FERRARI, VETTEL E LECLERC: analisi approfondita di un 2019 enigmatico per Ferrari


Nel precedente articolo relativo al Gran Premio del Brasile non ho volutamente trattato il capitolo Ferrari. Le considerazioni sono tante, forse troppe. Questo perché il 2019 sarà per Ferrari un momento, a mio avviso, determinante per capire realmente il futuro della Scuderia: ipotizzare declini come quelli di McLaren o Williams non è certamente auspicabile, ma forse nemmeno così assurdo. I motivi per temere una simile prospettiva sono tanti e, citando liberamente un famoso adagio, “a pensar male spesso ci si azzecca”.

In primo luogo, il capitolo piloti. Vettel è da anni il caposquadra, il pilota di riferimento, il cavallo su cui puntare per la conquista dell’iride. Il tetracampione, teutonico come l’illustre predecessore, sembrava in grado di portare finalmente a Maranello quel titolo che manca dal lontano 2007 per i piloti e 2008 per i costruttori. Quest’anno, l’auto era buona ed, al netto di errori marchiani del team (che comunque possono accadere nell’arco di un campionato), il mezzo avrebbe garantito affidabilità e velocità: la squadra, infatti, a parte le strategie “malate” partorite in occasione di acquazzoni o pioggia leggera (problema che, ahimè, è diventato ormai una costante degli ultimi anni), non ha commesso grossi errori. Gli sbagli, quelli grossi, li ha commessi Vettel e, come detto in precedenti articoli, Seb si è impantanato da solo nelle sabbie mobili. Purtroppo, la via d’uscita non si vede ed anche in Brasile si è avuta una triste conferma.

Infatti, al netto del problema al sensore che lo avrebbe condizionato e rallentato, Vettel ha corso l’ennesima gara in difesa, superato persino dal “bollito” Kimi Raikkonen. Guardando le statistiche degli ultimi anni, Vettel aveva nel piede almeno un paio di decimi su Raikkonen, ma vuoi per la vittoria di Austin vuoi per il fatto che ora non deve più guadagnarsi il rinnovo, ora Kimi è decisamente più veloce rispetto al suo capitano. Ciò non è normale e non dovrebbe neanche esserlo. Vettel ha vinto quattro campionati, ha assunto il ruolo di leader e non può minimamente permettersi di essere battuto dal “pensionando” Kimi (pensione dorata, peraltro, in Sauber Alfa Romeo): ciò significherebbe minare l’ambiente attorno a sé, perdere la fiducia di meccanici e tifosi che non lo qualificherebbero più come l’uomo in grado di garantire la velocità, la caparbietà, la determinazione giusta per assaltare la corazzata Mercedes.

E ciò ci consente di passare alla seconda considerazione, ossia il ruolo di Charles Leclerc. Il monegasco sta dimostrando grandi doti e, personalmente, ritengo che sia un bene che la Ferrari lo abbia promosso in prima squadra. Con un Kimi (per chi conosce la mia “passione”, mi duole tantissimo dirlo), che fa fatica a superare avversari senza il DRS e che da diversi anni, ha contribuito alle vittorie della Ferrari quanto un formaggino spalmabile nel ripieno dei tortellini, l’arrivo di Charles non può che essere un bene: potrà confrontarsi con i big, qualunque cosa farà non potrà essere peggiore di alcuni predecessori (Massa, Barrichello, Irvine per citarne alcuni) e accumulerà esperienza in vista del 2020. Ferrari, in questo contesto, ha e avrà un compito delicatissimo: farlo crescere con, e non contro, Vettel. Il ragazzino sembra sveglio e abituato a gestire lo stress, ma non deve compiere l’errore di montarsi la testa; Vettel, dal canto suo, non deve perdere fiducia (come ora) nei propri mezzi qualora Leclerc dovesse dimostrarsi veloce. La permanenza in Ferrari è garantita ad entrambi ed, al netto di strappi clamorosi che al momento non sono preventivabili, Hamilton stesso non sembra intenzionato a muoversi da Mercedes.

E qui si arriva ad un’altra conclusione, ovvero che Ferrari ha bisogno di una leadership importante: Binotto si è dimostrato all’altezza del compito, preparando un’auto in grado di lottare con Mercedes, mentre Arrivabene ha perso un po’ del suo peso “politico” dopo la dipartita di Marchionne. Basti guardare alla gestione della squadra dopo tutte le (fantasiose, aggiungo) penalità subìte da Vettel o i mancati reclami nei confronti dei cerchi forati della Mercedes. Probabilmente ci sono accordi e tensioni dietro le quinte, sia in Ferrari che al tavolo delle trattative per il prossimo Patto della Concordia, ma sta di fatto che Ferrari ormai non alza più la voce come un tempo. Nel 2019 bisognerà assicurare alla Scuderia gli uomini ed i mezzi migliori per provare a replicare l’auto di quest’anno. Lo sperano i tifosi, lo chiede lo spettacolo.

Già, perché pensare che lo spettacolo delle ultime gare di Formula 1 sia quello di dare penalità a destra e a manca (salvo “l’Intoccabile”) per vivacizzare gran premi che altrimenti sarebbero noiosi o, peggio ancora, come in Brasile, applicando il regolamento in maniera “originale”, per dirla alla De André, è follia pura. Attenti al Gorilla!

P.S. Considerazione finale: da quando costui ha cantato l’inno italiano, la Ferrari ha cominciato a perdere…Coincidenze? Io non credo

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