Goodbye Glee


Addio Glee.
Era il 2009 quando, per la prima volta, essere emarginati, gay, balbuzienti o disabili, insomma, essere “loser” non era più qualcosa di cui vergognarsi, ma era qualcosa che ci rendeva più forti di tutti quei bulli che, da sempre, cercano di ferire chi è più debole o, semplicemente, diverso.
tumblr_nljttpWjrA1r8fvhao1_500Oggi, dopo sei anni di stagioni travagliate e piene di alti e bassi, con gli ascolti in crollo continuo, si conclude l’avventura di Glee. E tuttavia Glee non è importante per la serie in sé che, lo sappiamo, è piena di nonsense, di personaggi spesso out of character che una puntata si comportano in un modo e quella dopo all’opposto ma che comunque resta una serie che aveva un ottimo potenziale e che in alcuni momenti ha brillato quanto una stella di Broadway. Non è la serie in sé che è importante, ma ciò che essa ha smosso in tutto il mondo.

Glee è stata, e sempre sarà, la rivincita dei Loser ed è stata la prima serie televisiva a mettere nero su bianco moltissimi temi fin troppo attuali, ma facendolo con una leggerezza (da non confondere con la superficialità) di chi “guarda il mondo non come è, ma come dovrebbe essere” e “ha il coraggio di aprire il proprio cuore e cantarci su“.rs_1024x512-141218123806-1024.glee-publicity-photo-season-6

Aprire il proprio cuore e cantarci su. A pensarci fa ridere. Sue stessa lo esprime nel più perfetto dei modi: “Per quanto ne so, il Glee club è soltanto un posto in cui dei codardi perdenti cercano di dimenticarsi dei loro problemi cantando, illudendosi di vivere in un mondo in cui importi almeno un po’ delle loro speranze e dei loro sogni. Completamente diverso dalla realtà, che è il mondo reale, in cui non c’è molto da sperare, oltre a delusioni, dolore e fallimenti. E sapete una cosa? Avevo perfettamente ragione. E’ proprio questo il Glee club. Ma mi sbagliavo a dire che erano dei codardi“. Niente di più vero. Quanto coraggio ci vuole per affrontare tutti i problemi che la vita ti manda e riuscire a continuare a sorridere e a possedere quella leggerezza che ti permette di cantarci su? Quanto coraggio ci vuole per sbattere continuamente contro l’ignoranza e l’ottusità delle persone, e tuttavia riuscire a restare sempre sé stessi e non farsi scoraggiare mai, continuando a coltivare sempre quella fiducia verso il mondo e verso il fatto che le cose possano cambiare? E’ proprio questo il Glee club.
Come dicevamo prima Glee è riuscito a farci riflettere su alcuni tra i temi più delicati e attuali del momento come l’omofobia, l’accettazione di se stessi così come si è, i disturbi comportamentali, il bullismo in ogni sua forma, la disabilità, le gravidanze adolescenziali, l’omosessualità, la perdita delle persone care, la paura del futuro e quella più viscerale del terrorismo. Ed è riuscito a farlo anche grazie ad una piccolissima idea, ovvero il fatto che quei ragazzi non sono solo attori, ma sono anche dei giovani che stanno, proprio come i loro personaggi, cercando un posto nel mondo, perciò in scena il più delle volte non ci sono solo le loro performance, ma anche le loro vite stesse, i loro problemi e i loro dubbi.
Glee ci ha insegnato che non importa chi tu sia, da dove tu venga, quale sia il tuo orientamento sessuale, la tua religione, se tu abbia una mamma un papà, due papà, un solo genitore o nessuno. Non importa se sei magro o grasso, se sei abile o hai bisogno di una sedia a rotelle. Ciò che importa è chi sei tu nella parte più profonda di te stesso e come ti comporti. Solo su questo puoi essere giudicato. Glee è uno dei pochi prodotti televisivi dove la ragazza affetta da sindrome di  down può comportarsi da stronza e risultare antipatica, dove la ragazza col nasone può arrivare a Broadway ma, per arrivarci, dovrà fallire più di una volta e imparare l’umiltà dai propri errori.

“Non so che succederà a questo club ma forse diventerà qualcosa di speciale. Forse diventerà un posto sicuro dove potremo imparare l’uno dall’altro ad essere noi stessi. Quando ripenseremo al tempo passato qui, dovremmo esserne orgogliosi. Per ciò che abbiamo fatto e per chi abbiamo incluso”.

Non c’è dubbio che Glee non sia un capolavoro di telefilm a livello di coerenza, testi, regia. Sicuramente non è all’altezza di True Detective, House of Card o di moltissimi altri prodotti di indubbio valore. Ma onestamente, se devo pensare ad un mondo in cui crescere mio figlio, penso potrei rinunciare tranquillamente al cinismo di True Detective, o ai sotterfugi di House of Card, ma non potrei mai rinunciare ad insegnargli ad accettare gli altri e a non smettere di essere se stesso e quando mi chiederà “mi dici sempre di essere Glee, ma cosa vuol dire Glee?” sono certa noterà quel sorriso nostalgico, mentre gli risponderò: “Glee is about opening yourself up to joy”.
E come, alla sua nascita, aveva accolto una canzone a rappresentare tutta la sua filosofia, don’t stop believin’, trovo perfetto che si sia concluso con un’altra canzone capace di mettere i brividi e di dar voce al messaggio più bello di Glee, I lived.

 Glee 2009 – 2015 ...

Tutto ciò che è successo è in quel trattino.

Ma, forse, la nostra speranza è che tutto ciò che è stato Glee sia nei tre punti di sospensione, e che un giorno, le future generazioni, possano guardare questo telefilm e dire: “davvero c’erano tutti questi problemi di bullismo, omofobia ecc quando tu avevi la mia età?”. Sarà dura, ma noi non smetteremo mai di crederci.

Thank you Glee. You did it all.

https://www.youtube.com/watch?v=qaqVwlkTENc

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