Rughe, di Paco Roca: la dolcezza e il dolore dell’ultimo viaggio


Prima di tutto, Rughe è delicatezza. Leggendo il graphic novel di Paco Roca si ride di gusto, ma senza sbellicarsi. Ci si commuove fino alle lacrime, ma senza piangere a dirotto.

Rughe è come un lieve viaggio in barca su un mare calmo e profondissimo, che conduce ineluttabilmente al largo verso una destinazione sconosciuta. Perché è il racconto della vana battaglia quotidiana contro la vecchiaia e la tragedia del morbo di Alzheimer, narrata con dolcezza e ironia da un autore di stupefacente sensibilità e bravura.

Il nostro uomo è Paco Roca. Valenciano, 44 anni e carriera iniziata da autodidatta, ha all’attivo una decina di graphic novel uscite a partire dal 2000, pubblicate in buona parte anche nel nostro Paese da Tunué. A testimonianza della fiducia che la piccola casa editrice laziale ripone nell’opera dell’autore spagnolo, proprio a Rughe è stato affidato il compito di inaugurare – lo scorso maggio – una nuova collana di graphic novel a prezzo contenuto intitolata Le Ali, che proprio in questi giorni si arricchisce con la seconda e la terza uscita (rispettivamente Sottobosco di Isaak Friedl e Passato, prossimo di Emanuele Rosso).

Paco Roca – che arriva al fumetto dal mondo dell’illustrazione – ha uno stile narrativo del tutto originale: autore completo, sa addentrarsi nella più profonda intimità con una delicatezza sorprendente. A questa impressione d’insieme contribuisce con forza il disegno, caratterizzato da una limpidezza delle linee che ricorda da vicino l’opera di Hergé (omaggiato anche con un’evidente strizzata d’occhio) e più in generale il fumetto franco-belga. La consapevolezza con cui l’autore riesce a sintonizzare perfettamente immagini e racconto sulla stessa lunghezza d’onda, inoltre, denota una confidenza non comune con i meccanismi della narrazione.

Tanto che lo stesso Paco Roca dice, a proposito della sua opera: «Per me la narrazione è l’elemento principale, ancor prima del disegno e della sceneggiatura, c’è il sapere raccontare una storia. Mi sono ispirato a molti autori che sono grandi narratori a fumetti: Will Eisner, Vittorio Giardino, Richard Corben, Katsuhiro Otomo, Jiro Taniguchi e Daniel Clowes. Da loro ho imparato molto ma quello che più mi ha aiutato è il cercare di escogitare nuovi stratagemmi, nuove modalità per far funzionare le scene narrate».

Sono proprio alcuni stratagemmi narrativi presenti in Rughe a permettere all’autore di affrontare con efficacia tematiche impegnative e complesse. Soluzioni quasi cinematografiche, che hanno suggerito la trasposizione dell’opera in un film animato appena tre anni dopo la sua pubblicazione (2008). Lascia letteralmente di stucco, ad esempio, il primo stacco vissuto dal protagonista tra la sua percezione distorta della realtà, sull’onda dei ricordi passati, e il mondo reale che lo circonda, cui è bruscamente costretto a ritornare dalle proteste dei familiari.

Immedesimandosi sempre più nei panni di Emilio, anziano signore affetto dal morbo di Alzheimer, il lettore sperimenta il dramma interiore di perdere progressivamente il controllo della propria percezione e della propria memoria. Un processo lento e inesorabile, che conduce il protagonista in una casa di riposo dove farà la conoscenza di tanti anziani che come lui affrontano di giorno in giorno l’incedere della vecchiaia.

C’è chi combatte questa battaglia con l’ironia come Miguel, sorta di Virgilio guascone che solo alla fine capirà l’importanza del voler bene agli altri. E Antonia, fiduciosa nell’affetto dei suoi cari e compagna di Emilio e Miguel durante un velleitario tentativo di fuga. Oppure Dolores e Modesto, che nemmeno la malattia e la vecchiaia sono riusciti a separare.

La casa di riposo è un piccolo mondo dove regnano poche certezze: il riposo davanti alla televisione, i pasti, i medicinali e lo spauracchio del piano di sopra, dove vengono trasferiti i malati più gravi. Ed è là in fondo – direbbe Italo Calvino – che in una spirale sempre più stretta la corrente risucchia Emilio e tutti i suoi compagni di viaggio.

Rughe potrebbe essere raccontato proprio così, come un viaggio. L’ultimo, forse. Un percorso doloroso, in alcuni momenti straziante, ma incredibilmente ricco di umanità e dolcezza, in compagnia della voce gentile e del tratto pulito di Paco Roca. E della signora Rosaria, in viaggio verso Istanbul al finestrino dell’Orient Express. Fino a quando tutto diventerà bianco.

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