The Graveyard Book


Come sempre succede al mio ritorno dalle ennesime vacanze nelle isole britanniche, per un certo periodo resto ossessionata da tutta la produzione letteraria del luogo, che è un modo carino per dire che rientro carica di libri come un mulo e il mio fidanzato è giustamente convinto che il bagaglio in stiva sia esclusivamente a mio beneficio. Il risultato di tutto ciò è che questo mese non parlo di manga, bensì di un’opera letteraria diventata fumetto d’autore: The Graveyard Book di Neil Gaiman.

Il romanzo in questione nasce in maniera piuttosto singolare, e conoscendo l’autore non penso ci sia da stupirsi.

In realtà parrebbe aver avuto una gestazione piuttosto lunga, in quanto l’idea venne a Gaiman nel 1985 guardando suo figlio giocare nel cimitero vicino casa; solo nel 2008 finalmente viene pubblicato The Graveyard Book, che entra immediatamente in cima alle classifiche di mezzo mondo e vince, tra gli altri, il prestigioso Hugo Award.

COVER-The-Graveyard-Book-per-il-web-low_rgbData la particolare conformazione del romanzo, l’adattamento in graphic novel è stato piuttosto semplice: diversi episodi si collegano a distanza di due anni l’uno dall’altro per seguire la crescita di Nobody “Bod” Owens, permettendo quindi a otto diversi disegnatori di darsi il cambio sull’adattamento di P. Craig Russel, ovvero colui che da sempre collabora con Neil Gaiman per l’adattamento di opere come Coraline e Sandman.  Nel 2014 esce la versione originale, separata in due volumi, mentre in Italia arriva nel 2015 in un unico volumone targato Edizioni NPE: la qualità grafica e dei materiali è assolutamente superiore alla norma, la resa splendida e pesa come un bambino di cinque anni.

Il risultato questa volta è anche migliore per solito: The Graveyard Book nasce sullo stereotipo del romanzo di formazione ottocentesco, in pieno stile Rudyard Kipling, creando però qualcosa di totalmente diverso. Il giovane Bod viene cresciuto da una vecchia coppia di fantasmi, non può assolutamente uscire dal cimitero che gli fa da casa e lo protegge e i suoi due tutori sono una vecchia licantropa russa ed un vampiro (benché in tutto il fumetto Silas non venga MAI indicato come tale).Pages from TheGraveyardBook_ch 2 P Craig Russell_Page_1 (1)

Passando tra le mani di disegnatori diversi ovviamente ogni racconto assume un aspetto particolare, da quello onirico e dai colori pastello dell’episodio nel mondo dei Ghoul al tratto deciso e dalle figure marcate de “I giorni di scuola di Nobody Owens”, ma quello che accomuna tutti i pezzi del romanzo è la voce narrante che osserva la crescita del piccolo Bod: il bimbo finisce nel cimitero vicino casa quando ha da poco imparato a camminare, sfuggendo miracolosamente all’uomo che nella notte si era introdotto in casa sua e aveva sterminato il resto della sua famiglia. I fantasmi del luogo decidono di crescerlo, su suggerimento di una certa Dama Grigia (che altri non è se non la personificazione della Morte), garantendo quindi al piccolo alcuni doni come il poter vedere e parlare con i fantasmi e manipolare i sogni altrui.

Il fascino di quest’opera sta tutto nel vedere capovolte le normali regole del romanzo di formazione tradizionale, pur centrando comunque lo scopo prefissatosi: Nobody rientrerà sì nel mondo umano, ma con una sensibilità e conoscenze totalmente fuori dal comune, avendo già vissuto esperienze che nessun essere vivente potrebbe normalmente affrontare prima della propria dipartita. Il mondo di Bod, pur essendo popolato da fantasmi, è un mondo allegro e colorato, pieno di personaggi interessanti ed amici fedeli dove QUASI nulla è spaventoso quanto sembra.

Come tutte le opere di Neil Gaiman, anche The Graveyard Book non risponde a tutte le domande che apre e lascia il lettore con la curiosità residua e il desiderio di approfondire un mondo magico di cui ci è dato sfiorare appena la superficie, dandoci l’impressione che nella testa dell’autore esista un universo ben più complesso di quanto ci è dato vedere.

E così restiamo, pazienti, ad attendere.

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