Venezuela e Brasile: il popolo si ribella al governo


Non sembra poter esistere pace per Venezuela e Brasile. Molti paesi nel Sud America si trovano in condizioni politicamente in bilico ed economicamente pericolose, ma quello che sta succedendo in questi due paesi catalizza l’attenzione mondiale come nessun’altro, per la gravità della situazione.

Quello che li accomuna in questi giorni più che mai è l’immensa mobilitazione della popolazione, come sempre per la maggior parte giovanile e studentesca, anche se per ragioni leggermente diverse. Questo perché la protesta in strada è rimasta in entrambi in casi l’ultima carta possibile da usare per fare sentire la voce del popolo, in particolare in Venezuela, che lentamente (ma neanche troppo) si sta trasformando in una dittatura vera e propria.

La gente venezuelana è allo stremo delle forze: manca il cibo, mancano i medicinali, anche quelli più basici, e manca la libertà, a causa di un governo sempre più autoritario, corrotto e violento. Un esempio pratico: le università pubbliche, luoghi teoricamente inviolabili da parte delle forze militari, sono invece costantemente sotto controllo dell’esercito, la cui cieca lealtà il presidente Maduro si è comprato offrendo posizioni di prestigio e beni di lusso. Maduro è il problema, questa è la verità, e non ci sono altre parole per dirlo.  Da troppo tempo ormai la corruzione di un governo oggi è quasi un fatto accettabile, sia in Europa che in America, ma in Venezuela la corruzione ha oltrepassato ogni limite e costringe la popolazione a vivere in stato di estrema povertà, nonostante, di fatto, il Venezuela sia un paese ricco di materie prime sfruttabili economicamente.

Non solo, la Repubblica Bolivariana del Venezuela ha perso ogni sembianza di repubblica, soprattutto dal momento in cui Maduro ha deciso che cambierà la costituzione, affidandone la stesura a 540 persone di cui due terzi elette a livello municipale e solo un terzo rappresentate i diversi gruppi civili, e dal momento in cui lo stato fa uso indiscriminato della violenza contro i manifestanti, di cui manifestare è un diritto. Ad oggi, le vittime a causa delle proteste sono 55, con più di mille feriti. Ma il pericolo di una deriva dittatoriale e della violenza in aumento infiamma sempre di più i giovani, spingendoli a ribellarsi e a provocare Maduro.

Anche in Brasile i manifestanti riempiono le strade: 35.000 sono le persone che si sono riunite a Brasilia dopo che la settimana scorsa la Corte Suprema ha rilasciato l’informazione, comprovata da delle registrazioni, che l’attuale presidente Michel Temer ha ricevuto regolarmente mazzette dal 2010.

I numeri dei manifestanti sono impressionanti sia in Brasile che in Venezuela, ma in Venezuela si stanno trasformando in un gruppo organizzato, equipaggiati di maschere antigas, caschi e guanti per poter ritirare le bombe di gas lacrimogeno, e vengono chiamati chamos.

In Venezuela, quindi, è quasi guerra civile. In Brasile c’è il rischio che un altro presidente venga destituito dopo Dilma Roussef. Un lato positivo in tutto questo però c’è, ed è che la gente vuole cambiare le cose e non arrendersi a corruzione e violenza.

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