Milano, sii Gentile. E paziente


Flashback. È il dicembre del 2011, verosimilmente il 22 ma chi si ricorda più, la memoria ogni tanto cicca. Milano si sta giocando l’accesso alle Top Sixteen, o forse un piazzamento migliore di quello già guadagnato. Anche lì, vai a ricordare.
Esordisce in maglia Emporio Armani un Alessandro Gentile di belle speranze, diciannovenne da un mesetto. Nella prima parte di stagione ha preso per mano e trascinato la Treviso allenata da Sale Djordjevic, la dirigenza Olimpia se n’è innamorata, e ha organizzato uno scambio prendendo il rampollo d’oro e spedendo l’italo-americano Jeff Viaggiano nella squadra veneta, che sta patendo il disimpegno dei Benetton e che a fine anno farà una fine non degna della sua tradizione recente, perché sic transit gloria mundi.
Io l’inizio di quella partita non lo vedo, troppo preso da questioni personali che durano da un paio d’anni, e che si risolveranno (ma ancora non posso saperlo) solo un mese e un giorno dopo. Riesco però a guardarne la fine, Alessandro non segna ma mi sembra già dentro il meccanismo.
Nota a margine: Tiri Liberi è in fase di definizione, e uscirà ufficialmente dieci giorni più tardi.
Fine flashback, torniamo al presente.
C’è qualcosa di comicamente amaro nella querelle che ha visto le strade di Gentile e Milano separarsi circa cinque anni esatti dopo. Qualcosa di pietoso, anche perché quali che siano le responsabilità da ambo i lati una storia come questa non meritava un epilogo di non-rapporto, di sopportazione, di punta d’orgoglio come quello a cui si è arrivati.
Perché l’Olimpia è parte della storia di Alessandro Gentile, in quanto lo ha lanciato nel circolo del basket di alto livello dove molti giovani faticano ad entrare. Ma anche Alessandro Gentile è parte della storia di Milano, ne ha guidato le sorti vincendo due scudetti, ha giocato infortunato, ha risolto partite, ha mostrato rabbia nelle sconfitte mentre qualche compagno meno interessato alla maglia e più al portafoglio mostrava indifferenza.
Qualche tifoso facilone, giornalista arrivista, sussurratore estemporaneo, dovrebbe ricordare che i biancorossi non arrivavano al tricolore dal 1995. Diciannove anni, tra quello e il primo dei due titoli, quello del 2014. Diciannove, come gli anni d’esordio di Gentile in maglia Olimpia. Guarda te il caso.
Ora, è chiaro che non ci sia stato dialogo tra le parti, né comunione d’intenti, né onestà intellettuale o una benché minima voglia di venirsi incontro. Chi debba accollarsene il peso e quanto, lo sa solo chi c’era nella stanza. Gli altri, noi compresi, possono solo supporre.
C’è però una domanda che, come diceva Lubrano, ci sorge spontanea: perché Milano sembra una giostra estiva, con bambini (i giocatori) che vanno e vengono, e genitori (gli allenatori) che pagano, spesso per tutti? Ed è così da dodici anni ormai, da quella finale persa contro la Fortitudo suk tiro di Douglas. Era la prima Olimpia di Lardo. Rapido recap.
Gli allenatori: Lardo, Djordjevic, Markovski, Bucchi, Scariolo, Banchi, Repesa, e gli interim di Caja prima e Peterson poi.
I giocatori, peggio ancora. Anche volendo citare solo gli acquisti più significativi, tecnicamente e/o mediaticamente, l’elenco è bello corposo. Li proponiamo qui, ben sapendo che potreste non volerlo approcciare, e allora vi diamo appuntamento tra qualche riga. Un consiglio: leggetelo, fornisce un quadro abbastanza definito della realtà Olimpia.
Pronti? Via: Bulleri, Shumpert, Galanda, Garris, Watson, Sesay, Vukcevic, Gaines, Hall, Hawkins, Mordente, Vitali, Rocca, Pape Sow, Marconato, Acker, Finley, Maciulis, Mancinelli, Petravicius, Jaaber, Melli, Greer, Eze, Cook, Giachetti, Nicholas, Fotsis, Bourousis, Radosevic, Hairston, Bremer, Stipcevic, Mensah-Bonsu, Langford, Hendrix, Green, Haynes, Jerrels, Moss, Samuels, Gigli, Kangur, Hackett, Lawal, Ragland, Brooks, James, Kleiza, Tabu, Lafayette, Cinciarini, Jenkins, Simon, Barac, Macvan, Sanders, Hummel, McLean, Kalnietis, Batista, Hickman, Dragic, Abass, Fontecchio, Pascolo, Radulijca.
Se siete stati avventurosi e vi siete immersi in questa giungla, sarete di certo perplessi quanto noi. La quantità di umanità passata da Milano è veramente elevatissima, specie considerando che a fronte di tanti e tali esborsi sono arrivati sono arrivati solo quattro titoli interni.
L’Olimpia, nonostante venga legata più alla realtà calcistica del Milan per la presenza costante di Galliani al Forum, ricorda maggiormente l’Inter morattiana pre e post Mourinho, quella che spendeva e spandeva senza soluzione di continuità ma che iniziò a vincere solo quando il Grande Avversario (in questo caso Siena) sparì di scena dopo alcune malefatte. Rivoluzioni continue, incertezza societaria che non fosse il ricorso al mercato nel momento del bisogno, allenatori messi in discussione dopo un paio di risultati negativi.
Solo che Milano il suo Mourinho ancora non l’ha trovato. Illusorio pensare potesse essere Repesa, che si porta dietro il marchio formativo della scuola slava, non quello di massimizzazione e accentramento delle risorse che accompagna l’allenatore portoghese. Allenatori con caratteristiche simili volendo nel basket potrebbero essere Svetislav Pesic, Pini Gershon, Zelimir Obradovic, Xavi Pascual, detto che Ettore Messina è tornato di là per restarci e provare a porre la bandiera FIBA su una di quelle panchine a stelle e strisce.
In questo tritacarne, questo guazzabuglio modaiolo e cinematografico, c’è finito in mezzo anche Alessandro Gentile, e come detto non sappiamo come sia andata, mentre ora ci sta finendo anche Jasmin Repesa. Che secondo la nostra umile previsione potrebbe neanche finire la stagione, e lo diciamo con il cuore stretto, da suoi ammiratori e sostenitori.
Ma a Milano nessuno pare aver capito che cambiando a centrifuga l’ordine degli addendi il risultato rimane invece sempre invariato. Partizan Belgrado, Kuban e Baskonia, sono tre società che hanno speso mediamente meno di Milano nell’ultima decade ma hanno programmato e costruito meglio, e le prime due hanno staccato l’accesso alle Final Four di Eurolega una volta, mentre la terza addirittura tre, dal 2005. L’Olimpia si è invece dovuta accontentare al massimo di un’uscita ai quarti contro i futuri campioni (2014).
Da quando Armani è entrato nella palla a spicchi alla sua Milano non mancata è la competenza tecnica nell’individuare i giocatori validi, ma quella nella gestione delle risorse umane. E l’uomo viene sempre prima dell’atleta, come insegna quel coach Dan Peterson che con questa filosofia ha guidato l’Olimpia al penultimo titolo europeo conquistato.

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