“Bambini nel bosco”: il potere delle parole


Le parole sono finestre, danno una prospettiva sul mondo e su noi stessi. Le parole danno significato alle cose, sono la sostanza della memoria e danno un nome alle emozioni. Le parole fanno nascere desideri dove prima c’era un groviglio di sensazioni e sono in grado di creare pensieri via via più complessi, e quindi i caratteri, le idee. “Bambini nel bosco” di Beatrice Masini, edito da Fanucci editore, è un libro che parla del potere delle parole e della lettura.

A seguito dell’esplosione di una bomba che ha devastato gran parte della Terra, su un pianeta imprecisato viene costruita una Base, dove i bambini sopravvissuti vengono rinchiusi. Sono tanti, come bestie allo sbaraglio, alla continua ricerca di bacche per sfamarsi. Oppressi e depressi, scavano nel fango e giocano rigirandosi tra le dita i sassi, come farebbero bambini molto più piccoli di loro.
Dall’altoparlante un organismo superiore, il Grimo, detta loro leggi, li chiama per distribuire qualche razione di cibo e per scandire l’ora della medicina; una pillola che cancella ogni briciola di memoria. Tra i bambini ci sono gli “Avanzi”, coloro che c’erano prima dello scoppio della bomba, e i “Dischiusi”, embrioni recuperati nei centri di crioconservazione e fatti crescere. Ciascuno di loro ha un nome, che corrisponde al verso emesso nel momento di registrarsi, prima di essere assegnati al proprio Grumo, una specie di tribù insieme ad altri bambini.

Nel Grumo numero Tredici ci sono Hana, capo indiscusso e spietato, e poi Dudu, Glor, Cranach, Orla, ZeroSette e Tom. Tom è diverso dagli altri, è un Avanzo, e ogni tanto sente riaffiorare alla mente un Coccio, un pezzetto di ricordo. Tom ha smesso da tempo di prendere la medicina e anche se fatica a dormire, pian piano riacquista frammenti del tempo passato. Nasconde un segreto, che ha trovato in una valigia inoltrandosi nel bosco intorno alla Base, nella ricerca di frutta sostanziosa che gli permettesse di pensare. Un segreto che i suoi compagni scopriranno presto: un libro di fiabe.

“Un libro.” Hana lo stupì. Allora ricordava anche lei. Impossibile. […] Lo aprì. Era a rovescio. Lo voltò, guidata, sospettò Tom, più dalle figure che dal verso della scrittura. O che sapesse anche leggere? Non strappò le pagine. Non diede morsi. Lo stupì una terza volta, alzando di nuovo lo sguardo verso di lui. I suoi occhi stavolta erano svuotati di malizia. Avidi, semmai, ma in un modo sano, il modo della fame che sa di poter essere placata. “Leggi” disse semplicemente. E gli porse il suo tesoro prezioso.”

Le storie diventano ben presto nutrimento da ascoltare, assorbire, esplorare. Le parole acquistano senso nelle loro teste e gli sguardi si fanno luminosi; segno che qualcosa si è acceso, e non vuole più spegnersi. Con le parole tornano i numeri, la precisione, la curiosità. E con la curiosità tornano le domande. “Perché siamo qui?”.  E’ tempo di scappare dalla Base, diventando i protagonisti della propria storia. I sette bambini del Grumo Tredici diventano così i “Bambini nel bosco”, capitanati da Tom, il più evoluto grazie alla memoria che possiede e alla sua capacità di pensiero. Tom sente emergere domande sempre più complesse a cui rispondere e dinamiche di gruppo che vedono scontrarsi i caratteri di ciascun membro. Perché le parole, nel bene e nel male, definiscono chi siamo e creano la nostra unicità.

Ma alla base nessuno si accorge della loro assenza? Li stanno cercando e rincorrendo? A seguirli a distanza c’è Jonas, un ragazzo assunto per monitorare il campo, ma che percepisce tutta l’assurdità di quel parcheggio disumano di bambini. Il ragazzo assiste alla partenza del Grumo Tredici e decide di seguirli a distanza, grazie a un’apparecchiatura metallica a forma d’insetto da lui costruita. Veglierà su di loro, sulla loro crescita e presa di coscienza, tentando di nascondere al Grimo la loro fuga. Assisterà alle discussioni, le scoperte e alle notti insonni di Tom e Hana mentre cercano di capire come affrontare le crescenti difficoltà. Li seguirà nella loro decisione di fermarsi a costruire una casa, alla morte di uno di loro e alla decisione di spostarsi di nuovo, consapevoli che “la casa è dove si è tutti insieme.”  Tutto questo finché la fuga dei bambini non viene scoperta dai superiori. Dovrà partire questa volta anche lui, a recuperarli.

Il romanzo di Beatrice Masini, pubblicato nel 2010, è l’unico romanzo per ragazzi che si è classificato tra i dodici finalisti al premio Strega. Scritto in maniera limpida come solo la traduttrice di Harry Potter saprebbe fare, “Bambini nel bosco” ha forse un finale troppo frettoloso e uno scenario che avrebbe acquistato valore se esplorato maggiormente, invece che usato solo come escamotage per la trama. Sono pagine tuttavia dal respiro profondamente umano, in equilibro tra la fantasia di un’atmosfera post-apocalittica e la realtà dei sentimenti narrati. In un mondo quasi orwelliano, sotto il controllo dell’occhio benevolo di Jonas, seguiamo i bambini scoprire se stessi nel bene e nel male, il mondo intorno a loro e i misteri profondi che accompagnano la vita. Una storia universale, dove le parole sono l’inizio di tutto. “In Principio era il Verbo”, la parola. Ed è attraverso la parola che tutto acquisterà pian piano un senso.

“Tutti hanno bisogno di un senso, e a chi non ce l’ha o non lo trova da solo bisogna darlo, se si vuole stare bene insieme.”

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