Recensione – American Sniper


10922881_419353341554665_3893421470925787726_nAmerican Sniper. Un film di Clint Eastwood con Bradley Cooper, Sienna Miller, Luke Grimes, Kyle Gallner e Sam Jaeger.

La gloria è qualcosa che certi uomini inseguono e in cui altri si imbattono per caso, senza aspettarsi di trovarla. In un modo o nell’altro è un gesto nobile che a volte ci si vede attribuire. La mia domanda è quando è che la gloria svanisce e diventa una crociata sbagliata o un fine ingiustificato in virtù del quale ci si consuma completamente? Io ho visto la guerra e ho visto la morte

Ci sono film di cui è difficile parlare, perché non si riesce a separare il film dalla realtà circostante. E’ quasi impossibile, pertanto, parlare di American Sniper, senza parlare di guerra, di terrorismo, di patria, di patriottismo, morte e onore.

C’è chi vi ha visto un’esaltazione della patria e della guerra, chi, invece, vi ha scorto velate critiche ad entrambe. Lo hanno criticato e lo hanno esaltato. Lo vogliono premiare e lo vogliono liquidare in due parole. E tuttavia, se molte delle opinioni c’entrano sicuramente con il film, lo sguardo con cui lo si guarda dipende molto dalla propria esperienza, e dalla propria opinione.

Un film difficile, appunto, e tuttavia un film che riesce a scatenare discussioni e dibattiti e, in fondo, non è forse proprio a questo che servono i film? A mobilitare opinioni e discussioni? Ad aprire la strada per temi e riflessioni che partono da un film ma si protraggono all’interno della realtà? Tuttavia non penso che la sede adatta per questi dibattiti sia la rubrica di “Al cinema” che cerca di concentrarsi (anche quando è difficile) sul film stesso. Mi piacerebbe molto però leggere un articolo più legato alla realtà sul nostro blog, troverei molto interessante leggere il loro pensiero in merito alle opinioni forti scaturite da questo film. Perché che siano di entusiasmo o di critica, non c’è spazio per le mezze misure parlando di American Sniper.

Perciò, prima di proseguire con la recensione, credo che sia fondamentale fare una piccola premessa American Sniperriguardo allo sguardo con cui io ho guardato questo film. Sono una persona tendenzialmente pacifista. Non amo la guerra in nessuna delle sue forme pur non sottraendomi ad un conflitto quando lo ritengo necessario. Non sono una pecora, né un lupo e neppure, forse, un cane da pastore. Non credo nel patriottismo cieco, perché non credo nemmeno nell’amore cieco, non che non ami o non sappia amare, ma perché sono convinta che nessuno possa vivere senza avere mai un dubbio o un’esitazione. Cresciamo, maturiamo, cambiamo, e anche lo sguardo con cui guardiamo il mondo cambia con noi. Sono fermamente contraria al terrorismo ovviamente, ma sono anche contraria a quella “guerra di difesa” che si fa in casa di altri e a quella “guerra preventiva” fatta per evitare qualcosa che “potrebbe essere“. Credo che prima di essere soldati le persone siano uomini e donne, e credo che andare in guerra per difendere la propria nazione lasciando a casa una moglie con dei figli perché “avremo tutto il tempo dopo per stare assieme e crescere i nostri figli dopo” sarà un atto di impegno morale, ma anche di forte egoismo. Perché quando si ama qualcuno si smette di essere “io” e si diventa “noi” quindi ogni decisione che una delle parti prende ha influenze anche sull’altra. E decidere di andare in guerra e lasciare l’altra parte del noi ad aspettare e vivere nel terrore che possa succederci qualcosa ,sia una decisione che può essere presa solo se anche l’altra persona è d’accordo.

Mi scuso per la lunga introduzione, ma penso sia importante, alle volte, capire chi è dall’altra parte e digita i tasti sulla tastiera, per poter davvero comprendere perché scrive quello che scrive. Soprattutto quando il proprio sguardo dà una chiave di lettura così forte che a due persone che guardano la stessa pellicola sembra quasi di vedere due film differenti.

Parlando di “The imitation game” ho iniziato dicendo che mi è sembrato quasi di vedere “Il discorso del Re” da un altro punto di vista, come se la storia fosse un corridoio e noi avessimo il potere di aprire ogni porta su più storie differenti, legate tutto allo stesso avvenimento. E guardando American Sniper non ho potuto fare a meno di vederlo con lo stesso filtro con cui avevo guardato “The Hurt Locker” dove, mentre quest’ultimo si concentrava sull’adrenalina, il primo parlava della lealtà e del patriottismo.

Partiamo dalla trama. Tratto dal romanzo omonimo che parla della vera storia di Chris Kyle (interpretato da Bradley Cooper), leggenda americana che ha ucciso più di un centinaio di nemici durante la guerra, American Sniper si divide principalmente in tre parti. Nella prima vediamo la gioventù di Chris, l’influenza del padre (che divide le persone in tre categorie: i lupi, che sono aggressivi e usano la forza per sovrastare i più deboli, le pecore, che sono deboli e non sanno difendersi e i cani da pastore, che pur essendo forti e coraggiosi usano la propria forza non per sovrastare i più deboli ma per difenderli e vendicare le ingiustizie), la sua vita da cowboy assieme al fratello più giovane fino alla sua decisione di entrare nei Navy Seals, una delle élite dell’esercito americano e l’incontro con la moglie (una Sienna Miller che riesce a nascondere la propria bellezza solare dietro ad un personaggio insicuro e semplice). Qui iniziamo ad apprezzare Kyle, così grosso e al tempo stesso così dolce e semplice, convinto di avere il dovere di difendere la propria patria perché “è il paese più bello del mondo“.

