I FASTI (E I FANTASMI) DEL PASSATO TORMENTANO LIBERTY MEDIA


A marzo comincerà la seconda stagione targata Liberty Media, la prima col nuovo logo della F1: come annunciato ad Abu Dhabi 2017, ciò dovrebbe rappresentare la ventata di aria fresca all’interno del Circus, con tanti accorgimenti per gli appassionati così da far riavvicinare il grande pubblico agli autodromi e, perché no, ai piloti.

Tuttavia, a fronte dei consueti “titoloni” da prima pagina, non sembrano profilarsi all’orizzonte quelle modifiche così tanto decantate; è vero, siamo ancora all’inizio e la partita è ancora lunghissima, ma, a mio avviso, l’abbrivio non sembra essere così positivo.

Già, perché sia sotto il profilo programmatico che pratico, Liberty Media sembra vittima del proprio investimento (quasi come Honda con McLaren, con esiti, come visto, infausti).

Chase “Baffone” Carey &Co. ha dimostrato la chiara intenzione di allargare la base di squadre partecipanti, instaurando un “Budget Cap” ancora più rigoroso e stringente (come accade nella classica tradizione americana, basti pensare agli esempi IndyCar o NBA): costruttori di auto come Ford e Porsche e motoristi come Cosworth orbitano, infatti, da almeno dieci anni attorno alla F1, aspettando la finestra buona per entrare.

Liberty Media vorrebbe dare loro questa opportunità a partire dal 2020 con il nuovo Patto della Concordia, ma, trattandosi appunto di “concordia”, deve avere l’avallo di tutte le squadre, disposte ad accettare di dividere la “torta” dei soldi derivanti dai diritti tv con più concorrenti, a fronte di una spesa più bassa per la produzione e lo sviluppo delle vetture e dei relativi propulsori.

Ovviamente, per realizzare un livellamento “al ribasso”, occorrerebbe standardizzare molte (se non tutte) le componenti delle vetture, come motori e aerodinamica, proprio come accade in IndyCar dove i telai e l’aerodinamica sono curati dall’azienda italiana Dallara e i motori sono tutti forniti dal duopolio Chevrolet – Honda.

Chiaramente, team come Ferrari e Mercedes non vedono di buon occhio il Budget Cap e, in generale, tutta l’abolizione della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie che ne deriverebbe: per loro, infatti, la F1 è una vetrina e un laboratorio, non solo per pubblicizzare il proprio marchio globalmente, ma anche per trasferire alcune innovazioni sulle vetture stradali (ad esempio, Kers o i motori ibridi). Peraltro, dopo tutti gli investimenti intrapresi dai top team nel corso degli ultimi anni, immaginare che tutto ciò venga “buttato alle ortiche” è alquanto illusorio.

Ecco che allora le recenti dichiarazioni di Dieter Zetsche, presidente Mercedes, si collocano perfettamente in tale quadro: parlando del rapporto con Marchionne e Ferrari, infatti, Zetsche ha dichiarato che “siamo il poliziotto buono e quello cattivo. Ci battiamo come pazzi in pista e cerchiamo di ottenere ogni decimo di secondo di vantaggio ma allo stesso tempo siamo allineati al 100% sui nostri pensieri e sulle azioni strategiche in Formula 1. Siamo buoni amici”.

In definitiva, Liberty Media vorrebbe mantenere “la botte piena e la moglie ubriaca”, mantenendo grandi marchi come Ferrari e Mercedes vicino a team privati o minori in grado di metterli in difficoltà. Purtroppo, la Formula 1 è un mondo profondamente ancorato alle tradizioni e pensare di avvicinare la Formula 1 agli spettatori senza le squadre che ne hanno scritto la storia è decisamente folle.

Come detto, Liberty Media sembra essere vittima del proprio investimento perché vuole rientrare il più in fretta possibile degli 8 miliardi di dollari investiti per rilevare la Formula 1 da Bernie Ecclestone: per centrare questo obiettivo, negli ultimi mesi, ha rinegoziato tutti i contratti con le emittenti tv, aumentando il prezzo per l’acquisto dei diritti di trasmissione. Questa scelta ha, di fatto, consegnato il monopolio delle dirette dei Gran Premi alle piattaforme private a pagamento, estromettendo dalla corsa le televisioni pubbliche (emblematici i casi di TF1 in Francia e Rai in Italia, con quest’ultima che riuscirà nella “difficile” impresa di trasmettere soltanto il Gp d’Italia). Anche su questo tema, si potrebbe ragionevolmente dibattere: come può Liberty Media immaginare di estendere ed avvicinare il pubblico e gli sponsor se la F1 viene trasmessa esclusivamente su pay tv? A mio avviso, replicare a tale domanda con la sola frase “ma tanto con la MotoGp funziona perfettamente”, sarebbe da stolti: in primo luogo, perché le gare di MotoGp sono molto più vivaci e briose dal punto di vista dello spettacolo, ed in secondo luogo, perché esistono personaggi come Valentino Rossi, Marquez, Lorenzo e Dovizioso in grado di attrarre, da soli, pubblico non solo davanti alla tv, ma anche a bordo pista (con prezzi molto più abbordabili).

Il problema degli sponsor e del pubblico, peraltro, ha investito anche l’Aci e l’organizzazione del nostro Gran Premio d’Italia. Sì, perché l’assenza di nuovi sponsor e di pubblico, unitamente alla mancata approvazione dell’emendamento “Salva – Monza” nella legge di bilancio 2018, ha rimesso in discussione la presenza del Gran Premio in calendario già a partire dall’anno prossimo, nonostante il rinnovo siglato due anni fa fino al 2019. La responsabilità è equamente ripartita tra Aci e politica, ma certamente l’Affaire Monza dimostrerà se Liberty Media desidera investire nei circuiti storici oppure no, se desidera allontanare la F1 dal pubblico europeo andando verso Americhe e Asia.

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