Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda


Viaggiare. Quanto è intensa la forza evocativa di questo verbo. Viaggiare lontano. Per lavoro, per studio. Viaggiare per conoscere, per mettersi in gioco. Magari per fare fortuna o per trovare l’amore.

Viaggiare perché nel tuo Paese sei perseguitato, per la sola colpa di essere nato.

La vita all’improvviso

Enaiatollah Akbari è un bambino come gli altri. Ha undici anni quando la madre, per proteggerlo dalla furia dei talebani, decide di emigrare dall’Afghanistan.

Una sera, giunti in Pakistan, gli raccomanda di non:

  1. fare uso di droga;
  2. imbracciare mai delle armi;
  3. uccidere.

Poi, scompare.

Pakistan

Enaiatollah Akbari è un bambino sveglio, educato e rispettoso. Rimasto solo, lavora dapprima per un albergo, un samavat, e poi al Bazar. Stufo di essere trattato male da tutti per nessun altro motivo se non per le sue origini, decide di mettersi in viaggio per l’Iran, perché ha sentito che lì si sta meglio e che si guadagna bene. Si mette in contatto con un trafficante di uomini e riprende il viaggio alla volta dell’Iran.

Iran

In Iran ci starà tre anni. Lavora in un cantiere edilizio. Per i primi quattro mesi non percepisce stipendio perché i soldi che gli sarebbero spettati vanno direttamente al trafficante come pagamento del viaggio. Esaurito il debito, inizia a guadagnare. Ci sta bene in Iran ma un giorno viene la polizia e lo rimpatria. Torna subito indietro con un altro trafficante, ma poco dopo accade di nuovo. Stufo di questa vita, decide di rimettersi in viaggio per la Turchia, perché ha sentito che a Istanbul c’è lavoro e che si può vivere in pace.

Turchia

Il viaggio per la Turchia è il peggiore mai affrontato finora: quasi trenta giorni in marcia a piedi tra le montagne e poi tre giorni nascosto sotto un camion.

A Istanbul la situazione è peggiore del previsto: non si trova lavoro. Il ragazzo, allora, decide di partire per la Grecia.

Grecia

Raggiunge la Grecia in gommone: attraversa una tempesta e arriva alla sponda di Mitilene per miracolo. 

In seguito viaggia verso Atene. Qui trova lavoro in uno dei tanto cantieri allestiti per le Olimpiadi (Atene 2004). Terminato il contratto, decide di rimettersi in viaggio alla volta dell’Italia, facendo bene attenzione a non farsi prendere le impronte digitali.

Italia

Arriva a Venezia via mare; poi viaggia in treno fino a Roma e, infine, sempre in treno, fino a Torino. A Torino, finalmente, finirà il suo viaggio: trova una famiglia che lo accoglie e la pace tanto agognata.

Perché leggerlo?

Il libro è di una semplicità disarmante: non si descrivono atrocità, non c’è odio. Ci sono solo i fatti.

I fatti sono importanti. La storia, è importante. Quello che ti cambia la vita è cosa ti capita, non dove o con chi.

Ciò che importa sono gli eventi che si susseguono e che cambiano la vita, nel bene o nel male. E se nel suo lungo viaggio ha incontrato odio, paura, avvilimento, ha incontrato anche esempi concreti di solidarietà e coraggio.

Come il suo maestro di scuola, a Nava, che non ha ceduto alle intimidazioni dei talebani che volevano far chiudere la scuola ma ha continuato a fare lezione, come se nulla fosse. Pagando con la sua vita.

Oppure come la ‘nonna’ di Mitilene, che, senza chiedergli niente, lo ha accolto, gli ha dato da mangiare, da bere, gli ha fatto fare una doccia e gli ha dato 50 euro per prendere un traghetto per arrivare ad Atene.

Come la signora del treno nel viaggio da Roma a Torino, che gli ha detto quando scendere e che ha chiamato per lui l’amico afghano che lo avrebbe aspettato a Torino.

O, infine, come la coppia di Torino che, gratuitamente, lo ha accolto, permettendogli di diventare il loro figlio adottivo.

Il viaggio di Enaiatollah Akbari finisce a Torino: qui comincia la sua seconda vita. 

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