Stroncature – Dragonball Evolution


La locandina di Dragonball EvolutionDragonball Evolution

di James Wong, con Justin Chatwin, Chow Yun-Fat, James Marsters, Emmy Rossum, Jamie Chung, Eriko Tamura, Joon Park.

Scrosci di pioggia incessanti, lampi che squarciano il cielo.

Sguardi infuocati, poche parole.

L’ultima battaglia ha inizio, con un’unica certezza: solo uno dei contendenti sopravviverà.

Lì, sullo schermo, prende vita lo scontro più atteso. Poco importa se il resto del film è stato, forse, al di sotto delle attese: tutta l’attenzione è ora concentrata su quei colpi fulminei, sullo spettacolare ed epico scontro tra il Bene e il Male. La musica sale, la tensione cresce, il cattivo sembra aver preso il sopravvento. Quando ecco che…

…va bene, ho temporeggiato abbastanza. Purtroppo, non è il momento di parlare della trilogia di Matrix.

Anche se, va detto, il duello finale tra Neo e l’agente Smith ricorda molto da vicino quelli di un certo manga di Akira Toriyama, quel Dragon Ball da cui è tratto il pessimo prodotto cinematografico oggi in esame.

Ad essere onesti, le mie aspettative di partenza su Dragonball Evolution non erano certo elevatissime: pensavo di trovarci una trama raffazzonatissima (frutto della solita incapacità di Hollywood nell’adattamento di opere non-statunitensi), personaggi vagamente somiglianti a quelli originali ed un mucchio di combattimenti spettacolari, simili a quelli visti – appunto – nel finale di Matrix Revolutions. Eppure, il film di James Wong è stato in grado di deludere persino gli auspici più modesti.

La trama contiene effettivamente alcuni dei momenti salienti della prima parte del manga; tuttavia, invece di unirli in modo coerente, Wong preferisce centrifugarli brutalmente, condendoli con armi da fuoco, la solita retorica della ricerca di autostima dell’eroe, e un Goku vittima di bullismo in puro stile George McFly.

Due gocce d'acqua, non trovate?

Due gocce d’acqua, non trovate?

Quanto ai personaggi, siamo ben lontani da una qualsiasi attinenza con le creature di Toriyama: Goku non è un bambino sempliciotto vissuto lontano dalla civiltà, ma uno studente diciottenne in preda agli ormoni; Bulma non sembra avere la geniale inventiva che solitamente la contraddistingue, ma in compenso spara come Django; infine, l’ottuagenario, barbuto e pervertito maestro Muten si trasforma in un più blando cinquantenne con le sembianze di Chow Yun-Fat.

Gli scontri rappresentano senza dubbio la delusione maggiore. Sono pochi, rapidi, scarsamente spettacolari e tremendamente finti, sparpagliati qua e là in un film che scorre in modo insulso, senza preoccuparsi di dare un qualsivoglia spessore ai personaggi. Il Lord Piccolo interpretato da James Marsters, in particolare, non ha alcun carisma, non incute timore e praticamente non combatte mai, ad eccezione dei pochi, confusissimi minuti di battaglia finale con Goku. Se alla sua controparte cartacea (il Grande Mago Piccolo) veniva invece concesso di dare prova della propria potenza e pericolosità in numerose occasioni, il personaggio di Marsters è praticamente assente, relegato a fugaci, rivedibilissime comparsate.

Potrei parlare per ore di tutto ciò che rende questo film ridicolo, tanto per gli appassionati della saga quanto per i neofiti. Ma non voglio dilungarmi sulla fumosa narrazione delle origini di Goku, sulla gommosità del costume di Piccolo, sulla mancata spiegazione di come questi abbia fatto a liberarsi dalla sua prigionia magica, e su ogni singolo secondo di questi ottantacinque minuti senza cuore e senza cervello.

Preferisco concludere con un consiglio: evitatelo. Qualunque altra cosa è in grado di incarnare lo spirito di Dragon Ball, o anche solo delle pellicole di arti marziali, meglio di questo film.

De Jong

La finale dei Mondiali di calcio del 2010, per esempio.

2 Comments

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  1. Dani

    Hai presente quando finisci di vedere un thriller di quelli pesi e per riprenderti ti butti su un episodio di… boh, Relic Hunter? Ecco, dopo questo film ho dovuto fare così.

    • Marco Frongia

      Ma possibile che con 30 milioni di budget, un universo narrativo già consolidato (e per di più già concluso, dunque sapendo esattamente quali elementi sarebbero diventati con il tempo più importanti) non si potesse fare di meglio?
      Non attrae nuovi fan, scontenta i vecchi, e non c’è spettacolo.

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