Il libro del mare di Morten A. Strøksnes


Sarà capitato anche a voi di comprare un libro di getto. La copertina vi attira come un magnete e vi ritrovate a sfogliare pagine di una storia della quale non sapete ancora molto ma che già non vedere l’ora di leggere.

La mia calamita sono stati la copertina meravigliosa e il titolo che ho trovato deliziosamente ironico; trovarmi fuori dalla libreria con “Il libro del mare. O come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone in un vasto mare “ (Iperborea, 2017) è stato un passaggio naturale, del tutto lucido, perché la storia promette davvero bene fin dall’introduzione.

Fondamentalmente è la storia vera di due amici, Morten A. Strøksnes – l’autore – e l’eccentrico artista astratto/pescatore Hugo Aasjord, alle prese con la pesca più memorabile della loro vita: si dovrebbe quasi parlare di caccia grossa, dato che il bersaglio è nientepopodimeno che il famoso squalo della Groenlandia.

Armatevi di cartina geografica, Strøksnes ci porta nei mari del Nord, sulla piccola isola di Skova, dove le Lofoten affascinano da secoli per la loro natura selvaggia e algida e l’uomo vive da sempre di quello che il mare offre, in un legame ancestrale. Da lì parte l’avventura, che lentamente si trasforma in sfida con il pesce che si fa inseguire ma non sembra abboccare mai, in un moderno riecheggiare melvilliano della balena bianca Moby Dick.

L’impresa non è certo facile, ma i due amici sono decisi ad arrivare in fondo a quella che si presenta come la pesca della loro vita. Hanno studiato a lungo l’animale e i luoghi dove è stato avvistato: in una giornata di mare liscio come l’olio la piccola barca esce al largo.

Una volta buttata a fondo l’esca non ci resta che aspettare, per tutto il tempo necessario. Ed è in questo momento di attesa che il libro propone una narrazione parallela e altrettanto interessante, fatta di storia, di scienza e nozioni sul mare, mentre con i protagonisti si condivide l’orizzonte piatto eppure mai immoto.

Melville, Conrad, Defoe, ma anche Poe, e perché no, anche un po’ di Stevenson ed Hemingway, ma soprattutto Strøksnes e la sua passione per il mare: questi sono gli ingredienti principali di un libro non sempre agile nella lettura ma pronto a offrire un’infinità di spunti di riflessione: dalla letteratura greca e latina ai grandi libri dei mostri medievali, fino alla denuncia ambientalista per come stiamo rovinando questo mondo del quale ci sentiamo dominatori, passando per le leggende nordiche e le storie che le Terre del Nord si tramandano.

Ma non c’è solo il dibattito letterario-scientifico, questo libro nasconde in se pieghe ancora più profonde, quelle dell’anima segreta dell’universo marino dal quale la vita proviene e verso il quale il nostro istinto tende da sempre, attirati dalle profondità abissali che ispirano alla ricerca dell’ignoto e di ciò che nasconde.

A rendere davvero affascinate questo libro, secondo me, è il doppio filone narrativo, quello del romanzo – ce la faranno i nostri eroi a cacciare il temibile squalo della Groenlandia o falliranno nell’impresa? – e quello saggistico, che si esprime nei lunghi capitoli che idealmente coincidono con le lunghe attese dell’autore in mezzo al mare, un organismo primigenio vivo e vitale, traboccante di vita e imprevedibile quanto indifferente ai suoi piccoli abitanti.

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