Recensioni – Quando c’era Marnie


Locandina del film " Quando c'era Marnie" dello Studio GhibliQuando c’era Marnie

di Hiromasa Yonebayashi (Studio Ghibli)

Anna ha 12 anni e vive in una grande città del giappone moderno. È una bambina timida e un po’ scontrosa e soffre di asma, forse psicosomatico. Su consiglio del medico,  Anna viene mandata a trascorrere le vacanze estive da alcuni parenti in campagna. Qui rimane affascinata da un’antica villa sul lago, che pare piena di misteri: non ultimo la dolce Marnie, una coetanea di Anna che sembra provenire da un altro tempo…

Quando c’era Marnie è l’ultima opera di Yonebayashi per lo Studio Ghibli: il regista ha lasciato quest’anno lo studio di animazione giapponese e a noi pare proprio un peccato. Non solo perchè Yonebayashi è stato il più giovane autore Ghibli, ma anche perchè con questo film e con Arietty -Il mondo segreto sotto il pavimento aveva anche dimostrato di essere  anche uno dei più interessanti. Alla luce del “pensionamento” del maestro Miyazaki ( che comunque ora sta lavorando per conto suo ad un progetto in CGI. Sì avete letto bene) e della recente pausa di ristrutturazione a cui è andato incontro lo Studio Ghibli stesso,  Quando c’era Marnie ha il sapore malinconico del “ qualcosa che non siamo sicuri che rivedremo in futuro” e allo stesso tempo il gusto dolce della speranza che non sarà davvero l’ultimo film in stile ” Ghibli”.

Ed in effetti Quando c’era Marnie ha tutto ciò che i fan di Miyazaki e Takahata possono desiderare: Yonebayashi ci ha regalato un piccolo capolavoro, costruito visivamente su fondali che sembrano quadri meravigliosi (come la villa sul lago di Marnie, così bella che non la si può non sognare…). Sul piano della trama, non manca la delicatezza dei silenzi, la dolcezza di emozioni non dette ma che traspaiono lo stesso, come in controluce, nei dialoghi di vita quotidiana. C’è anche l’elemento fiabesco: la storia di Anna e Marnie è fatta di incanti e fantasmi, diari segreti e bambine come principesse chiuse nel castello.

E tuttavia la fiaba sfuma nel reale, la malattia sfuma nel psicologico, i fantasmi vivono soprattutto nel nostro animo. Volendo azzardare un paragone, si può dire che in quest’opera La Città Incantata incontri La Collina dei Papaveri.

Yonebayashi non molla mai la presa sul reale: ed è in questa piccola ma sostanziale innovazione la forza di un racconto che altrimenti rischierebbe di essere un’eco di cose già dette. Il regista adatta (come già aveva fatto per Arietty) un romanzo inglese per l’infanzia di Joan Gale Robinson, edito nel 1967 ed amatissimo dal maestro Miyazaki. Tuttavia le Anna e Marnie cinematografiche,pur conservando i nomi originali, vivono nel presente e la loro esistenza trova ragion d’essere propio nella modernità. C’è uno spirito nuovo, quindi, che fa convivere cartoline e treni ad alta velocità e che è incarnato dalla rabbia che Anna cova dentro di sè. Un furore che altro non è che un odio feroce nei confronti del proprio sè, un sentimento autodistruttivo che molte ragazzine ( e ragazzini) di oggi conoscono bene. Di quest’odio per crescere davvero, occorre liberarsi: la strada verso la maturità e la serenità passa anche attraverso la conoscenza della propria storia, la scoperta e l’accettazione di ciò che si è viene anche dalla consapevolezza di essere stati amati.

Con Quando c’era Marnie lo studio Ghibli sembra affermare ancora una volta la necessità dell’incanto e della fiaba, anche nel mondo contemporaneo: un bisogno che ha radici profonde e che può e deve declinarsi in senso moderno.

I titoli di coda completano la magia, perchè sono accompagnati dalla voce dolce di Priscilla Ahn ( chi si ricorda la sua Dream in Grey’s Anatomy?)

Da vedere assolutamente.

 

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