Stroncature – Godzilla (1998)


La locandina di GodzillaGodzilla (1998)

di Roland Emmerich, con Matthew Broderick, Jean Reno, Hank Azaria, Maria Pitillo, Michael Lerner, Arabella Field.

L’appuntamento è fissato per il 15 maggio. In occasione del sessantesimo anniversario della sua creazione, Godzilla torna nelle sale grazie al reboot omonimo con Aaron Taylor-Johnson e Bryan Cranston. Riuscirà Gareth Edwards – regista poco più che esordiente – a reggere il confronto con il primo film americano sul lucertolone nipponico, datato 1998?

Probabilmente, sì. Non solo perché il trailer sembra piuttosto promettente, ma anche perché il Godzilla di Roland Emmerich avrebbe funzionato meglio persino se fosse stato scritto da Federico Moccia.

Vediamo perché.

La trama di fondo è quella classica: un rettile di novanta metri, mutato dagli esperimenti nucleari che hanno coinvolto la sua isola natale, approda in una grande città per renderne lo skyline notevolmente più sobrio. Il sindaco Ebert (Godzilla)Purtroppo per il sindaco Ebert – interpretato da un Michael Lerner inconsapevolmente identico a Mario Borghezio – la metropoli scelta da Godzilla è nientemeno che New York.

Inutile dire quanto la simbologia originale sia stata completamente ignorata: dopotutto, nessuno si aspettava seriamente di trovare nel film una forte critica ai bombardamenti atomici; senza contare il fatto che – come già sappiamo – quando il cinema statunitense tratta opere europee o asiatiche, cade molto frequentamente in semplificazioni estreme e adattamenti pasticciati.

Il problema principale, semmai, è la collezione di assurdità messe in scena da Emmerich per mandare avanti la trama: auto avviate istantaneamente con il solo ausilio di un coltellaccio militare; soldati capaci di perdere le tracce di un mostro gigantesco durante un inseguimento; proiettili sparati da truppe addestratissime che mancano clamorosamente un bersaglio alto quanto un palazzo; sottomarini dalla mira talmente rivedibile da silurarsi erroneamente a vicenda; l’incredibile numero di persone che, in barba ad ogni istinto darwiniano, si ferma a contemplare il lucertolone invece di scappare; ma, soprattutto, Jean Reno che non spara un solo colpo contro i famelici cuccioli di Godzilla, preferendo metterli in fuga crivellando innocenti complementi d’arredo.

L’improbabile tragitto di Godzilla.
Si vede che ci teneva proprio
a visitare Manhattan

Che dire poi delle solide motivazioni per cui il Re dei Mostri avrebbe scelto di approdare a New York? Analizzandone il sangue dopo un primo, illusorio sventamento della minaccia, lo scienziato Niko Tatopoulos – intrepretato da Matthew Broderick, una nostra vecchia conoscenza – decide a sorpresa di effettuare un test di gravidanza alla creatura. Il risultato della verifica è lo stesso di un test antidoping svolto sugli sceneggiatori durante la stesura di questa scena: positivo. Dunque, Godzilla è in stato interessante, ed ha percorso decine di migliaia di chilometri solo per fare il nido nella Grande Mela. La trovata funge da pretesto per allungare un brodo già sufficientemente insipido, generando una lunga e noiosa ricerca delle uova. Nonostante siano state appena deposte nel sottosuolo newyorkese, queste sono in realtà già pronte a schiudersi, generando un nuovo pericolo per la città. Dopo un massiccio riciclaggio delle scene con i velociraptor di Jurassic Park, e la rapida sconfitta dei cuccioli, arriva il colpo di scena inatteso: Godzilla è ancora vivo, ed è pronto a vendicarsi per la distruzione della propria nidiata.

Sebbene vanti su un buon lavoro sul piano degli effetti speciali (guastato, tuttavia, dalla deludente realizzazione della progenie godzilliana), l’intera pellicola patisce la mancanza di idee originali dei suoi artefici. Una rimasticazione, questa, che coinvolge persino le musiche di David Arnold, spesso molto simili alla colonna sonora del già citato Jurassic Park. A completare l’affossamento del film ci pensa la pigrissima sceneggiatura di Dean Devlin e dello stesso Emmerich, del tutto priva di trovate originali ed incapace di uscire da alcuni evitabilissimi cliché. Non ultimo, il cliffhanger finale: dopo la definitiva vittoria su Godzilla, infatti, ci viene mostrata la schiusura dell’ultimo uovo superstite.

Ragion per cui, la composta esultanza del sindaco Ebert è da considerarsi, purtroppo, affrettata.

Godzilla Borghezio

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