Zucca Baladin, pumpkin ale all’italiana dal finale incerto


ZuccaUno dice “zucca” e subito il pensiero va a succulenti tortelli, prelibati gnocchetti e altre leccornie perfette per sfidare con una buona dose di colore e calore i primi rigori autunnali. Lo dici a Teo Musso e il suo pensiero, manco a dirlo, va a una sola cosa: birra! Con “Zucca” il funambolico fondatore e mastro birraio del birrificio Baladin si avventura in un genere poco o nulla frequentato nel panorama “artigianbrassicolo” nazionale, quello delle pumpkin ale, che negli Stati Uniti, al contrario, può vantare una solida tradizione.

Nessun tributo a strampalate ed estemporanee mode d’oltreoceano, tranquilli. In primo luogo perché il padre della birra artigianale italiana – per chi non lo sapesse, Baladin nasce nel 1996, quando ancora per chi scrive la birra era soltanto quel liquido giallo e schiumoso con cui il babbo e ogni tanto pure la mamma accompagnavano la pizza – con Zucca ha voluto omaggiare il paese che gli ha dato i natali, Piozzo, piccolo borgo del cuneese dove questo simpatico ortaggio è così di casa da meritarsi ogni anno una fiera tutta per sé. In secondo luogo, le birre alla zucca hanno davvero una storia antica: risalgono a qualche secolo fa, quando nelle campagne statunitensi i mezzi erano quelli che erano e si era costretti a birrificare con quel che la terra più generosamente offriva.

Vi chiederete forse che senso abbia recensire ad aprile una birra dal carattere decisamente novembrino. Tralasciando il fatto che chi scrive sogna da sempre un anno con nove mesi d’autunno, due d’inverno e uno d’estate – possibilmente fresca e piovosa, grazie! – diciamo che Zucca è una birra da “ora o mai più”: nei periodi più caldi mi sento di sconsigliarla, e se qualcuno vuole gustarsi le ultime birre “da freddo” questo è il momento ideale.

Il nome, va detto, non brilla per originalità. Del resto, quando sei il primo a proporre uno stile puoi anche permetterti di andare dritto al sodo senza troppe concessioni alla fantasia. L’interpretazione stessa del genere è coerente con questa impostazione: la ricetta è quella di una pumpkin ale classica, con le spezie co-protagoniste al fianco dell’ingrediente principale, la zucca, anche se non manca di personalità grazie alla presenza della mirra tanto cara a Musso e già utilizzata per l’ottima Nora.

Proprio la mirra rischia, a dire il vero, di rubare la scena alla zucca, che pure cerca di imporsi donando a questa birra un colore tra l’ambrato carico e l’aranciato. Non tanto nel profumo, tiepido, fruttato e rassicurante, che si sprigiona dall’abbondante schiuma dorata e poco persistente, e nemmeno nell’attacco, che è morbido, rotondo, avvolgente. È invece nel corpo, forse un tantino esile, e soprattutto nel finale che la zucca viene un po’ sopraffatta dalle punture esotiche della cannella e, in particolare, dall’aroma vagamente resinoso della mirra, che sovrasta in modo deciso una luppolatura quasi impercettibile. Ne consegue che Zucca si lascia bere, ok, ma a piccole dosi: un paio di sorsi e si sarebbe tentati di dire “per ora basta così”.

Pur con questi limiti, Zucca mostra comunque una certa eleganza e un’apprezzabile dose di estro. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, funziona forse meglio come birra da pasto, purché si abbia l’accortezza di non contrapporle pietanze dal sapore troppo robusto: consigliabile puntare sul connubio con i dolci, con formaggi delicati oppure con primi piatti leggeri. E, naturalmente, con tortelli e gnocchetti di zucca.

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