La poesia nella politica: Nichi Vendola


La poesia nella politica sembrerà un controsenso, una bestemmia di pessimo gusto in epoche così fosche: eppure è così, esiste!

In un precedente articolo molti si sono sorpresi delle autorevoli firme letterarie che si sono adoperate per ficcare della poesia nella pubblicità. Ma le stesse aspirazioni si applicano alla poesia nella politica. C’è da scandalizzarsi?

No, forse c’è da chiedersi come mai, nel caso non fosse scontata la risposta, i politici cerchino d’inserire poesia nella loro politica. E guardando lo scenario elettorale (particolarmente quello italiano) in cui si devono dimenare, ai politici conviene muoversi in punta di piedi per non fare troppo rumore e per non affogare nell’astio del popolo. Le loro principali preoccupazioni dovrebbero essere: 1) la stigma forgiata dai cittadini, che definiscono la politica come “cosa sporca” e che ha ben aderito: <<Tutti uguali, tutti ladri!>>; 2) il riavvicinarsi al pubblico parlando col cuore in mano, nudo e provando ad epurare la comunicazione politica di quella nota stonata di retorica che si percepisce a 20 km di distanza; 3) l’entrare timidi nella fiducia delle persone, ascoltando, perché la poesia nella politica è cosa insolita e sincera (all’apparenza).

Vi avevo promesso Nichi Vendola, e ora ci arriviamo. Ma prima, chi direste inserisca, nello scenario italiano, la poesia nella politica?
Beh di certo Renzi, in una certa misura, attinge continuamente alla sfera empatica ed emotiva, sospinto da un forte uso della fotografia, la sua iconografia. Ma solo per metà.

Infatti il suo modo di comunicare “poetico” è mescolato con invidiabile equilibrio al suo “contrario”: se la poesia sono solo “parole”, le gesta e il suo lavorare sono i “fatti” concreti! Il suo linguaggio va come sulle montagne russe, con emozioni in prima persona con mix di sinestesie, iperboli, sineddoche e poi via, con svolte brusche di dati, numeri, fonti, misurazioni. La sua poesia nella politica prende più la forma di slogan che di poesia vera e propria. Però funziona. Sembra quasi abbia trovato un centrifugato vincente, prendendo qua e là dalla comunicazione politica contemporanea.

Mi piace pensare che il modo di comunicare di Nichi Vendola lo abbia ispirato. Perché?

Perché Nichi Vendola è IL poeta-politico (o viceversa, non sono riuscito a capire l’origine). Dà una dolce comprensione sentirlo parlare in contesti comunicativi programmati, come video o post su Facebook: il linguaggio affonda in un italiano ricercato ma non aulico, le allitterazioni, tutto si muove di una forte carica politica d’idee da “sporco comunista”, le parole vanno col ritmo battente delle poesie russe, e le citazioni, che non terminano nella compiacenza o nell’impressionare, quanto nell’esprimere il suo stato d’animo con più realismo. Perché Nichi Vendola parla di sé su Facebook, parla della “pugliesità”, della sua famiglia il giorno del suo compleanno, di sua mamma.

Vendola e XFactor

La “pugliesità”, poesia nella politica

Persino gli eventi della sua Sinistra che si sta muovendo hanno nomi molto più orientati sul piano poetico che quello retorico: perché “Cosmopolitica” può essere tranquillamente un bellissimo nome futurista di un festival letterario, invece di un’occasione d’incontro e dibattito politico.

E Vendola forse c’è (o c’era) riuscito grazie allo sguardo sensibile di Proforma, che ha saputo trapiantare la sua personalità in una campagna potente e sincera (al link tutte le immagini realizzate), che ha saputo metterlo a nudo e vulnerabile, facendo emergere un significato connotativo nella sua comunicazione: “sono così, lo ammetto, e giudicate voi se ne valgo la pena o no”. Appare ovvio poi il ribaltamento di “prospettiva”, il voler presentare come positive le critiche etichette a lui rivolte; ma il tono rimane quello gentile di chi osserva e si osserva e si lascia osservare: come di chi fa poesia.

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