a-BRADLEY-COOPER-AMERICAN-SNIPER-640x468Nella seconda parte vediamo le quattro missioni a cui Kyle partecipa come volontario, alla sua amicizia con gli altri Seal, all’incontro con “Mustafa” la leggenda del nemico e nemesi di Kyle, la perdita di alcuni compagni e amici, la nascita dei figli e l’allontanarsi della moglie. In particolare, e qui non ho potuto fare a meno di pensare all’enorme scaffale di cereali alla fine di The Hurt Locker, in questa seconda parte assistiamo all’evoluzione di Kyle e al suo discostarsi sempre più dalla quotidianità americana dove il mondo va avanti e dove lui non riesce a sentirsi a casa. Come se per lui quella fosse sempre house ma mai home. “Come può la gente andare avanti con le proprie vite facendo finta che dall’altra parte del mondo non stia succedendo nulla?” si domanda Kyle in continuazione, per poi tornare sul campo non appena possibile.  E qui, personalmente, la mia empatia nei confronti di Kyle comincia a diminuire, in particolare quando nel suo sguardo si legge chiaramente la delusione e la disapprovazione nei confronti di quei soldati che hanno deciso di allontanarsi dal campo di battaglia, per tornare a casa dai propri cari, o da chi ritiene che anche chi è tornato vivo dalla guerra, e in salute, abbia visto qualcosa morire dentro di sé.

Non è nel personaggio di Kyle che si cela o meno una critica alla guerra, ma in tutti quelli che lo circondano. Come se ogni personaggio del film stesse cercando di mandargli un messaggio, stesse tentando di fargli capire che “la gloria svanisce e diventa una crociata sbagliata o un fine ingiustificato in virtù del quale ci si consuma completamente”. Lo fa un suo compagno, che gli parla del fatto che la guerra ti dà una scarica di adrenalina e non riesci più a tenerti stretto a niente. Lo fa la moglie, che lo accusa “Anche quando sei qui tu non ci sei, ti vedo, ti tocco, ma non sei qui […] Se pensi che questa guerra non ti cambi ti sbagli. Non puoi girare intorno alla fiamma per sempre”. E alla sua affermazione “Vado lì per difendere voi” risponde “Noi siamo qui, tu non ci sei”.

Il punto di svolta si ha quando Kyle perde due suoi compagni, che ormai sono per lui dei fratelli. Alla morte del primo, Kyle cerca di mantenere la sua salda opinione, in maniera talmente forte da diventare ottusa al punto da dichiarare che l’amico era morto quando aveva iniziato a dubitare della guerra. Ma è quando muore anche il secondo, e Kyle ultima la propria missione personale (uccidere la propria nemesi) e si ritrova laggiù, da solo, terrorizzato, che capisce che è il momento di tornare a casa dalla propria famiglia e dalle persone a cui tiene. Emblematica la scena in cui un ragazzino raccoglie l’arma di un nemico e lui, a differenza della prima volta che era successo (nella sua prima missione) in cui non aveva avuto alcuna incertezza nel premere il grilletto, si trova con il cuore che gli batte all’impazzata e il fiato corto, nella speranza che il bambino molli l’arma così da non dover sparargli. Perché gli avrebbe sparato se necessario, ma l’idea di farlo allo stesso tempo lo disgustava e lo faceva star male come è giusto che sia. Perché è questa la differenza tra un cane da pastore e un lupo, non fuggire da uno scontro se lo si ritiene necessario, ma essere allo stesso tempo a disagio con qualunque tipo di violenza.

american_sniper3Ed ecco iniziare la terza parte, il non trovare il proprio posto nel mondo. Ed ecco ritrovare, dietro al soldato, l’uomo. Le difficoltà nell’accettare di stare qui quando tanti altri soldati sono laggiù a combattere. Il rimpiangere non tutti gli uomini che ha ucciso, perché ogni proiettile che ha sparato è stato per difendere i suoi, ma per tutti gli uomini che non è riuscito a salvare. E’ a questo punto, forse, che Kyle comincia a comprendere quello che gli aveva detto il suo compagno, ribattendo alla sua spiegazione “qui c’è il male” (riferita alla guerra) con un “il male è ovunque“. Gli basta fare un giro in ospedale per capire che anche qui ci sono soldati da salvare. Non dal nemico, ma da ciò che la guerra ha fatto loro, dagli arti persi, dalla mancanza di voglia di vivere, dall’assenza di un proprio posto nel mondo. E ironicamente, è proprio nell’aiutare gli altri a trovare il proprio posto che Kyle trova il suo, ritrovando se stesso e la propria famiglia.

Se Chris Kyle sia un eroe forse è vero, non per quello che ha fatto in guerra, ma per tutto quello che ha cercato di fare dopo che è tornato, mettere se stesso a disposizione di chi ha bisogno e salvare moltissimi soldati dal nemico più duro di tutti: sopravvivere alla vita dopo la guerra.

American Sniper è un film senza mezze misure abbiamo detto all’inizio. Che vi piaccia o meno è un film che consiglio anche per conoscervi meglio attraverso due domande: Quale film state guardando? Quale tipo di persona siete: pecora, lupo o cane da pastore?

Inoltre, non meno rilevante ve lo consiglio perché è nella rosa dei candidati come Miglior Film agli Oscar 2015 . Ricordiamo che gli altri titoli in lizza sono: BoyhoodThe Imitation GameBirdmanThe Grand Budapest Hotel, La teoria del tutto, di cui troverete i link diretti alle nostre recensioni e Selma, Whilplash di cui attendiamo con ansia le recensioni un po’ perché siamo curiosi e un po’ perché segnano l’arrivo di altri due acquisti nella nostra rubrica e ci fa molto piacere presentarveli e dar loro il benvenuto nel team di “Al cinema“.

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