Recensione – The Post e il coraggio del giornalismo watchdog


the post

“The news is the first rough draft of history.” – Kay Graham (Meryl Streep)

The Post è un film del 2017, diretto da Steven Spielberg, con Meryl Streep, Tom Hanks e Sarah Paulson.

E lo amerete.

Il film è ambientato negli anni 70, poco prima dello scandalo Watergate, all’interno dell’allora piccola redazione di quel giornale sconosciuto – il Washington Post. L’America appare come una nazione logorata dalla guerra in Vietnam e dall’amministrazione Nixon – per il quale i giornali erano un vero e proprio nemico di Stato; ricorda niente? Ah aspettate, andiamo avanti.

Nel giugno 1967 il segretario alla difesa – Robert McNamara (Bruce Greenwood) commissionò uno studio confidenziale sulla storia della guerra del Vietnam ad un’agenzia di analisi delle politiche pubbliche nelle mani di tale Daniel Ellsberg (Matthew Rhys). Questi documenti, noti poi successivamente come Pentagon Papers, consistevano il più di 7000 pagine di rapporto in completo contrasto con l’immagine della guerra – e le stesse cause – che la Casa Bianca aveva diffuso nel corso delle diverse presidenze. I Papers furono copiati e diffusi prima dal New York Times e successivamente dal piccolo giornale locale Washington Post.

La trama perpendicolare parla della proprietaria del Washington Post – Kay Graham (Meryl Streep) – la quale ha ereditato la testata che fu di suo padre e poi di suo marito e combatte per far quotare il giornale in borsa. “La qualità degli articoli porterà profitto” è stata una delle molteplici frasi che la nostra generazione dovrebbe stampare su cartelloni giganti e appendere in giro per la città. La recitazione della Streep è stata mastodontica:

la vediamo interpretare una donna che, immersa nel suo tempo, non pensava di doversi mai trovare in una posizione così di rilievo. In molti pensavano che non dovesse essere lì: viene spesso ripresa come l’unica donna tra uomini di potere, a disagio, sminuita e spesso zittita da altri o da sé stessa. La vediamo in un climax di crisi sotto le pressioni del suo ruolo di donna in contrasto con il suo ruolo nell’azienda fino alla decisione finale: “La decisione è questa, io me ne vado a letto” – la frase con cui decise di mettere a repentaglio la stessa esistenza del suo giornale per il dovere dell’organo di informazione, per lo stesso atto di informare. Al suo ordine, la redazione condotta da Ben Bradlee (Tom Hanks) sfida la Corte Suprema degli Stati Uniti – e gli stessi investitori del giornale – al fianco del New York Times. Una piccola testata accanto ad una testata imponente.

La magnifica colonna sonora di John Williams (ventottesima collaborazione tra Spielberg e Williams, nominata ai Golden Globes 2018 come Best Original Score), la maestria nelle tecniche di ripresa, la spinta “empowerment sensoriale” di simbolismi: questo film mi ha lasciata a bocca aperta, specialmente quando le bobine della stampa iniziano a mettersi in funzione e fanno tremare la redazione. O quando…no, non ve lo dico. Guardatelo, emozionatevi, notate. Soprattutto notate.

Vorrei stare a farvi lo spiegone storico sul giornalismo e il cambiamento che ha attraversato la professione dagli albori fino ad oggi, ma ci sono sicuramente libri e professori che possono farlo meglio di me. Ciò che però vorrei evidenziare è che questo film non è un film capitato “per caso” in questo periodo. Non si sente che il termine “fake news” nelle nostre giornate, la fiducia nel giornalismo è ai minimi storici (e nelle board di amministrazione non ci sono ancora abbastanza donne, aggiungo) e ancora una volta gli organi di informazione vengono mostrati come nemici (da qualcuno che con Nixon ha molte cose in comune).

The Post vuole raccontarci che il giornalismo esiste, se è di qualità e se ha come fine quello di “servire i governati e non i governanti”. Se una testata locale può, con impegno e qualità, diventare una potenza internazionale nel giornalismo investigativo, allora possiamo avere fiducia e coraggio. “Sbaglieremo, spesso, ma dovremo continuare” sono parole molto potenti, un’immagine del passato che ci permette di fotografare il presente con una nuova prospettiva.

Un messaggio di fiducia per i pubblici e un messaggio di incoraggiamento per i giornalisti: la stampa non può fermarsi, non può rinunciare al proprio ruolo di watch dog – di controllo dell’attività di governo. Devono vegliare sul diritto all’informazione e difendere il diritto di pubblicare articoli di qualità che diventeranno la bozza su cui si scriveranno i libri di storia.

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