Max Verstappen alias The Shunt: quando il talento non è tutto


Durante la scorsa gara di Monaco si è potuto tranquillamente vedere come Max Verstappen avesse tra le mani l’intero week end. Il suo ritmo, soprattutto in ottica qualifica, lo lanciava prepotentemente verso la vittoria poiché il suo compagno di squadra, Ricciardo, prima poleman e poi vincitore, “viaggiava” con circa tre decimi di ritardo rispetto all’olandese.

Facile, col senno di poi, pensare che Verstappen avrebbe facilmente vinto il Gran Premio, visto che Ricciardo, più lento, è riuscito a portarsi a casa il primo posto. Tuttavia, per l’ennesima volta, anche durante il Gran Premio di Monaco, Verstappen ha messo in mostra tutti i suoi limiti.

Gli errori di quest’anno sono imbarazzanti e costanti.

In Australia, il “giovane favoloso” si gira in gara per un banale testacoda, andando a rovinare un week end dove comunque la Red Bull non aveva molte speranze di riuscire a vincere; in Bahrain urta contro Hamilton, rovinando la propria gomma posteriore; in Cina, mentre tenta di emulare i sorpassi millimetrici “alla Ricciardo”, rovina la propria gara tamponando Vettel al tornantino; in Azerbaijan, nel tentativo di difendersi da Ricciardo, si “fa tamponare” e costringe al ritiro entrambe le Red Bull.

In Spagna, riesce ad arrivare sul podio (nonostante la toccatina all’ala durante la Safety Car), ma solo perché la Ferrari era rimasta “penalizzata” dall’ormai famoso “affaire gomme”. A Monaco sembra essersi ripreso, ma incappa nell’ennesimo, marchiano, errore.

Gente come Vergne o Kvyat è stata estromessa dalla Formula 1 per errori molto meno gravi. Verstappen è chiaramente un talento, ma ormai corre in Formula 1 da tre anni: è vero che ha soltanto vent’anni ed ha tutto il tempo per migliorare, ma poiché voci dal box lo decantano come il “nuovo Senna” (anche per la sua abilità di superare o guidare nella pioggia, vedi ad esempio il Gran Premio del Brasile del 2016) da lui ormai ci si deve aspettare un risultato all’altezza.

Ricciardo, in qualifica, è meno veloce di Verstappen, tuttavia, a differenza dell’olandese, ha una visione di gara molto più lungimirante e completa, che lo porta a massimizzare i risultati.

Va bene che la Red Bull non è un team con problemi economici, ma vedere almeno una delle due vetture costantemente a muro o sfasciata contro qualche altro pilota (talvolta il compagno di squadra) non è per nulla edificante.

Ormai, Verstappen, più che essere il “nuovo Senna”, potrebbe essere definito il” nuovo Hunt”: paragone azzardato, legato al campione inglese più per il nomignolo (The Shunt, lo schianto) che per lo stile di vita…

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