Fables, le fiabe sono tra noi


Fables è uno di quei fumetti che ti fanno pensare ad un’idea semplice, il classico “come mai non l’ho fatto io?”, tanto effettivamente il trasferire fratelli Grimm & Company in una versione a fumetti pare una cosa banale, praticamente scontata. Eppure nessuno ci aveva pensato prima del 2002, quando Bill Willingham ha creato quella perla da libreria che è Fables, pubblicato all’estero da Vertigo per DC Comics, mentre in Italia come al solito amiamo moltissimo complicarci la vita e Fables ha avuto una storia editoriale travagliata: prima Magic Press, poi Planeta DeAgostini ed infine RW Lion, che cura anche altri capolavori Vertigo, primo tra tutti Sandman  di Neil Gaiman.

Le basi di quest’opera sono semplici: un nemico, detto l’Avversario, ha invaso le terre di Favolandia, costringendo tutte le favole a fuggire nel nostro mondo, più precisamente a New York, dove hanno costituito un’enclave e vivono tutti felici e contenti. O forse no.

Qui scopriamo che il grosso LUpo CAttivo si fa chiamare Luca (Bigby in originale, da Big Bad Wolf) ed è lo sceriffo di Favolandia, mano destra del Sindaco e della sua Assistente Bianca ( Neve. Proprio lei. ), che di principe ce n’è sempre stato uno solo ed è un fedifrago traditore dalla faccia tosta, e che Pinocchio è di nuovo di legno. Le favole hanno firmato un accordo per cui le faide del passato sono dimenticate a favore di una più facile sopravvivenza del mondo umano, ma nessuno dimentica davvero: chissà come mai quando muore una giovane donna viene chiamato in causa Barbablù? Inoltre tutti coloro che non hanno forma umana sono riuniti in una Fattoria in aperta campagna, un luogo a metà tra l’idilliaco e il lager.

La forza immensa di quest’opera sta nei dettagli: gli autori conoscono ovviamente a menadito le fiabe classiche, da Esopo ai Fratelli Grimm a Perrault passando per la Disney e le sue manipolazioni a fin di bene, creando un olimpo di personaggi fortissimi, coerenti con la versione “leggendaria”, eppure umani e comprensibili, che si muovono in una New York ignara, l’enclave protetto da un magico incantesimo che lo camuffa agli occhi dell’umanità. Alcuni personaggi ricalcano perfettamente lo stereotipo che dovevano rappresentare nella fiaba di appartenenza, mentre alcuni sono decisamente cambiati, con una crescita però coerente basata sugli avvenimenti successivi alla fine della fiaba stessa: Biancaneve è una donna matura, orgogliosa ed intelligente che ha sofferto per l’abbandono del marito ma ha deciso di prendere in mano la propria vita e l’ha cambiata in qualcosa di migliore.

Ho trovato semplicemente geniale inoltre la trovata per cui più una favola è famosa nel mondo umano, più il personaggio diventa immortale: la forza del pensiero umano che non permette ad un’idea arcaica di morire ma piuttosto la plasma fino ad adattarla ai mutamenti del mondo, residuo di una tradizione orale in gran parte perduta.

Ovviamente tutti abbiamo in mente la serie televisiva “Once Upon a Time”, che però è basata sulla versione disneyana delle fiabe; Fables torna agli antichi fasti, quelli sanguinosi ed istintivi che la fiaba cercava di imbrigliare per trarne lezione e in fondo, rendere meno paurosi.

Fables ha raggiunto il capitolo finale ormai, benchè siano usciti e si continuino a stampare numerosi spin-off, quindi perchè non farsi un bel regalo di Natale e rituffarsi nelle fiabe che hanno segnato la nostra infanzia? Attenzione però, non tutto è come lo ricordavate.

 

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