La terra dei figli di Gipi: il potere dell’affetto e della conoscenza


la terra dei figliA due anni dalla candidatura al premio Strega con Unastoria (2014), Gipi torna con un graphic novel brutale e intenso come pochi. La terra dei figli, uscito per Coconino Press, è un libro sconvolgente. Conferma e rafforza la bravura di un autore che sa rinnovarsi continuamente e non teme di affrontare temi mai sondati.

Il mondo, devastato da un’apocalisse che ha messo fine alla civiltà come la conosciamo, è arrivato alla Fine per un motivo che non ci è dato conoscere. Tra i pochi superstiti vi sono due giovani e un padre che cerca di proteggerli. La terra dei figli ha più il sapore del romanzo di formazione, piuttosto che dell’avventura in stile Mad Max. Il parallelo più calzante è con la La strada di Cormac McCarthy, uno dei miei romanzi preferiti.

L’ambientazione è una palude, una sorta di delta malato, dove confluiscono i veleni di una civiltà morta. Padre e figli vivono su quello che pare un vecchio capanno da pesca. La loro esistenza è mirata a resistere agli stenti e alle difficoltà – in primo luogo trovare cibo ed evitare altri umani ostili – giorno dopo giorno. Non vivere dunque, ma sopravvivere. Tassativamente senza emozioni.

la terra dei figliQuesto è ciò che il padre vuole insegnare ai figli: cavarsela con l’istinto, tenendo lontani i sentimenti che possono rendere fragili i due adolescenti. Ma essi sono ancora pervasi da un germe d’innocenza. Anche in un mondo derelitto è impossibile cancellare la gioia, la curiosità, la voglia di conoscenza di un giovane. Lo scontro generazionale tra gli adulti che rimembrano il tempo prima della Fine e i ragazzi che ricercano tale mondo perduto è emblematico in tutta La terra dei figli.

I figli temono e odiano il genitore, sebbene cerchino disperatamente di essere amati. Sono proibite le parole che esprimono concetti positivi: amore, cura, bene. Diventare come cani selvaggi, anzi più forti di essi: è il dogma che il padre insegna ne La terra dei figli.

Tale autoimposto annichilimento dell’empatia viene compensato dalla scrittura di un diario da parte dell’adulto. E’ un modo per mantenere una parvenza di umanità, una sorta di celebrazione della conoscenza. Ma è anche una valvola di sfogo per un essere che ha perso tutto e sa di doversi comportare in modo orribile per il bene delle uniche persone che ancora gli restano.

Il quaderno in cui il padre scrive ogni sera diviene quindi centrale ne la terra dei figliLa terra dei figli. L’analfabetismo dei ragazzi è un impedimento che non fa altro che accrescere la loro brama di sapere. Il messaggio che filtra dalla storia è indubbiamente l’importanza della conoscenza – la scrittura, la lettura – come unico metodo per emergere da un maelstrom d’ignoranza che ha regredito i sopravvissuti ad uno stato primitivo.

Il figlio più giovane, ossessionato dalla lettura del diario, cerca aiuto dalle poche persone che conosce: il violento Aringo che commercia col padre, la Strega, unica figura materna e compassionevole dell’opera. Quando questi tentativi non portano a risultati, i ragazzi si armano di coraggio ed affrontano da soli l’ignoto. Superano le proibizioni che il padre ha imposto per preservare la loro necessaria ignoranza, e diventano adulti tramite esperienze tragiche.

la terra dei figliIncontrano altre spaventose figure de La terra dei figli: i gemelli Testagrossa, mutanti regrediti a comportamenti infantili e dediti al cannibalismo. Ma la minaccia più crudele è costituita dai Fedeli, selvaggi guidati dall’Uberprete: un primordiale embrione di setta che concepisce come unico dogma l’obbedienza al dio Fiko, il quale impone sacrifici umani e stupri rituali.

Ovviamente ancora fondamentale è la sapienza, la capacità di leggere il testo sacro della divinità, che consente al capogruppo di imporre la sua volontà a fedeli ignoranti e abbietti. Il modello è quello delle civiltà protostoriche, quando compare la scrittura e si manifesta da subito come strumento di potere eccezionale. Ma è anche uno specchio di ciò che riscontriamo in certi luoghi degradati anche oggi, posti dove l’ignoranza regna sovrana.

Una caratteristica di rilievo de La terra dei figli è il linguaggio. Ciò che rimane della lingua umana è costituito da unla terra dei figli lessico scarno, votato alla descrizione dell’essenziale, con errori grammaticali e infarcito da versi animaleschi. Chi vive in comunità come i Fedeli sviluppa un suo idioma colmo di vocaboli che rimandano ad espressioni “social” del passato: parole come “giga”, “fiko”, “super” sono usate a profusione.

La comunicazione è un valore imprescindibile della società, nonostante l’oggetto di culto siano i libri. Come afferma la Strega «I quaderni non dicono niente. Non hanno la bocca.» L’uso della neolingua coinvolge prepotentemente il lettore, dal momento che Gipi sceglie di non utilizzare didascalie o pensieri dei personaggi.

Infine l’affetto risulta ugualmente indispensabile per costruire un nuovo mondo. Sarà sempre la Strega a chiedere al giovane «Stai bene?» sentendosi rispondere «Che domanda è?». Non conoscere il significato del sentirsi bene è terribile, anche in un modo distrutto. La risposta può stare in una carezza.

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