voi la scelta!

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