Fare fumetti? Un lavoro vero, parola di Alberto Madrigal


un lavoro veroI sogni più intensi non sono facili da realizzare. I desideri non sempre si materializzano: si scontrano con una realtà pragmatica e spesso insensibile, che premia chi ha uno stipendio e demolisce chi è precario. Trovare un lavoro vero, che dia sicurezza e stabilità è il mantra di tanti giovani che si apprestano a diventare adulti.

Alberto Madrigal nella sua opera prima come autore completo, uscita nel 2013 per Bao Publishing, si racconta con sincerità e ci parla proprio di questo. Un lavoro vero è la storia di Javi, alter ego del narratore, che lascia un impiego sicuro in Spagna per trasferirsi a Berlino e provare a fare ciò che ha sempre desiderato: l’autore di fumetti.

un lavoro veroMa il fumettista non è un lavoro vero, secondo l’opinione comune. Non è una mansione che offre la possibilità di avere uno stipendio fisso, di mettere da parte i soldi per comprare una casa. Quanto è giusto abbandonare le proprie passioni per ricercare una occupazione accettata come seria e redditizia dalla società? Javi crede nei suoi sogni e pensa che fare fumetti abbia la dignità di un lavoro vero.

La tenacia con cui il giovane persegue il suo desiderio è rimarcabile, ma la storia non è priva di momenti di sconforto. L’abbandono della propria routine quotidiana e il conseguente nuovo inizio in una città sconosciuta, in mezzo a gente che parla un’altra lingua, portano Javi a una costante sensazione di solitudine.

Il personaggio che più da conforto al protagonista è Fabio, esuberante italiano col quale condivide l’appartamento, che instaura subito un rapporto di sincera amicizia col nuovo arrivato. D’altra parte il terzo coinquilino, il tedesco Peter, si dimostra distaccato e indisponente, e nasconde un motivo per non avere in simpatia gli spagnoli.

un lavoro veroSandrine, una ragazza appassionata di fumetti che Javi incontra al festival di Angoulême, assume un ruolo centrale in Un lavoro vero. È lei che conforta uno scoraggiato Javi nel momento più difficile, quando la delusione sembra vincere sulla volontà di perseguire il proprio sogno. «Il lavoro è soltanto un modo di guadagnare soldi» dice Sandrine. Sempre lei fornisce il consiglio più azzeccato: scrivi la tua storia, disegna ciò che senti, in modo istintivo e naturale. Osa più di quanto hai fatto finora. Improvvisa.

Quando Javi trova quello che dalla massa è considerato un lavoro vero, grafico in una ditta di videogiochi, tutto cambia. Il nostro protagonista non ha più l’ansia della disponibilità di denaro, può fare la spesa «senza fare prima uno studio di mercato» e andare al cinema. Ma ben presto capisce che il desiderio sopito di disegnare sta per riaffiorare e così si perde nelle strade per «scoprire un posto che non sapevo ci fosse. Anche se è sempre stato lì».

L’animo libero dalla pressione di dover creare qualcosa che piaccia al pubblico dà i suoi frutti e Javi comincia a voler dar forma a un romanzo grafico. Inizia a disegnare spinto dalla passione, a fare tavole che non ha intenzione di mostrare a nessuno. Disegna senza un programma, senza abbozzare nulla a matita. Liberatosi dall’assillante idea di dovercela fare, Javi ottiene il risultato che non si aspetta più. Le prime quattro tavole di Un lavoro vero sono il risultato di ciò che materialmente Javi/Madrigal sta faticosamente costruendo: il suo primo graphic novel.un lavoro vero

Un lavoro vero è ricco di tavole che parlano di luoghi. La città di Berlino innanzitutto, sconosciuta e da scoprire, imponente e multietnica, pronta ad accogliere stranieri e ad offrire luoghi di ritrovo ai giovani tedeschi, che «non hanno il concetto di stare a casa». Così i caffè e i bar sono luoghi dove passare intere giornate al lavoro sul computer.

I dialoghi sono ridotti all’essenziale, molte vignette lasciano un sapiente spazio al silenzio che enfatizza la solitudine e il travaglio interiore di Javi. Uno straniero che non conosce la lingua del resto è costretto a passare molto tempo con le sue riflessioni, osservando e ascoltando attentamente ciò che lo circonda. Le didascalie che riportano i pensieri del protagonista donano sentimento alla struttura.

un lavoro veroIl tratto di Un lavoro vero è morbido, attento ai dettagli senza eccedere nel particolare. Si adatta bene al tipo di storia emotiva che viene narrata. I colori caratterizzati da tenui pastelli ricordano le prime opere di Stefano Simeone, autore di cui ho parlato in passato.

Madrigal è particolarmente affezionato al tema del lavoro: nel suo successivo graphic novel Va tutto bene, racconta il tentativo di una ragazza di aprire un locale sui generis, un posto dove si vendono esperienze, non oggetti. Un viaggio tra mille difficoltà e sentimenti soffocati, fino a un gesto spontaneo che apre nuovi scenari. Un’altra splendida opera che mostra l’evoluzione artistica di un giovane autore capace di toccare corde profonde e inaspettate.

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